#GNE2020 Classifica Fascia Grandi, Senior e Internazionale

FASCIA GRANDI

SEZIONE GIORNALISMO

3° vincitore ex aequo

Sul clima nessuno ha la verità in tasca…

di Sofia Stopponi, 17 anni, del liceo scientifico G. Alessi di Perugia

Sofia Stopponi

3° vincitore ex aequo

Negazionisti fantastici e dove trovarli

di Maria Luisa Orlandi, 17 anni, del liceo scientifico G. Alessi di Perugia

Maria Luisa Orlandi

2° vincitore ex aequo

Le (non) innocenti bugie del web

di Giorgia Soriani, 16 anni, del liceo scientifico G. Alessi di Perugia

Giorgia Soriani

2° vincitore ex aequo

Cambiamento climatico, bufale e piromani

Di Gabriele Roscini e Giorgia Soriani, 16 anni, del liceo G. Alessi di Perugia

Gabriele Roscini

1° vincitore ex aequo

Coronavirus e le sue fake

di Valerio Bucciaglia, 16 anni, di Pomezia

Valerio Bucciaglia

1° vincitore ex aequo

Quando il consenso unanime degli scienziati non basta

di Manuela Tugliani, 16 anni, del liceo scientifico G. Alessi di Perugia

Manuela Tugliani

Menzione speciale

Resilienza, la miglior arma per affrontare i cambiamenti climatici e ambientali

di Valentina Diani, Alessandra Orza e Greta Brigati, 17 anni, del Liceo G.M Colombini di Piacenza

Valentina Diani

SEZIONE BUFALE

3° vincitore

La bufala del cambiamento climatico

di Elisa Pompili, 14 anni, di Perugia

Elisa Pompili

2° vincitore

Junkbuster, l’aspirarifiuti

Video della II B del liceo N. Pizi di Palmi (RC), coordinamento Maria Anile

Giulia Tornatora

1° vincitore

WI-FI, il silenzioso boia del pianeta

Di Simone Fezzuoglio e Emanuele Santoro, 16 anni, del liceo G. Alessi di Perugia

Simone Fezzuoglio

SEZIONE CREATIVA

3° vincitore

“In cammino verso la perfetta resilienza”

video della II A del liceo N. Pizi di Palmi, coordinamento Maria Anile

Maria Giulia De Santis

2° vincitore ex aequo

Giornale della Resilienza

di Giacomo Fadda, 17 anni, IV liceo scientifico G. Galilei di Macomèr (NU), coordinamento M. Antonietta Galizia

2° vincitore ex aequo

Una finestra sul mondo

di Martina Francesca Bello, 16 anni, di Voghera

Martina Bello

1° vincitore 

Ora o mai più

di Erica Angelini e Giulia Apicella, 16 anni, in rappresentanza della classe di cinematografia del Liceo Bruno Touschek di Grottaferrata, referenti Luca Piermarteri e Daniela Boccuti

Giulia Apicella

SEZIONE SOCIAL

1° vincitore 

La filosofia dell’ambiente

video della III A del liceo N. Pizi di Palmi (RC), referente Maria Anile

Linda Novella Oliveiro

FASCIA SENIOR

3° vincitore 

Green is the new black

di Maddalena Binda, 25 anni, di Carate Brianza (MB)

Maddalena Binda

2° vincitore 

Torino: da Motore per il Paese, a Città Avamposto per il Futuro.

di Alessio Richiardi, 28 anni, di Pinerolo (To)

Alessio Richiardi

1° vincitore 

Il pangolino untore? L’allarme della biodiversità

di Gabriele Ripandelli, 20 anni, di Perugia

Gabriele Ripandelli

INTERNAZIONALE

2° vincitore ex aequo

Ocean Pollution (2C)

by II C, secondary school – Istituto Erodoto – Corigliano Calabro (Italy) coordination by Adalgisa Perri

Rebecca Scarcella

2° vincitore ex aequo

Ocean Pollution (2D)

by II D, secondary school – Istituto Erodoto – Corigliano Calabro (Italy) coordination by Adalgisa Perri

Cosimo Meringolo 

Sezione Internazionale

1° vincitore ex aequo

Arago à la Une

giornale e video della scuola Primaria Arago di Boulogne sur Mer, coordinamento Hélène Duval

1° vincitore ex aequo

In the eyes of the future

by Greta Romualdi, 14 years old – Siena (Italy)

Greta Romualdi

Quando il consenso unanime degli scienziati non basta

di Manuela Tugliani, 16 anni, del liceo G. Alessi di Perugia

Molto spesso le persone, bambini, adolescenti o adulti che siano, non hanno tempo per approfondire tematiche che non sentono direttamente e irrimediabilmente vicine a loro, ed è questo il caso dei cambiamenti climatici.

Infatti, se le due tipiche reazioni alle situazioni di emergenza sono il negazionismo e l’allarmismo, per quello che riguarda i cambiamenti climatici viene prediletta sicuramente la prima. 

Per capire meglio le dinamiche psicologiche che riguardano le persone quando sono esposte a questo argomento, ho deciso di intervistare Belinda Xie, una giovane australiana che sta studiando per il PhD (Philosofiae Doctor), ovvero un dottorato di ricerca, nel suo caso in Psicologia Cognitiva, all’Università del New South Wales (UNSW) a Sydney. Lo scopo del suo PhD quindi è quello di condurre delle ricerche su come le persone prendono determinate decisioni. Inoltre ha preso parte a due progetti riguardanti le credenze sui cambiamenti climatici: uno indagava come le persone vedono il “carbon dioxide system”, l’altro sui fattori psicologici degli Australiani dietro alla volontà di agire per i cambiamenti climatici. Proprio grazie a quest’ultimo progetto, chiamato “Predicting climate change perception and willingness to act”, e grazie ad un articolo che ne parlava, questa ricercatrice ha attirato la mia attenzione. Quindi ho scelto di trovare il suo contatto e scriverle.

Le persone apprendono nozioni sui cambiamenti climatici in diversi modi, e nonostante la loro esistenza sia confermata da dati scientifici che sono stati pubblicati e sono disponibili a tutti, qualcuno ancora solleva dubbi al riguardo.

Secondo lei cosa influenza maggiormente l’opinione della gente?

Le cose che influenzano le persone sono varie: innanzitutto, è molto difficile cambiare la primissima idea che si fa una persona dopo aver ricevuto una certa informazione . Quindi, se qualcuno è stato esposto ad un’informazione sbagliata, può diventare molto difficile correggerla con dati scientifici.

Un altro aspetto che influisce è il fattore sociale. Ad esempio, se gli amici e la famiglia di una persona non pensano che i cambiamenti climatici siano un problema, allora probabilmente non lo penserà neanche lei. Questo è dovuto al fatto che ci fidiamo della loro opinione ed è comune usare amici e famiglia come una risorsa di informazioni attendibile, e al fatto che vogliamo essere accettati da loro.

Inoltre, conta l’esperienza personale avuta con le ripercussioni ambientali causate dai cambiamenti climatici. Persone che hanno assistito in prima persona a episodi metereologici estremi (come incendi boschivi o alluvioni) tendono a preoccuparsi più per essi.

Infine, incidono anche i valori culturali. Abbiamo tutti valori diversi, e il modo in cui diamo priorità ad alcuni o ad altri può influenzare le nostre idee. Per esempio, qualcuno che ritiene importante l’ambiente naturale capirà il rischio dei cambiamenti climatici con più probabilità. Al contrario qualcuno che ritiene importante un’economia di mercato libero e in cui il governo ha un coinvolgimento minimo, difficilmente si attiverà per combattere questo problema.

Quale ruolo hanno i film nell’influenzare la concezione dei cambiamenti climatici delle persone ?

I film possono avere un’influenza perché sono un’opportunità per parlare dei cambiamenti climatici dettagliatamente. Come con la maggior parte delle notizie, sui cambiamenti climatici di solito riceviamo piccole parti di informazioni. Questo può essere pericoloso, perché i negazionisti climatici creano  frasi ad effetto, “accattivanti”, che sono facili da capire e ricordare.

Inoltre i film sono coinvolgenti. Per un pubblico diffuso sono più interessanti e più facili da capire rispetto a una relazione scientifica.

Secondo lei, ci sono film che hanno diffuso false credenze sui cambiamenti climatici tra la gente ? In caso affermativo, potrebbe nominarne alcuni?

Sono sicura che ci siano, ma non li conosco. Cerco di evitare questo tipo di cose! Ci sono grandi, ricche organizzazioni il cui unico obiettivo pare di diffondere false credenze sui cambiamenti climatici (ad esempio The Heartland Institute sul sito ufficiale paragona ad assassini e folli coloro che credono al climate change), quindi sono sicura che hanno fatto dei film.

Paragonandoli con film che, al contrario, hanno lo scopo di aumentare la consapevolezza dei cambiamenti climatici, quale tra le due influenze pensa che prevalga sull’altra?

Questa è una domanda difficile. Penso che dipenda dalla persona che guarda i film. Se, a priori dal film, una persona già la pensava in un certo modo (cioè o concordava con il consenso scientifico, o con notizie contenenti disinformazione), allora il film confermerà quel pensiero. Ad esempio, se io andassi a guardare un film con cattiva informazione sui cambiamenti climatici, probabilmente crederei ancora meno a queste false credenze dopo aver guardato il film, rispetto a prima di guardarlo. Questo è chiamato un ‘effetto backfire’.

Recentemente l’Australia ha provato sul proprio terreno il forte impatto dei cambiamenti climatici. Come stanno reagendo le persone là?

Non penso che la gente stia reagendo quanto dovrebbe. Io vivo a Sydney, e faccio quindi parte di coloro che sono stati vittime dei fumi dell’incendio per molte settimane. Ma, dopo i primi giorni, sembrava come se le persone avessero smesso di preoccuparsi — tutti si sono semplicemente abituati alla “pericolosa” qualità dell’aria. Penso che le persone fossero tristi e preoccupate per la perdita della natura, ma, allo stesso tempo, erano troppo impegnate a provare a tornare al loro lavoro, nutrire la famiglia, e così via. Penso che molte persone ancora non capiscano come i cambiamenti climatici abbiano peggiorato e reso più probabile l’incendio, quindi ancora non ne sono interessati  quanto dovrebbero.

Ora che gli incendi si sono finalmente spenti, e che il coronavirus sta dominando le news, le persone sono ancora meno interessate.

Ci sono alcuni Australiani che ancora rifiutano di credere ai cambiamenti climatici? In caso affermativo, come giustificano quello che è successo nel loro paese? 

Sì. All’incirca il 10 % degli Australiani rifiutano di crederci. Tuttavia, una proporzione di Australiani molto più grande ci crede, ma non hanno intenzione di compiere azioni appropriate. Lo scorso anno c’è stata un’elezione e abbiamo votato per un Primo Ministro che una volta ha portato in parlamento un pezzo di carbone e ci ha detto: “Non abbiate paura, non vi farà male”.

Un altro grande problema è che molti Australiani non pensano che gli incendi siano collegati ai cambiamenti climatici. E le due spiegazioni alternative che danno sono: 1) che è stato incendio doloso, quindi commesso da piromani, e 2) che gli ambientalisti hanno impedito la totale attuazione dell’ “hazard reduction burns”, cioè dei piani di riduzione del pericolo di incendi (spesso, i pompieri creano incendi più piccoli e controllati, in modo tale da ridurre o rallentare la diffusione di incendi naturali quando capitano. Tuttavia non è stato possibile applicarne nella quantità usuale perché la vegetazione era già troppo secca, dato che c’era stata una lunga siccità. Quest’estate, il clima è stato anche troppo caldo, ventoso, e arido, quindi anche quel poco “hazard reduction” non ha funzionato bene. Nessuno di questi due problemi è dovuto agli ambientalisti). 

Ieri ho parlato con un politico, e ha detto che ha incontrato un uomo la cui casa era stata incendiata ma quest’ultimo incolpava gli ambientalisti.

Credo che queste convinzioni inesatte siano causate da due fattori. Innanzitutto, la maggior parte dei media appartengono a Rupert Murdoch, e i suoi giornali, le sue riviste, e le stazione televisive diffondono cattiva informazione sui cambiamenti climatici. Inoltre le compagnie di combustibili fossili influenzano molto gli organi politici dell’Australia. Esse spesso donano molti soldi ad entrambi i partiti politici, e il risultato è che i politici aiutano nella diffusione di disinformazione.

Fotografie di Belinda Xie

Blue Mountains – Australia
Zona Maunobra Beach-Australia
Fumo degli incendi

Come pensa che la disinformazione possa essere combattuta dagli psicologi?

Gli psicologi hanno condotto ricerche sulla cattiva informazione per combatterla. Una strategia è di rimpiazzare la spiegazione sbagliata con quella giusta, invece che affermare solamente la sua incorrettezza. Ad esempio, non si può dire solo che “gli incendi boschivi non sono stati dolosi”. Si deve anche dire “gli incendi boschivi non sono stati dolosi – in realtà sono stati causati da condizioni meteorologiche insolitamente aride”.

Oggi tutti conoscono Greta Thunberg, l’icona della battaglia contro i comportamenti dell’uomo che hanno causato e continuano a favorire i cambiamenti climatici . In contrapposizione, un nuovo personaggio sta emergendo: Naomi Seibt.

Cosa direbbe di lei? Come pensa che influenzerà l’opinione delle persone?

Penso che la situazione che la riguarda sia molto preoccupante. Parte del motivo per cui Greta Thunberg è così potente è perché è una ragazza giovane  – è una voce inaspettata in questo campo, che di solito è dominato da politici/economisti/scienziati, i quali possono risultare noiosi e anziani!  Ma Naomi Seibt potenzialmente potrebbe essere ancora più potente di Greta perché ha soldi alle sue spalle – questo potrebbe aiutarla a essere più “rumorosa” e ad arrivare a più persone.

In termini di come influenzerà le persone – credo che sia ricollegabile alla domanda riguardo all’influenza che hanno i film – la gente che non riconosce la veridicità dei cambiamenti climatici ascolterà Naomi Seibt, invece chi ci crede non lo farà.  Penso che sia importante che le persone ragionevoli la ignorino – non dovremmo guardare i suoi video o aprire siti che parlano di lei, perché questo aumenterebbe la sua influenza.

Sia i cambiamenti climatici che il coronavirus sono grandi minacce per la salute delle persone. Tutti ora sono scioccati e spaventati da questo nuovo virus, inoltre le autorità hanno preso decisioni molto forti al riguardo e quasi tutti, se non proprio tutti, condividono queste scelte. Dall’altro lato i cambiamenti climatici, nonostante abbiano causato addirittura più morti del coronavirus, incutono pochissimo o nessun timore alle persone; nessuno imporrebbe e nessuno accetterebbe restrizioni come quelle attuate per il virus per risolvere questo altrettanto grave problema.

Come spiegherebbe perché le persone sono così spaventate e focalizzate sul coronavirus, un problema che è nato all’incirca un mese fa, mentre non si sono mai preoccupate molto per i cambiamenti climatici, che vanno avanti da così tanti anni? 

Le persone sono  così spaventate e focalizzate sul coronavirus perché il ponte tra coronavirus e morte è diretto e facile da comunicare. Invece i cambiamenti climatici spesso causano morti meno direttamente – quindi fanno meno paura.

Inoltre il coronavirus non è una questione che coinvolge la politica, mentre i cambiamenti climatici sono diventati politicamente controversi. Perciò è più facile avere un supporto esteso per  decisioni forti per il coronavirus, quando sembra quasi impossibile per i cambiamenti climatici.

Per concludere, i cambiamenti climatici sono più “distanti” psicologicamente. Spesso ne parliamo come se potessero avvenire solo in futuro, e magari in altri paesi. Questo crea un’ampia distanza psicologica tra noi e la minaccia dei cambiamenti climatici. D’altro canto, il coronavirus è un problema che sta avvenendo ora, e nel nostro stesso paese. Questo lo rende più preoccupante e di conseguenza le persone sono più disposte ad agire.

Qual è la sua posizione al riguardo?

Io sono convinta che i cambiamenti climatici siano un’enorme sfida, e che dovremmo agire più di quanto stiamo facendo attualmente. In particolar modo è vero per l’Australia – penso che in Europa stiate facendo un lavoro migliore. Per me è molto frustrante vedere tutti i giorni disinformazione e inerzia, persino dopo che il nostro paese è stato inaridito dalla siccità, bruciato dagli incendi, e poi inondato dalle tempeste. La natura che c’è qua è una delle più belle al mondo, ma non ce ne stiamo prendendo abbastanza cura.                                                                                                             

Penso anche che ogni individuo dovrebbe chiedere che venga fatto di più per questo problema. Questo è il motivo per cui, oltre alla ricerca accademica, frequento regolarmente manifestazioni di protesta, dono soldi alle organizzazioni ambientali, e incontro i politici.

In conclusione è fondamentale che psicologi, mas media, e scienziati collaborino nel diminuire questa “distanza” psicologica di cui ci ha parlato Belinda Xie, perché, come ha scritto in un articolo il divulgatore scientifico Mario Tozzi, 

“Non fa poi così caldo – deve aver pensato la rana un momento prima che l’acqua della pentola in cui era stata gettata arrivasse a bollire.”

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Una finestra sul mondo

di Martina Francesca Bello, 16 anni, di Voghera

La farfalla bianca volava. E tu potevi stare ore a fissarla. 

Respiravi, e subito riuscivi a calmarti.  

Ti prendevi cura di te stessa, dipingevi, ti schiarivi le idee. 

Una farfalla sputa sangue. 

Avvolta in una pellicola, si lascia trasportare dall’incessante vento di questo mondo, interamente deteriorato da plastica e rifiuti.

Sbatto gli occhi. Sogno o son sveglio? Il cuore non perdona, ma respiravi ancora.

Ti affacciavi alla finestra, fissavi quel magico paesaggio: la notte si fondeva con il giorno.

Ma il giorno, non sembrava più arrivare. Era in corso un’apocalisse, fuori e nei tuoi pensieri. Nessuno sembrava ascoltare quei messaggi che il mondo dava: grida di dolore in contrasto con una testarda ipocrisia, tipica della nostra società. Guardavi sorgere il sole, dopodiché ancora il vuoto.  Ti sentivi strana e avevi paura. Di cosa? Della vita, di essere soffocata dai tuoi stessi pensieri, delle persone tossiche che ti stanno intorno, delle mura che pian piano si fanno strette.

E tu puoi solo lasciarti cullare dal vento, fresco, che profuma di fiore appena colto. 

Puoi solo lasciarti trasportare da quelle immagini, che ancora pervadono la tua mente.

Ricordi la felicità sui volti di una sera di Luglio in cui hai riso e ti sei sentita libera.

Poi ti guardavi allo specchio. Vedevi il riflesso di un’anima senza volto. 

Per il mondo non siamo nessuno. Siamo solo un puntino in mezzo a tanti, per qualcuno invece, potremmo essere davvero importanti. A volte è tutto ingigantito, un’enorme bugia. A volte al contrario basta solo guardare la propria vita per accorgersi che è solo una tremenda verità.

Il mondo è in continuo cambiamento, ti lascia disorientata. 

Resisti alle tue manie di controllo. Ormai la situazione è sfuggita di mano.

Non si può tornare indietro. Prendi in pieno lo spigolo della realtà. 

Balla, balla scalza intorno al fuoco, slega i capelli e fatti ascoltare. La solitudine non ha prospettiva. Nel mondo delle ombre, tu sei il pazzo: il tuo cuore illumina la via, sciogli le catene e comprendile a pieno. Siamo noi i prigionieri di questo mondo. 

Lentamente il giorno tornava, puntuale come sempre fino a quel momento. Ti rendevi conto che avevi sbagliato a ridurti così.

Dovevi essere felice. Di te, di ogni tuo minimo particolare, del tuo passato, delle persone che ti hanno abbandonato e di quelle che avevi trovato. Allora guardavi il sole, prendevi forza da quel che di più luminoso ci possa essere.

Si erano fatte le 7:00. E non aspettavi altro che renderti felice. Allora ti vestivi, ti truccavi. Fissavi ancora un po’ quella farfalla bianca. Così bianca, così pura da sembrare irreale.

Era irreale, ti accorgi che era solo nei tuoi pensieri. Ti rendevi presentabile e uscivi fuori, a far tremare il mondo.

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Le (non) innocenti bugie del web

di Giorgia Soriani, 16 anni, del liceo scientifico G. Alessi di Perugia

In epoca di Coronavirus abbiamo un esempio del potere dei social: la “chat delle mamme” sembra essere più autorevole del giornalista scientifico

Sempre più spesso si ha la diffusione di fake news e sempre più spesso ci sono persone che si perdono nel “mare magnum” della disinformazione. La ricerca di notizie, anche se frequente e quasi compulsiva, è diventata un’operazione quasi inconsapevole: stando connessi ai social, a cui abbiamo dato virtualmente la nostra fiducia, assorbiamo in modo acritico, immediato e passivo tutte le informazioni che ci arrivano attraverso questi canali. Molto raramente ci poniamo il problema di verificare la fonte della notizia e la sua attendibilità, e, abituati a dedicare tempi strettissimi all’aggiornamento delle informazioni, non riteniamo quasi mai necessario confrontarle criticamente con altri organi di informazione, o approfondirle. Questa analisi emerge dal recente sondaggio ( progetto Be a data scientist), organizzato da Frascati Scienza (Giovanni Mazzitelli e Claudia Bianchi INFN-Frascati Scienza) e Giornalisti nell’Erba, in collaborazione con Walter Quattrociocchi (Laboratory of Data Complexity, Università Ca‘ Foscari di Venezia) e Paola Francesca Cortese (Istat), di cui i primi risultati sono stati presentati alla Notte Europea dei Ricercatori #BEES .

La Redazione della Siringa, la mia redazione scolastica, ha partecipato alla costruzione del questionario, alla raccolta dati e alla loro presentazione: il Liceo Scientifico Alessi è stato infatti una delle scuole pilota del progetto, nato per monitorare lo stile, le modalità, i tempi e la qualità dell’informazione tra gli adolescenti, ma utile anche per aprire una riflessione più ampia sull’uso dei social e sulla disinformazione dilagante tra adulti e utenti anziani. Questi infatti, lungi dall’informarsi sui social con spirito critico e maturità, spesso sono meno competenti e consapevoli dei nativi digitali, meno capaci di navigare in rete e quindi meno capaci di setacciare il web e cercare informazioni in modo critico, limitati nelle interazioni e legati a poche piattaforme, non sempre le più attendibili in fatto di informazione.

Ne parliamo con Francesca Buoninconti, comunicatrice e giornalista scientifica, che ha cercato di chiarirci le idee a riguardo.

Cosa dovremmo fare per stare alla larga da eventuali fake news?

Destreggiarsi tra le fake news può risultare difficile, soprattutto all’inizio se non si è abituati a discernere tra la mole di informazioni che troviamo nel web. Dovremmo quindi imparare a non fermarci al solo titolo, spesso altisonante e a volte clickbait degli articoli che troviamo in rete, ormai il mezzo di informazione più usato ai giorni nostri, insieme ai social, ma verificarne anche le fonti.

Possiamo considerare i social un mezzo di informazione attendibile attraverso cui condividere notizie?

Su YouTube Italia o Instagram c’è una comunità affermata di divulgatori e giornalisti scientifici, professionisti della divulgazione scientifica, che creano contenuti interessanti quotidianamente, spiegano concetti scientifici e ovviamente condividono notizie e sbugiardano fake news. È una community molto varia che tocca tantissimi argomenti: dall’alimentazione ai cosmetici, dall’universo alla biodiversità, dal cambiamento climatico alla matematica. Quindi sì, la buona, direi anche ottima, informazione c’è anche sui social.

Ci sono degli svantaggi nell’utilizzo dei social come mezzo di informazione?

Sarebbe sicuramente un mondo ideale quello in cui attraverso i social si facesse solo ed esclusivamente buona informazione, attraverso essi infatti le fake news si diffondono molto più velocemente. Spesso diventano virali e riescono a raggiungere migliaia, se non milioni, di persone in poco tempo.

Una smentita autorevole è sufficiente ad interrompere la diffusione della notizia falsa?

La smentita ha sempre un potere di diffusione minore e colpisce meno la nostra attenzione, non riuscendo quindi a disinnescare l’effetto ripetizione creato dalla diffusione della fake news e non cancellandola mai del tutto. In parte è dovuto alla natura di una fake news e di una smentita: mentre la seconda è una notizia che ci rassicura, la prima ha di solito sempre un elemento che ci mette in allarme, o quantomeno ci deve sorprendere. La fake news è creata apposta per attirare l’attenzione del lettore e quindi per quanto la smentita possa essere autorevole non sarà mai sufficiente a distogliere la sua attenzione da questi “scoop”.

Appare dunque chiaro che le fake news non siano solo delle “innocenti bugie” ma delle notizie scritte per orientare l’opinione pubblica, allarmandola, spingendola verso determinate decisioni politiche e tenendola lontana da altre. Queste bugie tendono a manipolare le persone e a rimaneggiare la verità, quindi non sono mai innocenti ma quasi sempre un’operazione che tende a influenzare le persone in una maniera disonesta e subdola.

Negazionisti fantastici e dove trovarli

di Maria Luisa Orlandi, 17 anni, del liceo G. Alessi di Perugia

Chi e quanti sono coloro che non credono alla minaccia dei cambiamenti climatici?

A chi non è capitato di alzarsi la mattina e scorrere, con la colazione che ci aspetta sul tavolo, le notizie consigliate sul cellulare? Ebbene, immaginate ora che, un giorno, nella nostra esplorazione mattutina del mondo, ci colpisca una notizia: “Il riscaldamento globale è in realtà un processo naturale del pianeta”. Dopo un sorrisetto all’indirizzo di quella che intuiamo essere una fake news, ci alziamo e la mostriamo al parente o amico più vicino. La reazione che riterremmo ovvia sarebbe un altrettanto divertito sorriso, ma tenetevi pronti per l’inaspettato: la persona di fronte a voi, serissima, dice di essere perfettamente d’accordo.

Signori miei, ci troviamo probabilmente di fronte a un negazionista. Ma, precisamente, che cosa vuol dire? Un negazionista è una persona che, a dispetto di qualunque prova, nega la veridicità storica di un evento. Negli ultimi decenni, oltre al negazionismo di fatti storici, come quelli legati ai regimi nazista e fascista, è diventato allarmante anche un altro fenomeno: quello del negazionismo climatico, ovvero il pensare che lo stato attuale del nostro pianeta non sia preoccupante o che l’effetto del fattore antropico sul clima sia irrilevante. 

Secondo Andrea Rubin, professore di teoria delle scienze sociali all’Università degli Studi di Bergamo e relatore dell’Annuario Scienza Tecnologia e Società 2020 di Observa Science, la percentuale di persone che non credono ai cambiamenti climatici è ormai molto esigua, mentre quella di chi dubita che siano principalmente causati dall’uomo è sicuramente più elevata. Questo dato è decisamente più significativo, in quanto ci costringe a prestare più attenzione a una categoria sociale generalmente ritenuta numericamente trascurabile, chiedendoci da cosa derivi il loro essere male informati su questioni scientifiche e cosa si possa fare per aumentare la consapevolezza dell’emergenza climatica. 

Chiedendo ad un campione di popolazione quanto siano in disaccordo con la frase “Il clima sta cambiando per cause antropiche”, Observa Science ha rilevato che il 27,3% degli intervistati sono “abbastanza” o “molto” in disaccordo. In pratica, più di una persona su quattro non è convinta che le azioni degli esseri umani abbiano un effetto consistente sull’innalzamento della temperatura del pianeta, nonostante le numerose prove scientifiche raccolte, come la correlazione tra l’aumento della temperatura del globo e della CO₂ presente nell’atmosfera a partire dalla rivoluzione industriale, correlazione evidenziata dai carotaggi di ghiacciai millenari.

Come spiega Rubin, “non esiste al momento una sorta di “identikit” del negazionista climatico, in quanto crearne uno significherebbe schedare queste persone, ma possiamo comunque identificare alcune caratteristiche ricorrenti. Ad esempio, chi assume posizioni anti-scientifiche tende, solitamente, a non rivelarsi apertamente come negazionista”. Inoltre, mentre non si evidenziano differenze di genere, l’età dei cittadini incide sulla loro percezione della scienza. Il più alto tasso di alfabetizzazione scientifica, che negli ultimi anni in Italia è in ascesa continua, è infatti tra le persone più giovani, con titoli di studio più alti e maggiormente esposti all’ambiente scientifico. 

Ci sono, però, anche alcuni stereotipi attorno alla figura dei negazionisti climatici e più in generale, a quella di chi nega fatti scientifici. Ad esempio si tende a credere che appartengano unicamente a classi con poche opportunità culturali e un livello di istruzione per lo più basso, mentre Rubin chiarisce che “a volte, anche chi ha un livello di istruzione medio-alto, può diffidare di pareri specialistici o prove scientifiche perché, proprio essendo acculturato, pensa di poterli mettere in discussione”. 

Insomma, non esiste una “guida” alla relazione con il nostro amico negazionista. La persona che, di fronte a un cappuccino ormai freddo, quel giorno non ci ha sorriso in risposta, può avere caratteristiche diversissime da tutti gli altri che la pensano come lui. E va bene così, perché non siamo di fronte a un fenomeno senza soluzione, né tantomeno a creature fantastiche di cui, come in un romanzo della Rowling, un qualche Newt Scamander prima o poi si occuperà, ma a persone. 

In questo momento storico, tra ragazze con le trecce e adolescenti in piazza per cambiare il mondo e una società intera che cerca di abbandonare abitudini poco sostenibili, ciò che ci serve è raggiungere la consapevolezza che quella dei negazionisti climatici è una realtà sociale altrettanto concreta.

L’unica magia che serve all’umanità, quindi, è quella più potente di tutte, che non usa calderoni o bacchette, ma libri e penne. I dati ci dicono che siamo sulla buona strada, ma per combattere disinformazione e pericolose derive anti-scientifiche, l’educazione e la diffusione di notizie verificate da esperti sono ora fondamentali e producono risultati più efficaci di qualsiasi pozione o incantesimo. 

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“Sul clima nessuno ha la verità in tasca…”

di Sofia Stopponi, 17 anni, del liceo scientifico G. Alessi di Perugia

 Da un anno a questa parte un numero non irrilevante di scienziati e accademici (quasi 500) si sono uniti in un “global network” per sostenere la loro tesi: il riscaldamento climatico oggi in atto non è causato dall’azione dell’uomo ma è un fatto naturale. 

Il 23 settembre 2019 quattordici ambasciatori dell’European Climate Declaration hanno inviato una lettera intitolata “There is no climate emergency” ad António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite. Questi uomini, tra i quali l’italiano Alberto Prestininzi, professore universitario presso La Sapienza di Roma e Guus Berkhout, co-fondatore dell’ organizzazione scettica sul clima “Climate Intelligence Foundation” (CLINTEL), sostengono sei tesi che sintetizzano le opinioni di quella parte della comunità scientifica internazionale che nega l’urgenza climatica : 

1) Il riscaldamento è causato sia da fattori naturali che antropogenici. 

2) Il riscaldamento è meno rapido di quanto previsto. 

3) La politica del cambiamento climatico si basa su modelli inadeguati. 

4) CO2 è il cibo delle piante, la base della vita sulla terra. 

5) Il riscaldamento Globale non ha aumentato i disastri naturali. 

6) La politica climatica deve rispettare la realtà scientifica ed economica. 

Approfittando della sua disponibilità, abbiamo chiesto al dottor Lombroso, meteorologo e divulgatore ambientale italiano ,famoso per la partecipazione alla trasmissione TV “Che tempo che fa” e autore di diverse pubblicazioni tra cui “Apocalypse Now?”, di commentare queste sei tesi affermate dai Negazionisti. 

Riporto qui di seguito il testo originale preso dalla lettera inviata il 29 settembre 2019 con una mia sintetica traduzione e le relative risposte del dottor Lombroso:

 Il riscaldamento climatico a cui siamo sottoposti attualmente è da considerarsi come un semplice aumento naturale di temperatura dovuto solo in parte all’attività dell’uomo, come sostengono i Negazionisti ? 

Lombroso: “Le attività umane hanno causato un aumento di temperatura di circa 1°C negli ultimi 100 anni”. Questa è la frase chiave dello Special Report IPCC Global Warming 1.5°C, ma ormai sappiamo da molto tempo che l’uso di combustibili fossili, deforestazione, agricoltura intensiva e allevamenti intensivi influenzano il clima. Seguo questo problema da ormai trent’anni e purtroppo, sottolineo, purtroppo, ho visto che si è verificato quanto ci si aspettava e anche peggio. Le cause naturali, come variazioni di attività solare, cambi di orbita del pianeta, vulcani e altro influenzano il clima da sempre, ma con tempi lunghi rispetto alla scala umana e non riescono a giustificare i cambiamenti in corso oggi”. 

Il surriscaldamento globale procede in maniera più veloce del previsto? 

Lombroso: “La risposta è che sì, sta avvenendo tutto come noi avevamo previsto! Per alcuni impatti come il ritiro dei ghiacci artici marini, ondate di calore ed eventi estremi anche peggio. L’emergenza coronavirus è una cosa seria e ora pensiamo a questa, ma al termine dovremo agire per i cambiamenti climatici con la stessa forza, coraggio e urgenza”. 

Si può affermare che alcuni climatologi abbiano esagerato sugli effetti negativi dei gas serra e CO2? 

Lombroso: “Drasticamente, dico di no. I climatologi non hanno sbagliato. Purtroppo, di clima tutti si sentono legittimati a parlare, altrettanto di meteorologia”. 

La CO2 può essere veramente considerato un fattore positivo per l’ambiente come sostengono i firmatari del manifesto? 

Lombroso: “No, questa è una bufala gigante, antiscientifica. Potremmo fare il paragone con lo zucchero: in giusta dose è vita, ad alte dosi causa il diabete. Purtroppo, il potere delle lobbies dei combustibili fossili è forte e ricorda le campagne a suo tempo orchestrate dalle multinazionali del tabacco, che comprarono perfino i medici. 

Può essere considerata corretta l’affermazione che il Global Warming non ha causato l’intensificarsi dell’andamento delle catastrofi naturali? 

Lombroso: “Dunque, qui il tema è complesso; sugli eventi estremi fino a pochi anni fa c’erano molti dubbi, ma ora si vedono sempre più gli effetti del cambiamento climatico, soprattutto sulle ondate di calore, e iniziano a emergere evidenze anche sui temporali forti e sulle grandinate. Perfino le nevicate, pur nel complesso di un quadro di inverni più miti e meno nevosi, vedono un aumento di casi intensi causa del complesso fenomeno della amplificazione artica. 

Le preoccupazioni politiche rivolte ad azzerare le emissioni di CO2 le sembrano giustificate, essendo anche di origine naturale? 

Lombroso: “Il futuro deve vedere una decarbonizzazione spinta, con una riduzione drastica e urgente delle emissioni di tutti i gas serra e con l’abbandono rapido dei combustibili fossili. La sfida è immane, si parla di riduzioni del 7% all’anno fino ad azzerare le emissioni o addirittura farle diventare negative. I combustibili fossili devono essere visti e affrontati come una droga, da cui dobbiamo disintossicarci. Il problema va affrontato con le 5 fasi tipiche della cura di disintossicazione, il modello trans teorico del cambiamento: precontemplazione, contemplazione, prefazione, azione e mantenimento, lungo da spiegare, ma questo richiede un cambiamento anche di abitudini. 

In conclusione, secondo lei esiste o no un’emergenza climatica dovuta a fattori antropogenici? 

Lombroso: “Si, siamo in emergenza climatica. 

Come per il coronavirus, servono scelte politiche forti, urgenti e coraggiose che la popolazione deve con consapevolezza accettare e anzi chiedere a gran voce, per questo sostengo il movimento Fridays for Future, da quando ancora non era nota ed era semisconosciuta sono fan di Greta Thunberg e con orgoglio accetto di essere chiamato dai miei denigratori “gretino”. 

Come ci ha permesso di capire il dottor Lombroso grazie alle sue risposte, le tesi sostenute dai negazionisti climatici sono molto lontane dall’essere degli assiomi indiscutibili. Utilizzando le parole di Luca Mercalli “Sul clima nessuno ha la verità in tasca” ma è doveroso, almeno secondo noi ragazzi, che si faccia “piazza pulita” delle bugie. 

Resilienza: la miglior arma per affrontare i cambiamenti climatici e ambientali

di Valentina Diani, Alessandra Orza e Greta Brigati, 17 anni, del Liceo G.M Colombini di Piacenza

Ancora a parlare di ambiente? Ebbene sì … ma perché è così importante insistere su questo argomento?

Siamo nel 2020 e ancora in molti continuano a negare l’evidenza dei feedback che il nostro pianeta ci sta mandando, mostrandoci giorno dopo giorno quali conseguenze dovremo subire a causa dei maltrattamenti e degli abusi che gli abbiamo inflitto negli ultimi secoli.

Davvero crediamo che la fine del mondo non dipenda dalle nostre azioni? Ci sono veramente delle persone che credono che la situazione mondiale attuale sia sotto controllo nonostante tutte le catastrofi avvenute solamente agli albori di questo nuovo decennio come i devastanti incendi che in Australia ed Amazzonia continuano a distruggere degli ecosistemi?

Come possiamo fare noi giovani, con un futuro all’orizzonte e un pianeta da preservare, a far sì che la situazione non peggiori, che sempre più specie animali non continuino ad estinguersi, che i nostri meravigliosi paesaggi smettano di incendiarsi e che i due poli terrestri non si sciolgano più?

Sicuramente se ognuno di noi, nel suo piccolo, decidesse di modificare le proprie abitudini e di intraprendere uno stile di vita più ecosostenibile, darebbe una grande mano al pianeta senza, però, risolvere alla radice i suoi problemi. Difatti, anche se tutti abbracciassimo uno stile di vita più ecologico, riducendo l’uso di plastica, facendo sempre correttamente la raccolta differenziata, muovendoci a piedi o in bicicletta ed intraprendendo un’alimentazione vegetariana o vegana, risolveremmo solo una parte dei problemi ambientali a cui siamo soggetti in questo momento. Affinché avvenga un vero cambiamento nel mondo, è necessario che tutti gli Stati adottino politiche che impediscano che i governi continuino ad attuare manovre meramente sulla base dei loro interessi economici, fregandosene degli impatti che codeste azioni possano avere sulla salute e sul futuro della nostra terra.

Sulla base di ciò, nel settembre 2015 è stata sottoscritta dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU “l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile”, un programma d’azione di 169 “target” (ovvero traguardi) per il nostro pianeta, per la sua prosperità e le persone che vi abitano. Essa ingloba i 17 obbiettivi per lo sviluppo sostenibile che gli Stati si sono impegnati a raggiungere entro il 2030, come la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame ed il contrasto al cambiamento climatico.

Su quest’ultimo aspetto negli ultimi tempi se ne è sentito parlare parecchio. La storia, però, è sempre la stessa: da un lato un numero crescente di giovani continua a protestare nelle città per smuovere le coscienze comuni e fare in modo che i governi si applichino in maniera più concreta a riguardo, dall’altro i negazionisti (come il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump) continuano a negare l’esistenza del Global Warming.

Dunque, che cosa è giusto o meno fare dinanzi a queste problematiche? La risposta è: essere resilienti! 

In psicologia per resilienza si intende la capacità di un individuo di affrontare o superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. Dobbiamo essere come una palma che oscilla col vento ma non si spezza, piuttosto che essere delle rigide querce che “fanno da muro” e resistono alle intemperie, ma poi si rompono. Di fronte alle perturbazioni occorre essere equipaggiati non per resistere, ma per seguire l’urto e resiliere.

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La bufala del cambiamento climatico

di Elisa Pompili, 14 anni, di Perugia

Sempre più spesso e con toni crescenti di allarmismo si sente parlare di riscaldamento globale, soprattutto in riferimento all’imminente pericolo che molte specie animali, tra cui l’uomo, vivono. Ma siamo proprio sicuri che tutto ciò che sentiamo o leggiamo sia vero? Molti tra i più importanti giornali, in accordo con gli uomini di governo più potenti, cercano di tenerci nascosta la presenza di almeno 500 scienziati, provenienti da tutto il mondo, che si schierano contro la bufala del cambiamento climatico. Le loro parole sono riportate in molti quotidiani, tra cui “Giornale Energetico”, “Il quotidiano oggi” e “Smartmagnetico”. Il documento, con le loro argomentazioni e firmato da 14 ambasciatori dell’European Climate Declaration, inizia così: “There is no climate emergency”, cioè “Non c’è nessuna emergenza climatica”.

Essi definiscono inutili e dannose le politiche internazionali per la salvaguardia del clima, in quanto non sono basate sulla solida scienza e non tengono conto della perdita economica che molti Paesi potrebbero subire vedendosi negato l’accesso all’elettricità a basso costo. Queste politiche diffondono solo allarmismo, perché la diffusione di gas serra, come ad esempio la CO2 (anidride carbonica), hanno un effetto benefico per le piante: hanno infatti portato all’aumento della biomassa vegetale globale e agevolano anche l’agricoltura, aumentando i raccolti in tutto il mondo.

Nella lettera riportano una documentazione geologica che prova una variazione climatica in atto da quando esiste il pianeta Terra, essa spiega che si sono sempre alternate fasi naturali calde e fredde. Da poco, nel 1850, si è conclusa una piccola era glaciale seguita da un periodo di riscaldamento che non deve sorprendere o preoccupare, ed è proprio il periodo che stiamo vivendo noi ora. Questa ignoranza parte dal fatto che a scuola non si parla abbastanza di ambiente; se si collegasse questo argomento alla storia scopriremmo che la situazione che stiamo vivendo non è affatto un evento isolato e che è destinato a ripetersi. Sul sito “Campanialive.it” sono presenti degli esempi concreti, provati da fonti scientifiche attendibili: tra il 500 e il 700 dopo Cristo le temperature erano fredde e umide, poi però, tra il 1000 e il 1270, si sono verificati dei cambiamenti che hanno reso l’atmosfera più calda; in questo caso non possiamo parlare di cause umane, proprio come sta accadendo a noi oggi.

“I 500” si mostrano collaborativi al dialogo, infatti invitano tutti gli scienziati e specialisti con idee discordanti dalle loro ad incontrarsi all’inizio di quest’anno, il 2020, per discutere e decidere insieme le corrette politiche da applicare in favore del clima, ammesso che davvero ce ne sia bisogno.

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FFF, foto e fake

di Sofia Cesaroni, 17 anni, del liceo G. Alessi di Perugia

La foto incriminata, ritraente Via Toledo (Napoli)
La foto incriminata, ritraente Via Toledo (Napoli)

“Ecco cosa lasciano per terra i manifestanti per un mondo migliore”. Questo è il commento alla foto che ha girato tutto il web il giorno dopo il terzo Global Strike For Future. Venerdì 27 settembre sono stati oltre un milione gli studenti che hanno preso parte alla manifestazione in tutta Italia. Un milione di studenti che sono scesi in piazza per dimostrare che l’unione fa la forza e forse insieme si può veramente costruire un futuro. Un milione di giovani che si è sentito insultare il giorno seguente sui social per aver almeno creduto di poter cambiare le cose. L’immagine è, ovviamente, un falso: raffigura un cestino di via Toledo, a Napoli, in un sabato pomeriggio qualsiasi. Il 27 settembre il movimento dei Fridays For Future partenopeo si è presentato numerosissimo all’iniziativa ma nell’itinerario la via incriminata non era nemmeno presente.

Questa fake news ha contribuito a dare un’idea di maleducazione e inciviltà al movimento delle tre F. Il trambusto mediatico è stato causato dalle numerose polemiche che i Fridays For Future portano sin dalla loro nascita che non sono solo diffuse tra profili “comuni” ma anche tra personaggi di spicco. Purtroppo anche queste persone che influenzano il pensiero comune hanno contribuito alla diffusione delle fake news sulle manifestazioni e, in particolare, alla sua creatrice: Greta Thunberg. Numerose testate giornalistiche, infatti, hanno riportato la notizia della fotografia come vera e hanno additato la colpa proprio alla diciassettenne svedese, accusandola di far emergere il lato peggiore dei giovani. Ma se la nuova generazione si sta ribellando è proprio perché la vecchia non ha provveduto ad accorgersi dei pericoli dei cambiamenti climatici e, ora che sono più che evidenti, cerca in tutti i modi di affondare questa voglia di cambiamento.

Fridays For Future è un movimento reale e concreto ma scomodo; apre gli occhi a tutti coloro che in questi anni si sono finti ciechi. Per questo quando la fotografia è uscita le potenze hanno preso la palla al balzo e cercato subito l’attacco, anche a costo di confezionare la solita bufala mediatica. Il Global Strike non è un motivo per saltare la scuola o l’apoteosi di una maleducazione, etichetta che le generazioni vecchie vogliono per forza appiccicarci, ma un movimento necessario fatto da ragazzi che credono e sperano nell’avvenire e che solo con i poteri degli adulti si può realizzare. Noi ci mettiamo la faccia e l’intenzione, voi cosa fate?

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Giornale della resilienza

giornale di Giacomo Fadda, 17 anni, IV liceo scientifico G. Galilei di Macomer (NU), coordinamento M.Antonietta Galizia

Le quattro pagine di un ipotetico giornale, in cui consiste l’elaborato che presento, è il risultato di un lungo lavoro di ricerca delle informazioni, progettazione della struttura dei singoli articoli, creazione e modifica di fotografie e aspetti grafici; in poche parole: è un prodotto realizzato interamente da me.

L’articolo “Scoprire la storia in maniera innovativa: come fare?”, come evidente, non è basato su fatti reali, e forse non potrebbe essere definito neppure “realistico”, ma sviluppato su una cornice narrativa, il presunto cambio di rotta del Friday for future, che mi ha permesso di trattare l’argomento storico col taglio di una notizia, che ha conferito maggiore dinamicità a contenuti tanto densi.

Il secondo articolo, “Le parole di Madre Natura”, è anch’esso impostato secondo una cornice narrativa. Grazie a questo ho potuto riportare all’attualità un antico culto della natura, che nella mia Sardegna si esprime attraverso le immagini della Venere sarda, protagonista di un dialogo fra antichi nuragici. Un tributo alla mia terra e alla cultura che la contraddistingue, nell’incontro fra antico e contemporaneo.

Il terzo e ultimo articolo è invece frutto di una ricerca ed approfondimento di una tematica a me cara: lo sfruttamento dei territori ricchi di petrolio e delle popolazioni che li abitano. Ho deciso di dedicare spazio a tale argomento per l’importanza che esso a mio avviso riveste, data la sua attualità e la brutale rivelazione di un mondo, ahimé, spesso ingiusto.

Realtà, informazione, ma anche sguardo personale verso il mondo, quello in cui vivo e quello che nei secoli ne ha posto le basi: spero che possiate apprezzare l’impegno sotteso ad un lavoro che ha cercato di condensare questi aspetti.

GIORNALE