I pirati dei Raee: tra abusivismo ed export illegale

inchiesta multimediale di Pietro Mecarozzi, 25 anni,

https://readymag.com/1290778
https://readymag.com/1309619

Umberto Eco la chiamava “bulimia senza scopo”, mentre nel gergo tecnico viene definita come obsolescenza percepita. L’esempio più comune per spiegare questo fenomeno, è quando un nuovo smartphone ci dà molto poco rispetto al vecchio, ma quest’ultimo diventa obsoleto dal momento in cui si viene attratti dal desiderio del ricambio. Il modello vecchio diventa così un oggetto d’antiquariato e di conseguenza il suo valore scende in picchiata, magari, nel giro di pochi mesi dal suo lancio sul mercato. I rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, pertanto, sono anche quest’ultimi.
Comunemente conosciuti come Raee, a inserirsi in questa categoria sono tutte quelle apparecchiature di tipo elettrico o elettronico guaste, inutilizzate, obsolete o comunque destinate all’abbandono.
La tecnologia è in una fase di ascesa vertiginosa, come allo stesso tempo di invecchiamento precoce: il nuovo nasce con l’ombra di un modello ancora più moderno e all’avanguardia sulle sue spalle, e così via, a quanto si può prevedere, all’infinto. Un continuo ricambio generazionale, in termini di hi-tech.
Ma ci siamo mai chiesti dove finiscono i milioni di smartphone, di tablet o di lavatrici che ci apprestiamo a rinnovare al primo segno di usura o all’uscita di un modello esteticamente e tecnologicamente più promettente?

 

Il continente discarica

Nel 2018, a livello globale, sono stati prodotti circa 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, l’equivalente di 4.500 Torre Eiffel. Nel 2050 è stato calcolato che supereranno i 120 milioni, di pari passo con l’avanzare repente della tecnologia. Allo stato attuale, con un corretto smaltimento dei Raee si avrebbe un giro di affari di circa 62,5 miliardi di dollari: dovuti soprattutto alla presenza di ferro, oro, argento, rame e alluminio, ma anche di quei componenti cosiddetti terre rare (lantanio, ittrio, cerio, samario), ambìti in particolare dalle industrie militari e aerospaziali.
Tuttavia, la percentuale di Raee correttamente smaltita in termini globali è del 20%.
Dove finiscono quindi i rifiuti che non vengono trattati?

Calliope

Racconto di Marco Zuaro, 18 anni, di Monte Porzio Catone (Rm)

Parte 1

Matteo stava camminando verso la stazione. Il calore ristagnava nelle strade, e l’asfalto sembrava vibrare nell’accecante luce d’Agosto. L’aria era ferma, ma i suoi capelli biondi galleggiavano ritmicamente nell’aria, conferendogli una buffa area puerile che male si sposava con le lunghe gambe coperte dalla altrettanto bionda peluria adolescenziale. Nonostante il sudore impregnasse la t-shirt di cotone e la gola fosse secca per la sete, queste gambe procedevano a tamburo battente, senza dare alcun segno di volersi fermare. Con un area estremamente rilassata Matteo proseguiva la sua celere marcia, incitato dal peso del piccolo zaino che portava alle spalle, che ad ogni passo sobbalzava leggermente, ricordandogli il contenuto. Ogni volta che pensava di rallentare o fermarsi sotto l’ombra di uno dei grandi alberi del vialone, per far calmare i giramenti di testa che lo assalivano in fitte intermittenti, bastava un colpetto dello zainetto per ricordargli la sua missione e che doveva concluderla al più presto. Solo per una cosa si fermò: un vecchio sudato e grinzoso era seduto vicino ad una fontanella e chiedeva l’elemosina. Il cappello a terra era vuoto e il poverino sembrava molto sofferente nell’arsura. La vuotezza di quel cappello fece molta pena a Matteo, che senza esitazione infilò la mano nella tasca dei pantaloncini, estraendone una banconota da cinque euro tutta stropicciata che depose nel cappello a terra. La smorfia di dolore del vecchio si convertì in un sorriso di gratitudine che gli riempì il cuore di sincera e disinteressata gioia, e lo incoraggiò a proseguire lungo il suo percorso con nuovo entusiasmo. Appena il vecchio stabilì che il ragazzino era sufficientemente lontano, arraffò la banconota e la nascose in tasca, per poi riprendere la pantomima. (…)

SU(SH)ICIDIO

di Raffaele Bianco, Mario Bucaneve, Margherita Esposito e Leonardo Suvieri, 18/19 anni, liceo Alessi di Perugia

Piatti che sbattono, sedie che strisciano, un vocio forte e costante a tratti intervallato da qualche sonora risata o dal campanello della porta che suona. Puzza di fritto. Di colpo una voce: “vuole oldinale?”.

Sembra questo il perfetto scenario che anticipa una grandiosa abbuffata di sushi, ma quello che finora è stato un luogo di gioia e piacere potrebbe diventare, secondo le utime ricerche, un pericolo per tutti i clienti. E’ l’Anisakis il protagonista di questo scandalo scientifico.

Da sempre si conosce la pericolosità di questo piccolo verme che si annida nelle carni della fauna ittica,  solo recentemente però sta aquistando i tratti di un serio problema. Fino a pochi anni fa, per eliminare questo parassita bastava portarlo ad alte o basse temperature, di conseguenza era sufficiente la cottura o l’abbattimento a una temperatura compresa tra i -18 e i -20 gradi per almeno 96 ore.

Gli ultimi studi della Shanghai Ocean University hanno invece evidenziato una disarmante nuova resistenza dall’Anisakis alle temperature. Esso ha infatti sviluppato una membrana termoregolatrice in grado di proteggerlo dai forti shock termici ai quali le nuove correnti lo sottoponevano.

Lo scioglimento delle calotte polari ha modificato, negli ultimi decenni, il fenomeno delle correnti. Grandi ammassi di acqua fredda  appena sciolti si riversano infatti in mare, producendo freddi spostamenti sottomarini fino ad allora inesistenti. L’Anisakis trovandosi in queste nuove condizioni ha subito una mutazione che ha portato alla nascita del nuovo ceppo munito di membrana.

Questa nuova capacità termoregolativa diventa pericolosa nella preparazione di piatti a base di pesce crudo, compreso il popolarissimo sushi. I miseri -20 gradi dell’abbattitore non premettono infatti in alcuni casi di rendere il pesce sicuro, conservando al suo interno il parassita vivo.

Gli studi della Shanghai Ocean University rivelano infatti che per debellare il verme sono necessarie temperature inferiori ai 246 kelvin (circa -27 gradi celsius) o intorno ai 253 kelvin (circa -20) per almeno 216 ore. Gli scenziati del sol levante si raccomandano infatti di utilizzare processi di sterilizzazione adeguati soprattutto nelle proprie abitazioni, cuocendo ad alte temperature e evitando il più possibile prodotti ittici crudi al fine di evitare problemi di salute.

L’Anisakis infatti se ingerito penetra immediatamente nella mucosa gastrica causando dolore addominale e nausea, nei casi più gravi le larve si sviluppano anche nella zona intestinale causando importanti risposte immunitarie, febbre e diarrea.   

Per i coraggiosi ancora pronti a mangiare sushi non resta che sperare che il pesce sia trattato a dovere e augurarvi 胃口好 (buon appetito).

La Terra dei Fuochi: Forse un’Altra Storia

di Rebecca Vitelli, 24 anni, di Carpineto Romano

In campo ambientale una delle storie più tristemente note è, certamente, quella della Terra dei Fuochi, ovvero l’area compresa tra Nola, Marigliano e Acerra, così rinominata per i roghi tossici che l’hanno caratterizzata fino a qualche anno fa.

L’interesse di gruppi criminali per il settore ambientale e, nello specifico, per lo smaltimento di rifiuti, è tutt’altro che recente ed è testimoniato su tutto il territorio nazionale. Il tutto nasce dagli anni ’70, quando le organizzazioni criminali hanno intravisto la profittabilità di questo nuovo settore, poco regolato e con controlli molto sporadici. A fronte di un’alta remuneratività, il rischio corso era relativamente basso. La posta in palio era, dunque, alta.

E tu lo sai cos’hai nel piatto?

di Valentina Diani, Alessandra Orza, Greta Brigati,  16 anni, del III Liceo Colombini di Piacenza

Non è mai facile essere consapevoli di che cosa si abbia nel piatto e che cosa contengano gli alimenti che assumiamo ogni giorno.

Molti di noi nemmeno fanno caso agli ingredienti indicati sulle etichette dei prodotti che acquistano e finiscono spesso con l’ingerire cibi altamente elaborati che contengono decine e decine di ingredienti chimici potenzialmente nocivi per la nostra salute.

L’etichetta, difatti, è la carta d’identità dell’alimento: riporta informazioni sul contenuto nutrizionale del prodotto e fornisce una serie di indicazioni per comprendere come i diversi alimenti concorrono ad una dieta corretta ed equilibrata.

Saper leggere correttamente le etichette rappresenta un atto di responsabilità verso il nostro benessere e verso quello delle persone che mangiano le cose che acquistiamo. Ci aiuta, infatti, ad impostare una sana alimentazione.

Polli, discussione aperta

di Margherita Cardinali e Filippo Paparelli, 15 anni, del liceo G. Alessi di Perugia, coordinamento Annalisa Persichetti e Chiara Fardella

foto-bambino-con-pulcinoUno degli argomenti più discussi in questi ultimi anni è la carne di pollo. Ci sono diverse teorie da smentire su questo argomento. Molte persone pensano che non ci siano controlli sui polli, che siano riempiti di antibiotici per accelerare la crescita e che non mangino nel modo giusto. Perciò abbiamo intervistato un allevatore di polli per chiarire questa questione.

Le differenze tra biologico e non biologico sono: il mangime, il numero di animali allevabili e la struttura dove vengono cresciuti.