Quanto e come siamo green?(12125)

sabato, aprile 5th, 2014 (12125)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Marco Harmina, 22 anni, Roma

Per rispondere a tale domanda sarebbe ottimale per il lettore spiegare cosa si intenda per green. Questo è il modo in cui ultimamente viene indicato tutto ciò che ha a che fare con il rispetto per l’ambiente. Questo cambiamento di etichetta, in realtà non riguarda solamente la terminologia della titolazione, ma più un’espansione del settore stesso, volto ad abbracciare più argomenti riconducibili tutti alla stessa “matrice”: la greenicità. Il termine “green” ha debuttato anche nel dizionario statistico, sorgendo in una piccola infografica all’interno della pubblicazione annuale “Italia in cifre”, elaborata dall’Istat. Tale operazione ha fatto sì che si concedesse il giusto valore, la stessa importanza che si addice a qualsiasi svolta o cambiamento. Molte sono infatti le innovazioni nell’ambito della coscienza ambientale, novità che hanno portato a rilevare dati e indicatori su energia verde, aree protette e consumo di suolo: hanno dato il via ad un nuovo movimento, quasi uno stile di vita. (altro…)


Grey o Green? Questione di scelte(12120)

sabato, aprile 5th, 2014 (12120)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Helodie Fazzalari, 19 anni, Roma

 

E se fosse Bloch a possedere quella che Heidegger chiamava “essenza della verità”, quel concetto tanto meditato da Kant, quel tassello mancante, quell’ultimo numero, quella chiave che apre la mente umana e rivela ciò che l’apparenza nasconde e ciò chela bocca omette? Bloch comprende quanto sia grande l’insoddisfazione umana, tanto da portare l’uomo stesso a stancarsi del bene che la natura gli ha offerto, tanto da cercare qualcosa di meglio con la conseguenza di distruggere ciò che di bello aveva, tanto da doversi infine accontentare della distruzione che le sue stesse mani insoddisfatte hanno generato.

Analogia azzardata la mia, ma a mio avviso completa. Racchiude perfettamente quel ciclo umano che finisce per concludersi con il degrado, con l’amaro in bocca, e con l’annichilimento più totale di anima, corpo e in questo caso ambiente! Un annichilimento che da anni ormai si cerca di superare, e che in parte si cerca di nascondere, vuoi per comodità, per la fretta, o per scarse risorse economiche.

È questo l’esempio di Fabio Iraldo al workshop “Come si misura la greenicità” (per il ciclo “Si fa presto a dire green”) organizzato da Giornalisti Nell’Erba all’università di Roma Tor Vergata. ”Oggi come oggi, di fronte a due prodotti identici ma di prezzo differente si è portati a scegliere quello con il costo inferiore”. Iraldo ha quindi sottolineato come prima cosa il problema economico, e ha continuato: “Oggi come oggi” (e forse neanche un tempo, aggiungo io) “nessuno di noi si sofferma a leggere le etichette dei prodotti sugli scaffali del supermercato, tanto meno si presta particolare attenzione a quelli che possono essere prodotti più o meno GREEN, e quando lo si fa, c’è il rischio di incorrere nell’errore”. Perché? Dove sta l’errore? La risposta è la cattiva informazione. Spesso infatti capita che un prodotto,che ad esempio limita le emissioni di CO2, possa inquinare più di un altro, che nonostante non sia etichettato GREEN, è stato realizzato con materiali di gran lunga meno inquinanti del primo prodotto. Come fare allora? Come distinguere il GREY dal GREEN, in una società dove riesce quasi impossibile la messa a fuoco dei colori? (altro…)


Quanto costa all’ambiente ciò che produciamo? Da oggi il modo per saperlo c’è(12117)

sabato, aprile 5th, 2014 (12117)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Luca Crosti, 23 anni, Roma

Al giorno d’oggi viviamo circondati da un numero infinitamente grande di oggetti, più o meno utili alla nostra vita. Ci siamo mai chiesti, però, qual è il loro impatto sull’ambiente? Se questo si possa misurare e cosa comporti produrli? Ebbene, la risposta è sì, un metodo c’è e può essere utilizzato da tutti quegli enti o imprese che vogliono dedicarsi allo sviluppo sostenibile.

Proprio di questo abbiamo parlato con Fabio Iraldo, professore associato di Management ambientaleall’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e direttore della Ricerca IEFE (Centro di ricerca Politiche economiche energetiche e ambientali presso l’Università Bocconi),durante il workshop “Come si misura la greenicità?”, tenutosi il 20 marzo scorso presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.

Ma come è strutturato questo metodo? Il nome stesso può già dire qualcosa. «Viene definito dell’analisi del ciclo di vita dei prodotti o dei servizi poiché l’impatto ambientale viene valutato dall’estrazione delle materie prime dalla terra fino alla restituzione del prodotto inutile all’ecosistema.  –spiega il Prof. Iraldo – Ogni singola fase viene analizzata». (altro…)


Norme sulla qualità ambientale dei prodotto e sull’efficienza ambientale delle imprese: in Italia a che punto siamo?(12114)

sabato, aprile 5th, 2014 (12114)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Anna Carosi, 19 anni, Roma

La sensibilità ambientale è una conquista recente: fino al secolo scorso si è pensato in termini di crescita e produzione, e solo recentemente si è fatta strada la consapevolezza dell’impatto ambientale dei prodotti e delle azioni necessarie per produrli.

Fra le prime tappe “ufficiali” di questa consapevolezza Tullio Berlenghi – giurista ambientale, relatore al workshop di Giornalisti Nell’erba sul tema “Come si misura la greenicità” – indica la data del 1972, quando il Club di Roma, un’associazione non governativa di scienziati, commissionò al Massachusetts Institute of Technology di Boston il rapporto (ormai famoso)  I limiti dello sviluppo, “per valutare le conseguenze della crescita di alcune variabili fondamentali: popolazione mondiale, industrializzazione, inquinamento, produzione alimentare e consumo di risorse”. (altro…)


La certificazione energetica degli edifici, cosa misura?(12112)

sabato, aprile 5th, 2014 (12112)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Andrea Giannetti, 21 anni, Roma

Risparmio energetico ed energia pulita sono valori chiave per una formula vincente contro l’inquinamento ambientale. Da dove cominciare? Non possiamo pensare la quotidianità senza tener conto dell’edificio in cui viviamo. E’ proprio a questo proposito che vogliamo analizzare cos’è e come funziona la “Certificazione energetica degli edifici”.

L’ Attestato di certificazione energetica (ACE), tramite un meccanismo analogo a quello utilizzato per la classificazione degli elettrodomestici o dei veicoli, permette di stimare il livello dei consumi energetici primari di un immobile e di conseguenza ci offre un quadro indicativo dei loro costi.
Il certificato viene rilasciato da un professionista abilitato, che sulla base di dati tecnici e calcoli mirati, definisce la classe energetica di appartenenza dell’edificio (A +, A, B, C, D, E, F e G)che ne evidenzia le prestazioni e le caratteristiche.

Gli scopi della Certificazione Energetica possono essere molteplici. Primo tra questi la sensibilizzazione sulle problematiche energetiche ed ambientali mirata tanto ai professionisti quanto ai cittadini. Inoltre il certificato energetico di un edificio si propone come guida per orientare proprietari di immobili, costruttori o semplici inquilini a prediligere gli edifici con elevati standard energetici, grazie anche alla ormai nota convenienza in termini economici di un’abitazione “green”.

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Sai la misura della greenicità di un cheeseburger?(12110)

sabato, aprile 5th, 2014 (12110)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Alba Pietrantuono, 22 anni, Roma

Quanto contribuiscono al riscaldamento globale le cose che facciamo ogni giorno? Come capire quando un prodotto è davvero ecosostenibile? Scopriamolo insieme.

Preferite mangiare un cheeseburger sotto casa invece che prendere un treno e andare a casa di vostra nonna a pranzo? Scelta sbagliata. Non solo perché non passerete del tempo con vostra nonna e non mangerete cose genuine, ma avrete anche inquinato l’ambiente. Proprio così, un cheeseburger equivale a 30 km in treno. Pensate di scrivere una mail invece di recavi a casa di qualcuno?

Rifletteteci bene, un anno di mail inquina come 300 km in auto; inoltre, ogni volta che accendete un computer state emettendo la stessa impronta di carbonio di un volo di andata e ritorno da Glasgow a Madrid. Per permettere all’intero sistema produttivo italiano di migliorarsi c’è bisogno che tutto il Paese sostenga l’innovazione ambientale. Ma soprattutto è importante capire quanto ognuno, nelle scelte e nei piccoli gesti quotidiani, è fondamentale in questo cambiamento. (altro…)


Anche il Ministero dell’Ambiente vuole misurare la greenicità(12103)

sabato, aprile 5th, 2014 (12103)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Adalberto Cossetti, 25 anni, Roma

Anche il Ministero dell’Ambiente vuole misurare la greenicità delle aziende. Quand’era ministro Corrado Clini, infatti, il dicastero ha dato il via al Programma nazionale per la valutazione dell’impronta ambientale. Gli aderenti, si legge sul sito, sono ad oggi circa 200 tra aziende, comuni e università.  Tutti volontari, selezionati dal ministero stesso o autoproposti. Lo scopo è quello di trovare un modo per misurare l’impronta ambientale (carbon footprint e water footprint) dei prodotti/servizi e quindi  “di sperimentare su vasta scala e ottimizzare le differenti metodologie di misurazione delle prestazioni ambientali, tenendo conto delle caratteristiche dei diversi settori economici, al fine di poterle armonizzare e renderle replicabili”.

Non se ne leggono tutti i nomi, per un problema del software del sito stesso, ma solo una ventina. L’elenco inizia con Benetton, che ha firmato un accordo per “l’analisi e alla contabilizzazione delle emissioni di CO2 (carbon footprint) legate alle attività produttive dello stabilimento Benetton in Tunisia.  In particolare si valuterà l’impronta ambientale relativa a due prodotti della linea “bimbo” (t-shirt e polo). Nell’ambito dell’accordo si valuteranno tutte le possibili misure di riduzione e di neutralizzazione dell’impronta ambientale che prevedono l’utilizzo di tecnologie e delle best practice a basso contenuto di carbonio, al fine di ottenere prodotti carbon neutral (ad emissioni compensate)”. (altro…)


I problemi dell’acqua: il consumo “invisibile” dietro i prodotti(12095)

sabato, aprile 5th, 2014 (12095)

 

WORKSHOP – Si presto a dire green

di Matteo Isidori, 23 anni, Roma

Gli studi di WWF e Legambiente sulla misurazione della waterprint italiana e sulla qualità

L’acqua costituisce il 65% della massa del corpo umano e copre il 71% del pianeta Terra. Dovrebbe essere la risorsa “comune” (nel senso di condivisa) più preziosa eppure per molte persone è un bene quasi inaccessibile. Circa 1,4 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso regolare all’acqua potabile. Altre 2,6 miliardi di persone non usufruiscono dei servizi igienico-sanitari.
Il 22 marzo è stata la “Giornata mondiale dell’acqua”, istituita per sensibilizzare Paesi e singoli cittadini sull’importanza che ha l’acqua e sulla responsabilità che ciascuno di noi ha verso di essa.
Per l’occasione WWF e Legambiente hanno pubblicato due rapporti sul consumo e sulla qualità dell’acqua in Italia. Quello del WWF è incentrato sull’impronta idrica della produzione e del consumo dei prodotti. Da questo rapporto si scopre che l’Italia importa 62 miliardi di metri cubi all’anno di acqua “invisibile” contenuta nei cibi dall’estero. Nella produzione l’Italia utilizza 70 miliardi di metri cubi, di cui l’85% nell’agricoltura, allevamento e pascolo, mentre il restante 15% dell’impronta idrica è composto da produzione industriale (8%) e uso domestico (7%). Il singolo cittadino consuma l’89% dell’impronta idrica giornaliera in cibo, il 7% in prodotti industriali, e solamente il 4% per uso domestico. Si tratta di acqua che non vediamo, non misuriamo, alla quale non si pensa nella quotidianità, ma grava pesantemente sulla gestione delle risorse idriche. Il primo cambiamento che si può applicare alla propria vita, quindi, è una scelta più attenta ai prodotti che compriamo. Si tratta di non guardare con miopia al prodotto, ma interrogarsi su tutto il ciclo di produzione del bene che stiamo acquistando.  (altro…)

Shopper per la spesa: bioplastica o plastica tradizionale?(12081)

sabato, aprile 5th, 2014 (12081)

WORKSHOP – Si presto a dire green

di Mattia Spera e Lorenzo di Stefano, Scuola media San Nilo, Grottaferrata

La bioplastica è un materiale innovativo, più sostenibile rispetto alla plastica tradizionale. Ci sono solo vantaggi o adottare la bioplastica presenta anche qualche svantaggio?

La plastica è un materiale utilizzato per creare vari oggetti che possono migliorare la nostra vita. Purtroppo però, inquina molto! Per questo è stata messa a punto la bioplastica, ossia una plastica biodegradabile e compostabile, fatta di materiali che quando vengono buttati, si distruggono più velocemente. (altro…)


L’isola di plastica(12021)

venerdì, aprile 4th, 2014 (12021)

WORKSHOP – Si presto a dire green

di Simona Salvagni della II D dell’I. C. Frascati via d’Azeglio

Nel Pacifico, al largo delle isole Hawaii, si è formato un accumolo di rifiuti, soprattutto plastica, per questo esso prende il nome “isola di plastica”.
Le buste di plastica hanno cominciato ad accumularsi verso gli anni Cinquanta perché l’azione della corrente oceanica è dotata di un movimento a spirale che fa aggregare i rifiuti tra di loro.

La dimensione dell’isola può variare dai 700.000 〖km〗^2a 1 milione di〖km〗^2, più grande della Penisola Iberica.  (altro…)