di Raffaele Bianco, 17 anni, de La Siringa del liceo Alessi di Perugia
In questa ultima campagna elettorale dove non sono state risparmiate promesse a piene mani, dopo il reddito di cittadinanza e la riduzione della tassazione, è stato persino messo in vendita uno strumento di tutela per i cittadini e l’ambiente: si è parlato infatti di abolizione dell’obbligo del Bilancio di Sostenibilità per le imprese, una grande conquista sociale che interessi di parte dei grandi gruppi economici vorrebbero mettere a rischio. Si tratta certamente di un provvedimento favorevole soltanto al profitto delle imprese e che non è rivolto alla tutela delle persone.
Sebbene infatti la direttiva nr. 95 del 2014 del Parlamento e del Consiglio dell’Unione Europea abbia reso obbligatorio questo tipo di bilancio per le imprese di grandi dimensioni che costituiscono enti di interesse pubblico e per gli enti pubblici che sono imprese madri di un gruppo di grandi dimensioni, tale direttiva viene reputata un rallentatore nello sviluppo delle imprese da parte dell’eminenza grigia dell’economia nonché dai dirigenti dei grandi poli societari. Recita infatti pieno di prosopopea elettorale il politico di turno: “la burocrazia e l’eccessiva rendicontazione sta soffocando le nostre aziende e ne limita il campo di azione, la nostra economia deve rifiorire forte di una nuova libertà”.
Ma in tutto questo i diritti degli skateholders, cioè di coloro su cui l’attività di impresa ha un impatto, siano essi cittadini, dipendenti, fornitori, clienti, autorità locali o altri, che fine fanno? Se le imprese non hanno più l’obbligo di rendicontazione, in un mondo in cui il profitto detta le regole, quali saranno quelle imprese dal profondo senso etico che si occuperanno per scelta e non per obbligo e per immagine dell’impatto sociale ed ambientale della loro attività? E se nessuno sarà più preposto a controllare l’attività delle imprese non solo da un punto di vista economico, a quale futuro dobbiamo prepararci?
Una tale promessa elettorale sembra inoltre proprio in controtendenza con l’orientamento europeo che è sempre più indirizzato verso un metodo uniforme di redazione del Bilancio di Sostenibilità come testimonia l’entrata in vigore dal prossimo luglio 2018 della versione aggiornata del GRI (Global Reporting Initiative) con le sue nuove trentasei linee guida. Persino l’EIPA (Ente Italiano Protezione Ambientale) per disingannare gli elettori ed opporsi a questa possibile futura proposta di legge tutta italiana ha pubblicato una previsione dell’impatto che avrebbe nei prossimi tre anni l’abolizione dell’obbligo del Bilancio di Sostenibilità: incremento della produzione di CO2 quindici volte superiore a quella attuale, terreni agricoli avvelenati dai residui tossici, inquinamento delle falde acquifere, aria con una percentuale più alta di particelle pesanti, un reale pericolo per ogni singolo cittadino. Se questo provvedimento fosse approvato dal Parlamento Italiano nella prossima legislatura, nell’arco di un solo decennio lo scenario del paese peggiorerebbe drasticamente portando l’Italia ad essere il fanalino di coda sia nel rispetto dell’ambiente che nella sicurezza e salute dei suoi cittadini.
cod 1520883469122