Be the change you wish to see

Numero speciale de La Siringa del liceo G.Alessi di Perugia, con il coordinamento di Annalisa Persichetti. Hanno partecipato alla stesura Chiara Brozzi (5F), Sonia Forlimbergi (5D), Manuela Tugliani (1P), Giorgia Soriani (1P), Sofia Stopponi (1P),  Sofia Cesaroni (1P), Maria Luisa Orlandi (1P), Cesare Foresi (1P), Carlotta Balucani (1P), Rossella Salazar Flores (1P), Aurora Micci (1P), Filippo Paparelli (1P), Emanuele Santoro (1P), Mario Bucaneve (4F), Raffaele Bianco (4F), Leonardo Suvieri (4F), Edona Xaferri (4E), Edoardo Cucina (3E), Arianna Llanos Ferrin (3E), Sara Pieretti (4F), Margherita  Esposito (4F), Gabriele Ripandelli (5D), Ester Baroni (5F), Niccolò Cesaroni (5F), Davide Casciarri (2F), Silvia Verzaro (3C), Riccardo Piselli (2 G), Giovanni Vincenti (1F), Massimo Trovato (1M), Giuseppe Miscena’ (1H), Elisa Massettini (4F), Alessia Peccini (4F), Rebecca Piccioni (2B).

 

Primo comandamento, non sprecare

Inchiesta sulla grande distribuzione di Sofia Stopponi e Giorgia Soriani, 15 anni, del liceo Alessi di Perugia

image11Entrando dentro un grande supermercato la vista degli scaffali traboccanti di cibo ci rassicura subito sulla possibilità che vi troveremo certamente tutto ciò di cui abbiamo bisogno, o semplicemente desideriamo per la nostra alimentazione quotidiana. Questa sensazione di appagamento del consumatore ha un prezzo molto caro sulla società, sull’ambiente e persino sull’economia: si chiama spreco alimentare. Infatti ogni mattina i commessi dei grandi magazzini sistemano negli scaffali e nei banconi frigo, una quantità di cibo certamente superiore a quella che sarà effettivamente venduta prima della scadenza. Molti prodotti come ravioli, salse e formaggi cremosi, quando giungono alla data di scadenza, hanno il loro destino nell’inceneritore perché sigillati in incarti plastificati. In realtà sarebbero ancora commestibili, ma nessuno, all’interno del supermercato è addetto a separare gli alimenti dai loro imballaggi.

Stessa cosa accade o meglio poteva accadere, fino a poco tempo fa, anche ai molti prodotti del banco gastronomia: cannelloni scaloppine e polli arrosto e ai prodotti da forno: pizza, pane e focacce che, se non venduti alla fine della serata, per legge non possono essere smerciati il giorno successivo e quindi erano destinati al cassonetto. Le cose oggi stanno   cambiando per fortuna, come vedremo più avanti.

Buttare cibo, in un mondo in cui 800 milioni di persone non riescono a sfamarsi in modo adeguato è una cosa veramente ingiusta. Qualcuno ha detto che buttare alimenti commestibili è come “rubarlo” dalla mensa di un povero.

Certamente la questione dello spreco alimentare è molto complessa e non riguarda certo solo i supermercati, ma anche ristoranti e mense e aziende che producono cibo e soprattutto, riguarda in modo considerevole, noi consumatori.  Infatti, ma non è questo l’argomento del nostro lavoro, si può dire che una gran fetta di colpa ce l’abbiamo proprio noi consumatori, perché acquistiamo più del necessario e per il fatto di essere diventati sempre più esigenti tanto da obbligare i supermercati ad avere una grande varietà e abbondanza di merce sugli scaffali.

Come pianifica la sostenibilità il Comune di Perugia?

di Manuela Tugliani, della redazione de La Siringa del liceo G. Alessi di Perugia

La sostenibilità ambientale è un principio strategico per la pianificazione a medio e lungo termine, sia per le aziende che per le amministrazioni che operano in un determinato territorio. 

Il Comune di Perugia, la nostra città, ha sviluppato un’ampia consapevolezza, con importanti risultati  in materia di  tutela dell’ambiente, che ha portato alla definizione, già nel 2002, di un programma di “Agenda 21”, che ha trovato il suo punto di arrivo nella definizione del “piano d’azione per lo sviluppo sostenibile”. 

Per questo motivo la redazione della Siringa ha deciso di intervistare il dottor Vincenzo Piro, dirigente dell’Area Risorse Ambientali Smart City e Innovazioni del Comune di Perugia.

Come definirebbe il bilancio di sostenibilità ambientale?

Nell’attività del Comune il bilancio per la sostenibilità ambientale è basato innanzitutto su un’adeguata conoscenza delle  criticità del territorio, nella definizione di ambiziosi obiettivi di miglioramento e nella realizzazione di programmi aventi la finalità di garantire ed assicurare la conservazione e la valorizzazione delle singole componenti ambientali, in coerenza con le direttive europee con gli strumenti di pianificazione territoriale.

È vero, come si dice, che spesso c’è un conflitto tra lo sviluppo economico e la tutela dell’ambiente?

Ambientalisti da 2 centesimi

di Edoardo Cucina, della redazione de La Siringa del liceo Alessi di Perugia

schermata-2018-03-19-alle-14-42-21Oggi intervistiamo Daniela Riganelli, dottoressa in chimica e consulente di Novamont per i rapporti istituzionali e con le scuole. La dottoressa Riganelli opera presso il sito produttivo ternano dell’azienda, con sede principale a Novara.

Novamont S.p.A. è una azienda chimica italiana molto attiva nel settore delle bioplastiche fin dal 1990. Nello stabilimento di Terni l’azienda produce materiale termoplastico biodegradabile, Mater-bi, a partire dall’amido di mais. Il Mater-bi viene utilizzato per esempio nella produzione di imballaggio e di bioplastica in sostituzione dei tradizionali sacchetti in polietilene.

Come Novamont definisce il bilancio sostenibilità?

Orangefiber: indossare la natura

di Giuseppe Miscenà, I liceo scientifico al Galeazzo Alessi di Perugia

oranfe-fiber-4Le arance, uno dei simboli della regione Sicilia, impiegato per la prima volta nell’ambito della moda. L’idea è di Enrica Arena e di Adriana Santocito startupper siciliane che hanno pensato di trasformare le 700 tonnellate di bucce d’arancia che annualmente vengono buttate come scarto di produzione dall’industria agroalimentare, in pregiati tessuti. Il  risultato del particolare processo di produzione brevettato dalle due ragazze, è un filato ecosostenibile e ipertecnologico, adatto per capi di alta moda. 

orange-fiber2La grande trovata nasce nella città di Milano nella quale Adriana cercava un’idea per la sua tesi sui tessuti sostenibili. La ragazza si imbatte in una foto che la colpisce particolarmente; la foto ritrae un agrumeto siciliano nel quale le arance non erano raccolte e quindi sprecate. “voglio creare un prodotto unico e innovativo per la moda” dice Adriana, ma lo vuole fare partendo dalle sue origini, dalla Sicilia, da quello stesso aranceto pieno di frutti maturi sprecati. Enrica ed Adriana iniziano a fare importanti servizi, interviste e convention in giro per il mondo e la loro idea viene apprezzata e trova investitori che finanziano il progetto perché  potrebbe rivoluzionare il mondo della moda.  L’idea delle due ragazze potrà creare molte opportunità lavorative e inoltre permette un collegamento ideale tra le parti estreme d’Italia; nord e sud in questo progetto hanno avuto entrambi un ruolo fondamentale, la Sicilia fornisce la materia prima che poi viene controllata e lavorata per diventare un capo di moda. Il processo produttivo, che avviene presso un centro operativo in Trentino, è molto particolare: dalla buccia delle arance viene estratta la cellulosa che una volta  trasformata in  prodotto filato viene successivamente tessuta.  Quello che si ottiene è una materia morbida, simile alla seta ma con particolari proprietà benefiche anche per la pelle. Il prodotto non appena terminato sarà messo in vendita dalla Orangefiber anche su scala internazionale, i mercati più interessati sembrano essere oltre all’Italia: gli USA, la Danimarca, la Spagna.  Questa è un’idea semplice che unisce i punti forti delle tradizioni italiane e mediterranee: l’alta moda ed i buoni prodotti alimentari con la sostenibilità ambientale e lo sviluppo economico.

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Volkswagen: rapporto di sostenibilità 2016

di Rebecca Vitelli, 23 anni, di Carpineto Romano

La sensibilità e la consapevolezza per i temi ambientali è notevolmente aumentata negli ultimi anni, tanto da spingere numerose imprese a redigere un bilancio d’impatto o di sostenibilità, da affiancare al bilancio d’esercizio richiesto per legge. Dietro questa scelta non c’è solo la necessità di uno sviluppo più  sostenibile nel lungo termine, aspetto fondamentale nelle strategie d’impresa, ma anche vere opportunità economiche da sfruttare. Prima fra tutti c’è la possibilità di efficientare i processi produttivi e ridurne i relativi costi, da una parte, intervenendo sugli sprechi e puntando su riciclo e riutilizzo di materiali e scarti di produzione, dall’altro ricorrendo a tecnologie, materiali e pratiche all’avanguardia, che pur comportando un investimento iniziale più elevato consentono, in genere, performance superiori ed un recupero di costi nel lungo periodo. Da non sottovalutare è, inoltre, il fattore reputazionale che deriva da pratiche sostenibili messe in atto dalle imprese. I consumatori, infatti, nelle loro scelte tengono ormai sempre più conto di fattori etici e si orientano verso quelle imprese di cui condividono valori e missioni. È, quindi, importante per le aziende conformarsi a queste richieste del mercato, per non perdere competitività ma, anzi, aumentarla attraverso pratiche etiche e sostenibili.

Tra le imprese che hanno intrapreso questa strada si colloca anche il Gruppo Volkswagen, azienda automobilistica, che racchiude al suo interno 12 marchi, quali Volkswagen Passenger Cars, Audi, SEAT, SKODA,  Bentley, Bugatti, Lamborghini, Porsche, Ducati, Volkswagen Commercial Vehicles, Scania e MAN. La società tedesca, a partire dal 2011, pubblica annualmente un report sulla sostenibilità del Gruppo, presentando oltre ai progetti in fase di sviluppo e di implementazione, la propria strategia di business, declinata in management, gestione del prodotto, catena del valore e personale, e indicatori economici ed ambientali. L’ultimo report è aggiornato al 12 aprile 2017 e si riferisce all’esercizio economico del 2016, ma contiene anche alcune informazioni relative al 2017. Il report per il 2017 verrà, invece, pubblicato prima di questa estate.

Promessa a interesse zero

di Raffaele Bianco, 17 anni, de La Siringa del liceo Alessi di Perugia

foto1In questa ultima campagna elettorale dove non sono state risparmiate promesse a piene mani, dopo il reddito di cittadinanza e la riduzione della tassazione, è stato persino messo in vendita  uno strumento di tutela per i cittadini e l’ambiente: si è parlato infatti di abolizione dell’obbligo del Bilancio di Sostenibilità per le imprese, una grande conquista sociale che interessi di parte dei grandi gruppi economici vorrebbero mettere a rischio. Si tratta certamente di un provvedimento favorevole soltanto al profitto delle imprese e che non è rivolto alla tutela delle persone.

Sebbene infatti la direttiva nr. 95 del 2014 del Parlamento e del Consiglio dell’Unione Europea abbia reso obbligatorio questo tipo di bilancio per le imprese di grandi dimensioni che costituiscono enti di interesse pubblico e per gli enti pubblici che sono imprese madri di un gruppo di grandi dimensioni, tale direttiva viene reputata un rallentatore nello sviluppo delle imprese da parte dell’eminenza grigia dell’economia nonché dai dirigenti dei grandi poli societari. Recita infatti pieno di prosopopea elettorale il politico di turno: “la burocrazia e l’eccessiva rendicontazione sta soffocando le nostre aziende e ne limita il campo di azione, la nostra economia deve rifiorire forte di una nuova libertà”.

foto2Ma in tutto questo i diritti degli skateholders, cioè di coloro su cui l’attività di impresa ha un impatto, siano essi cittadini, dipendenti, fornitori, clienti, autorità locali o altri, che fine fanno? Se le imprese non hanno più l’obbligo di rendicontazione, in un mondo in cui il profitto detta le regole, quali saranno quelle imprese dal profondo senso etico che si occuperanno per scelta e  non per obbligo e per immagine dell’impatto sociale ed ambientale della loro attività? E se nessuno sarà più preposto a controllare l’attività delle imprese non solo da un punto di vista economico, a quale futuro dobbiamo prepararci?

Una tale promessa elettorale sembra inoltre proprio in controtendenza con l’orientamento europeo che è sempre più indirizzato verso un metodo uniforme di redazione del Bilancio di Sostenibilità come testimonia l’entrata in vigore dal prossimo luglio 2018 della versione aggiornata del GRI (Global Reporting Initiative) con le sue nuove trentasei linee guida. Persino l’EIPA (Ente Italiano Protezione Ambientale) per disingannare gli elettori ed opporsi a questa possibile futura proposta di legge tutta italiana ha pubblicato una previsione dell’impatto che avrebbe nei prossimi tre anni l’abolizione dell’obbligo del Bilancio di Sostenibilità: incremento della produzione di CO2 quindici volte superiore a quella attuale, terreni agricoli avvelenati dai residui tossici, inquinamento delle falde acquifere, aria con una percentuale più alta di particelle pesanti, un reale pericolo per ogni singolo cittadino. Se questo provvedimento fosse approvato dal Parlamento Italiano nella prossima legislatura, nell’arco di un solo decennio lo scenario del paese peggiorerebbe drasticamente portando l’Italia ad essere il fanalino di coda sia nel rispetto dell’ambiente che nella sicurezza e salute dei suoi cittadini.

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Coop: bilancio di sostenibilità da “brividi”

di Valerio Bucciaglia, 14 anni, di Pomezia

grafico-bucciagliaProprio ieri abbiamo parlato con un dipendente Coop che ci ha rivelato i dati del bilancio di sostenibilità dell’anno 2017.

Purtroppo il bilancio riporta dati tragici. Come riferito dal dipendente nel documento in oggetto si dice che la frutta e la verdura contengono alte concentrazioni di ossidano, un agente tossico che se presente in concentrazioni elevate può anche provocare la morte. La Coop è stata multata centinaia di volte dopo i continui controlli ma anche cambiando fornitore l’ossidano rimaneva in concentrazioni superiori alla norma.

Purtroppo ancora oggi ci dice il dipendente che la Coop è sanzionata per questo motivo e non riesce a trovare soluzione. La situazione è ancora peggiorata ritrovando l’ossidano anche negli scarichi fognari provenienti dall’azienda, ovviamente la cooperativa di consumo sta cercando di nascondere tutto ai clienti per evitare una ulteriore crisi.

Infatti la Coop a causa di queste multe continue ha avuto un calo economico dello 80% e la sua clientela si è ridotta drasticamente, ha anche dovuto chiudere molti suoi punti vendita e si prevedono anche molti altri licenziamenti nel Lazio e nella Toscana.

Ormai la situazione è fuori controllo e non si sa se l’azienda riuscirà a riprendersi.

Non ci resta altro che sperare, queste sono le ultime parole amare del dipendente che ha preferito rimanere anonimo per evitare il licenziamento. Noi ringraziamo comunque quest’ uomo per il suo coraggio e per la sua disponibilità.

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Pescatori del Trasimeno: la rivincita del pesce di lago

di Sara Pieretti, 17 anni, delliceo G. Alessi di Perugia

“Divulgare una diversa cultura delle acque”: è questo l’obbiettivo che si prefigge la Cooperativa Pescatori del Trasimeno. L’associazione, tre le più antiche d’Italia, vuole educare al tema della pesca e al consumo consapevole di pesce e si impegna per contrastare la perdita di biodiversità ittica che si sta verificando nelle acque italiane e che rischia di diventare irreversibile. Oltre a  sensibilizzare l’opinione pubblica su questa problematica, i Pescatori del Trasimeno cercano anche di promuovere un metodo di pesca rispettoso della stagionalità e, soprattutto, all’insegna della sostenibilità. Per la cooperativa è infatti una prassi pescare “passivamente”: invece di andare a cercare le prede con la canna da pesca si fa uso delle reti, molto simili a quelle usate al tempo degli Etruschi, in cui il pesce rimane intrappolato solo se le incontra sul proprio cammino.
Il Presidente dell’associazione, Aurelio Cocchini, sostiene che la Cooperativa costituisca la maggiore realtà  economica della zona, tuttora in crescita, e preannuncia la rivincita del pesce di lago, che solitamente viene snobbato perché ritenuto “meno buono” di quello di mare ma in realtà è prelibato e soprattutto più sicuro: Greenpeace ha effettuato nel 2017 un’indagine sulle condizioni di inquinamento del Mar Mediterraneo, arrivando a stimare che ci siano “5.250 miliardi di pezzi di rifiuti di plastica del peso di 268.940 tonnellate che galleggiano in mare, escludendo quelli presenti sui fondali o sulle spiagge”. Quantità enormi, insomma, che purtroppo ci arrivano in tavola con il pesce, sotto forma di microplastiche. In questo senso il pescato del Trasimeno si differenzia da quello delle grandi compagnie ittiche perché garantisce la qualità del prodotto: un campionamento effettuato da Legambiente ed Enea nello scorso anno, per rilevare la quantità di microplastiche presenti nelle acque interne italiane, ha visto il lago umbro spiccare per essere il più pulito tra i maggiori bacini italiani. Certo, l’inquinamento nel Trasimeno non è del tutto assente (7.914 particelle su chilometro quadrato), ma è di gran lunga più contenuto di quello marino o di laghi come quello di Como (fino a 500mila particelle/km quadrato) o il Maggiore (con picchi di oltre 560mila particelle/ km quadrato). Il pesce proveniente dallo specchio umbro è anche tracciabile: grazie al modello di filiera corta adottato dalla Cooperativa, il pescato viene interamente trasformato nel laboratorio locale di San Feliciano e poi venduto, e chi lo desidera ha la possibilità di assistere a tutto il processo di lavorazione che accompagna il prodotto dalla rete al piatto. 
Il Presidente Cocchini incoraggia per questo a mangiare il pescato del Lago Trasimeno: “Possiamo offrire un pesce sano, garantito. Quello di mare chissà da dove viene”.

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La ballata di Nettlefield

racconto di Marco Zuaro, 17 anni

L’effetto Farfalla, in fisica e matematica, è una locuzione della teoria del caos. Questo effetto si basa sul concetto che anche la minima variazione nelle condizioni iniziali può causare drammatici effetti sul sistema a lungo termine. Turing sosteneva che lo spostamento di un singolo elettrone avrebbe potuto prevenire o causare una valanga l’anno successivo. Un grande equilibrio rotto da una minima incosciente variazione.
Preludio
Gayle Myers attraversò velocemente il parcheggio della scuola, cercando dentro allo zaino le chiavi della mustang che le aveva prestato il padre. Per un momento il terrore di averle perse le attanagliò lo stomaco. Poi aprì la tasca davanti dello zaino. Che cosa avrebbe pensato suo padre se avesse perso le chiavi proprio il primo giorno che le aveva prestato la macchina? … (continua nel pdf sfogliabile)

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