Wi-fi, il silenzioso “boia” del pianeta

di Simone Fezzuoglio e Emanuele Santoro, 16 anni, del liceo G. Alessi di Perugia

Oggi il cambiamento climatico è uno dei problemi che più preoccupa la comunità scientifica ed  essendo stati posti esame da relativamente poco tempo, sono poche le certezze e molti i dubbi. Oltre a questo sul web sono comparsi centinaia di articoli “scientifici” che imputano la colpa del cambiamento climatico alle più svariate cause, : delle vere e proprie “bufale” scritte con il solo scopo di insidiare il dubbio e creare un’impenetrabile barriera di incertezza intorno al questo tema.

Sono pochi gli studi veramente affidabili, e fra questi occupano un posto di rilievo i rapporti dell’IPCC: il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change-IPCC). Quest’organo redige a intervalli regolari  valutazioni esaustive e aggiornate delle informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche riguardanti i cambiamenti climatici. Queste informazioni sono rilevanti per la comprensione dei mutamenti climatici indotti dall’uomo, degli impatti potenziali dei mutamenti climatici e delle alternative di mitigazione e adattamento disponibili per le politiche pubbliche.

Sono stati proprio questi rapporti ad evidenziare, nel tempo, le cause dei cambiamenti climatici ormai note alla maggioranza della popolazione. Ad esempio l’identificazione del ruolo dei gas serra che, esattamente come il vetro della struttura che dà loro il nome, catturano il calore del sole, impedendogli di tornare nello spazio. Ma l’IPCC punta il dito anche contro una delle principali scoperte tecnologiche di questo secolo: il Wi-Fi e le reti cellulari. In un recente rapporto è scritto: Le onde radio emesse dalle varie attività umane, soprattutto nell’ambito delle telecomunicazioni influiscono per il 74,8% all’aumento delle temperature medie oceaniche (tradotto dall’inglese).

Le radioonde vanno quindi a riscaldare gli oceani e i mari di 1,3 gradi Farenight all’anno. Per capire come sia possibile questo fenomeno basta pensare al funzionamento dei forni a microonde, che vengono usati per la cottura rapida dei cibi. In essi viene sfruttata l’azione del calore che si genera all’interno degli alimenti in seguito all’assorbimento dell’energia elettromagnetica di frequenze opportune. L’azione delle microonde si esercita sulle molecole d’acqua presenti negli alimenti: le molecole d’acqua si comportano come dipoli elettrici e tendono ad allinearsi lungo il campo elettrico oscillante generato dalle microonde. Di conseguenza entrano in rapida oscillazione e, urtandosi le une con le altre, producono calore all’interno della sostanza da riscaldare o da cuocere, in un tempo assai inferiore a quello normalmente necessario.

Mettere in relazione un microonde con il Wi-Fi può sembrare una follia, ma non lo è: il Wi-fi e il microonde sono più simili di quanto pensiamo, tanto che questi due strumenti funzionano oltre che con lo stesso tipo di onde le emettono anche sulla stessa frequenza. Infatti entrambi lavorano su una banda da 2,4 gigahertz che venne assegnata ai forni a microonde dall’International Telecommunication Union nel 1947 e venne poi “rubata” dalla Wi-Fi Alliance che la utilizzò per lanciare la sua rivoluzione su scala mondiale: le reti wireless che sono oggi in ogni casa. Ovviamente delle differenze ci sono: questi due strumenti lavorano con lunghezze d’onda completamente diverse. Le microonde, come dice il nome, hanno lunghezze d’onda che vanno da 1 mm a 30 cm, mentre le radioonde utilizzate da Wi-Fi e reti cellulari occupano la fascia dello spettro delle lunghezze d’onda maggiori, comprese tra 10 cm e 1 km. Un’altra differenza è che il microonde è progettato per essere una gabbia di Faraday quasi perfetta, cioè per tenere al suo interno le onde emesse, il Wi-Fi per emetterle all’esterno con la massima potenza possibile.

Ecco quindi spiegata la preoccupazione dell’IPCC; il Wi-Fi e le reti cellulari, pur emettendo radiazioni meno potenti (in quanto meno “concentrate”) di un microonde hanno un raggio d’azione che si estende per tutto il pianeta senza perdere quasi mai potenza, visto che il segnale è potenziato costantemente da migliaia di ripetitori.

Si può quindi affermare che grazie al Wi-Fi e alle reti cellulari abbiamo trasformato il nostro pianeta in un gigantesco “forno” a radioonde e gli effetti di questo surriscaldamento degli oceani saranno catastrofici. Oltre alle conseguenze per la biodiversità marina, è evidente che se si aumenta la temperatura dell’acqua di pari passo ne aumenta il volume. Ora, l’aumento di volume sarà irrisorio se scaldiamo l’acqua per cuocere la pasta a casa nostra, ma se a scaldarsi gli oceani l’aumento di volume sarà enorme, sempre l’IPCC ipotizza un aumento di livello dei mari fino a 2 metri entro il 2100. Se questa previsione dovesse avverarsi l’Europa apparirà come nell’immagine sotto.

Da qui possiamo facilmente comprendere la portata catastrofica di questo fenomeno, che è già in corso. Non possiamo fermarlo, perché è ormai troppo tardi, ma possiamo rallentarlo e cercare un rimedio a questo disastro che ci siamo creati. Alcuni attivisti moderni affermano che l’eccesso di tecnologie che ci circonda ci ha portato a questo punto, la sproporzionata avidità umana ci sta spingendo verso la fine: è a causa della ricerca scientifica che siamo arrivati a questo punto? Secondo noi no, come la scienza è in parte causa di questo problema essa potrà diventare una soluzione. La critica che viene giustamente mossa ai movimenti ambientalisti è che lo slogan “Salviamo il pianeta” è errato: la Terra continuerà tranquillamente a esistere senza di noi, si dovrebbe quindi dire “Salviamo l’umanità”. Non fare nulla, non parlarne e anche semplicemente non conoscere rende complici a questo gigantesco attentato all’umanità. Dobbiamo unirci consapevolmente a combattere la venuta di quello che sembra essere uno scenario da film apocalittico, ma che potrà diventare una terribile realtà.

ATTENZIONE!

Questo articolo è una bufala: la relazione tra il Wi-Fi, le reti cellulari e il cambiamento climatico è totalmente inventato, così come lo è la citazione al rapporto dell’IPCC. Non esiste nessuna prova scientifica a riguardo e probabilmente un fisico sufficientemente preparato potrebbe smentirci con facilità. Sono invece reali i dati sull’innalzamento dei mari. Abbiamo voluto mischiare dati reali con altri falsi per aumentare la credibilità della bufala.

cod. 1582032554770

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