Il pangolino untore?

di Gabriele Ripandelli, 20 anni, di Perugia

Il PANGOLINO UNTORE: L’ALLARME DELLA BIODIVERSITÀ

Il pangolino, forte quanto tenero, è una buona occasione per riflettere sulla biodiversità

In origine furono i serpenti. Poi si passò ai pipistrelli. Ora sono i pangolini ad essere additati come nuovi untori per il Sar-CoV-2. L’unica certezza sembra essere il luogo d’origine del nuovo coronavirus: un mercato alimentare in cui si scambiavano animali selvatici e si vendeva la loro carne. Tra questi, c’era il pangolino. Il “formichiere corazzato” raccoglie quindi l’eredita di portatore di epidemia, dal cane procione e dalla civetta delle palme, portatori nel 2003 della SARS. Il comunicato stampa del 7 febbraio dei ricercatori della South China Agricultural University di Guangzhou, che affermava il 99% di compatibilità tra il CoronaVirus dei pangolini e quello degli umani, è però stato seguito da una rettifica. Il 20 febbraio la cifra risulta essere riferita non all’intero genoma (il quale ha solo il 90,3% della compatibilità), ma alla sequenza del dominio di legame dei recettori (Rbd) che serve al virus per legarsi alle cellule e penetrarle. L’errore di comunicazione porta a ripensare i pangolini non come origine, ma come passaggio intermedio. Il tutto fa comunque riflettere sul contatto tra l’uomo e le specie selvatiche. Il passaggio è solo una delle conseguenze della rottura della biodiversità, e dello stretto contatto con i selvatici.

IL COMMERCIO ILLEGALE DI ANIMALI

Il commercio di animali ha numeri e dimensioni enormi.  Da quanto emerge da uno studio pubblicato nell’ottobre 2019 dalla rivista “Scienze”, una specie su cinque, considerando i vertebrati, è oggetto di commercio. La percentuale sale al 65% se si considerano quelli terrestri. Ampliando il discorso, la maggior parte delle specie commercializzate sono mammiferi ed uccelli, con i rettili al secondo posto. I motivi per cui avviene questo commercio sono quattro e sono specifici per la parte di animale che si commercia. Si passa dal collezionismo, che comprende soprattutto corna e pelli, all’impiego alimentare, dove si utilizza soprattutto la carne, i rimedi per la medicina tradizionale, dove abbondano squame e scaglie, e l’utilizzo come animali di compagnia, l’unica motivazione per cui vengono lasciati in vita. Nella loro compravendita influisce molto la presenza degli animali nei media, pensiamo alla grande richiesta di gufi dopo il successo della saga di Harry Potter o dei pesci pagliaccio e dei pesci chirurgo blu, le star di “Alla ricerca di Nemo”. Le specie coinvolte nei traffici, più o meno legali, sono sempre appartenenti alle categorie di rischio elevato di estinzione o vulnerabili. Più un animale sarà raro, più sarà alto il suo valore di mercato e più sarà cercato per venderlo. Per quanto riguarda gli animali da compagnia, le tratte di mercato partono dalla fascia tropicale, mentre i prodotti provengono dall’Africa e dal Sud-est Asiatico. I numeri relativi al commercio illegale sono spaventosi: dal 2008 al 2019 sono stati sequestrati 225 mila kg di avorio derivante da zanne di elefante e più di 4500 corni di rinoceronte, negli ultimi vent’anni c’è stato un commercio di 895 mila pangolini. I dati comprendono anche tigri, orsi, uccelli, tartarughe e tanti altri animali commerciate anche legalmente, come le oltre 180 milioni di rane vendute dall’indonesia all’Europa e gli Stati Uniti.

QUANDO LE SPECIE DIVENTANO ALIENE

Trasportando le specie selvatiche al di fuori del loro areale, si può andare incontro al rischio che esse diventino specie aliene invasive. Qualora arrivate nel nuovo ambiente riuscissero a sopravvivere, le specie alloctone potrebbero entrare in competizione con una o più specie autoctone e modificare l’equilibrio dell’habitat. Questo potrebbe portare anche all’estinzione delle specie indigene, considerando che le specie aliene non hanno nei nuovi territori parassiti e predatori che possono fermare la loro crescita. Piero Genovesi, responsabile dell’ufficio fauna dell’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ha affermato a Scienze in Rete che “A scala mondiale, il vettore principale di ingresso di piante ed animai è il commercio di piante ornamentali. Mentre le piante, per la vivaistica, e i vertebrati, come animali d’affezione, sono importazioni volontarie, gli invertebrati spesso sono trasportati accidentalmente, come contaminanti di altre merci”

L’EFFETTO SULL’UOMO

Uno degli effetti più preoccupanti per l’uomo è che il commercio di fauna e flora può trasmettere patogeni. Un esempio molto noto sono le zanzare, che portano la malaria. Il giacinto d’acqua, una pianta ornamentale capace di formare enormi distese di piante galleggianti, creando un bell’effetto visivo, creano un ambiente idoneo per le larve di zanzara, aumentando il rischio di malaria. La Panace di Mantegazza, originaria del Caucaso ed importante anche in Italia, è un esempio di specie tossica: il lattice, che fuoriesce dalle foglie e dalle specie danneggiate, può provocare ustioni sulla pelle se esposto al sole.

L’EFFETTO SULL’ECONOMIA

L’invasione di insetti e di organismi alieni in Italia ha portato oltre un miliardo di euro di danni nel 2019 e gravissime conseguenze sul piano ambientale, paesaggistico ed economico. I cambiamenti climatici e la globalizzazione degli scambi, secondo quanto emerso dal rapporto Coldiretti “Clima: la strage provocata dalle specie aliena nelle campagne”, sono i principali motivi di queste conseguenze. Sono numerosissimi gli insetti arrivati nella penisola negli ultimi anni e per i quali le piante nostrane non avevano sistemi di difesa efficaci. Esempi validi possono essere: il moscerino Killer che ha attaccato ciliegie, mirtilli ed uva dal Veneto alla Puglia; il cinipide galligeno che ha fatto strage di castagni; il punteruolo rosso che ha decimato le palme; la cimice marmorata asiatica che attacca mais, fagioli, albicocche, girasoli ed altri tipi di coltivazioni.

L’EFFETTO SULLE ALTRE SPECIE

“Ci sono specie che nell’areale di origine sono minacciate, ma che introdotte in altri ambienti diventano invasivi”. Con le parole di Piero Genovesi a Scienze in rete si può riassumere un terzo aspetto fondamentale da prendere in considerazione. È proprio la concorrenza tra specie autoctone ed alloctone, ribadiamo, ad essere il principale problema delle specie aliene. A volte, si può arrivare anche all’estinzione delle specie indigene. Rischia molto lo scoiattolo rosso, originario europeo e quasi scomparso nelle isole britanniche, di essere sostituto dallo scoiattolo grigio americano. Molte specie alloctone sono state introdotte nei fiumi italiani, come il pesce gatto ed il siluro, che hanno portato all’estinzione di specie autoctone. In Australia molto particolare fu l’impatto dei conigli, che in 100 anni, dal 1859 agli anni ’50 del XX secolo, passarono da 13 esemplari a un miliardo di capi, non trovando predatori competitivi. La volpe, portata in Australia per ridurre il numero dei conigli, si concentrò su prede più facili dei conigli. Tutto ciò portò all’estinzione di specie autoctone. 

L’uso non sostenibile delle risorse naturali, l’espansione antropica in ambienti un tempo selvaggi, il commercio e lo sfruttamento dei selvatici creano condizioni perché i patogeni possano fare salti di specie. La tutela delle popolazioni umane stesse è sempre stata collegata con la protezione della natura. Bisogna per questo agire direttamente sui comportamenti dei consumatori, per ridurre alla base la richiesta ed il traffico illegale di specie aliene.

Codice: 1582913285179

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