Il clima è un bene comune, di tutti e per tutti

di Simone Barrella, Gabriele Bettini, Simone Gargani (17 anni,  3°A Meccanici -IISS Mattei, Rosignano – Livorno)

Cielo nuvoloso foto di Simone Barrella 1448960580962

I cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità.” (L.S. 25)

“Esiste un consenso scientifico molto consistente che indica che siamo in presenza di un preoccupante riscaldamento del sistema climatico.…L’umanità è chiamata a prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stile di vita, di produzione e di consumo, per combattere questo riscaldamento o, almeno, le cause umane che lo producono e lo accentuano.”(L.S. 23)

 Così Papa Francesco scrive nella sua enciclica “Laudato sì” che vuole essere momento di riflessione e di apertura delle menti dell’umanità del nostro tempo. Mai nella storia della Chiesa Cattolica un Papa si è espresso così fortemente riguardo a problematiche ambientali.

Papa Francesco pone l’accento “sulla cura della casa comune”. Non volendosi dimenticare delle situazioni di povertà, ricorda, “fra i poveri più abbandonati e maltrattati” anche “la nostra oppressa e devastata terra”, dando l’allarme anche per quanto riguarda il riscaldamento globale.

Nelle parole del Papa si coglie l’urgenza di fare qualcosa per salvare la Terra e di conseguenza l’umanità che ne fa parte: “Le previsioni catastrofiche ormai non si possono più guardare con disprezzo e ironia. Potremmo lasciare alle prossime generazioni troppe macerie, deserti e sporcizia”. (LS 161)

Nella quasi indifferenza della nostra quotidianità riguardo a questo argomento, abbiamo cominciato a farci delle domande: “Perché un Papa parla della terra come di un essere povero, oppresso e devastato? “Che cosa veramente sta succedendo alla Terra?”

Abbiamo intervistato il Dr. Andrea Scartazza dell’Istituto di Biologia Agroambientale e Forestale (IBAF) del CNR per saperne di più sui cambiamenti climatici.

 Quando si può parlare di cambiamenti climatici?

“Il 5° rapporto del Comitato Intergovernativo per i Cambiamenti Climatici dell’ONU (IPCC, 2014) riporta una dettagliata e rigorosa valutazione scientifica e socio-economica sui cambiamenti climatici e sui possibili impatti sull’uomo e sull’ambiente. Questa commissione scientifica internazionale mostra come il riscaldamento del sistema climatico sia oramai un fenomeno inequivocabile e come esso possa essere ricondotto, con elevata probabilità (very high confidence), all’influenza dell’uomo e delle sue attività. Le concentrazioni atmosferiche di gas ad effetto serra (anidride carbonica, metano e protossido di azoto) sono aumentate a livelli che non hanno precedenti negli ultimi 800.000 anni, modificando il bilancio radiativo terrestre con conseguenti impatti sui sistemi naturali ed umani su tutti i continenti e gli oceani. In particolare, l’atmosfera e l’oceano si sono riscaldati, la massa di neve e di ghiaccio è diminuita, il livello del mare è aumentato e gli eventi meteorologici estremi, come precipitazioni intense ed ondate di calore, sono diventati più frequenti. Tra il 1880 e il 2012 la temperatura della superficie terrestre e degli oceani è salita di 0,85°C, ad un ritmo troppo veloce per consentire al nostro Pianeta di adeguarsi in tempi altrettanto rapidi. La maggior parte degli scienziati concorda sul fatto che il riscaldamento globale debba essere mantenuto sotto i 2°C per non raggiungere quella che viene considerata una “soglia di non ritorno” che comprometterebbe in modo irreversibile il clima della Terra, mettendo a rischio le generazioni future”.

I cambiamenti climatici di una zona sono direttamente proporzionali ai gas serra prodotti in quella stessa zona?

“Gli scienziati si riferiscono agli attuali cambiamenti climatici usando il termine Global Change (cambiamento globale), ad indicare come essi non siano limitati ad una determinata area o regione specifica della Terra e non dipendano dal luogo di emissione dei gas serra. Questi cambiamenti, infatti, modificando il bilancio energetico terrestre, si riflettono inevitabilmente sulla così detta “macchina del Clima” e quindi sulla circolazione generale dell’atmosfera (venti) e degli oceani (correnti), con ripercussioni spesso imprevedibili in ogni angolo del nostro Pianeta piccolo o grande che sia. Per questo motivo la sfida per ridurre i rischi associati ai cambiamenti climatici deve rappresentare un obiettivo scientifico ed un imperativo morale che accomuna tutti i popoli della Terra, indipendentemente dalla loro provenienza, ceto di appartenenza, religione o origine etnica”.

Se si fermasse l’inquinamento di gas serra, il clima potrebbe tornare come prima?

“L’IPCC, utilizzando differenti modelli previsionali, ha evidenziato come le emissioni totali di CO2 determineranno un ulteriore riscaldamento globale della superficie terrestre entro la fine del 21° secolo ed oltre. Ciò è dovuto all’inerzia del sistema climatico che richiede tempi di risposta molto lunghi, per cui la maggior parte dei trend e degli effetti descritti in precedenza persisteranno per molti secoli anche se si riuscisse a ridurre, o nella migliore delle ipotesi, ad azzerare le emissioni di CO2. Quest’ultima conclusione dell’IPCC mette chiaramente in evidenza come le emissioni di CO2 passate, presenti e future porterà a dei cambiamenti irreversibili e come la lotta per contrastare i loro effetti sarà inevitabilmente lunga, abbracciando più generazioni”.

 Che cosa si può fare per contrastare i cambiamenti climatici?

La concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è aumentata di circa il 40% rispetto all’epoca pre-industriale, a causa principalmente dell’emissione di combustibili fossili e dei cambiamenti di uso del suolo (in particolare la deforestazione). Qual è il destino di questa CO2? Una quota (circa 24%) viene assorbita dagli oceani, provocando tra l’altro la loro acidificazione, un’altra (circa 30%) viene assorbita dagli ecosistemi terrestri, la rimante (circa 45%) viene accumulata nell’atmosfera ed è quindi responsabile degli attuali cambiamenti climatici. I percorsi di mitigazione necessari per rallentare l’incremento della CO2 atmosferica, e quindi per mantenere il riscaldamento globale al di sotto della fatidica soglia di 2°C, richiedono un approccio integrato, con azioni rivolte, da una parte, a ridurre in modo sostanziale il consumo di energia e le emissioni di gas serra nei prossimi decenni (riduzione delle emissioni nette) e, dall’altra, a favorire la capacità di stoccaggio del carbonio da parte degli oceani e degli ecosistemi terrestri (aumento degli assorbimenti). Quest’ultimo obiettivo, può essere perseguito con interventi nel settore agricolo e forestale finalizzati a migliorare l’assorbimento di carbonio da parte degli agroecosistemi. Tra questi rientrano l’uso di corrette pratiche agricole finalizzate al mantenimento/ripristino del contenuto di sostanza organica nei suoli, il rimboschimento, la gestione sostenibile delle foreste e la riduzione della deforestazione. In particolare, le foreste occupano circa il 30% delle terre emerse e sono responsabili di circa il 65% della produttività primaria di tutti gli ecosistemi terrestri (il 40% circa di quella globale), che esprime la velocità con la quale l’energia solare viene convertita in sostanza organica attraverso il processo fotosintetico. E’ stato inoltre dimostrato come le foreste negli ultimi decenni abbiano assorbito tra il 20 ed il 30% delle emissioni di gas serra causate dalle attività umane. Da questo si capisce come la conservazione e la gestione di queste fondamentali riserve di carbonio siano aspetti prioritari nell’ambito delle azioni di mitigazione necessarie a contrastare il cambiamento climatico”.

Abbiamo capito come la scienza si stia muovendo per il ripristino e la salvaguardia delle foreste per favorire l’assorbimento del carbonio.

A questo proposito abbiamo scoperto che esistono degli studi sui benefici apportati anche dal verde urbano per mitigare gli effetti del riscaldamento globale. Gli inquinanti prodotti nelle città e la CO2 presente in atmosfera possono essere assorbiti dalle foreste urbane, le quali interagiscono anche con altri gas atmosferici inquinanti, apportando un grosso miglioramento dell’ambiente.

Per saperne di più, abbiamo intervistato uno dei massimi esperti a livello mondiale di Urban Forestry, il Dr. Carlo Calfapietra, dell’Istituto di Biologia Agroambientale e Forestale (IBAF) del CNR, coordinatore del progetto Europeo GreenInUrbs,

 

Esempio di verde urbano (foto di Simone Barrella) 1448960580962Che ruolo hanno le “foreste urbane” nel mitigare i cambiamenti climatici?

Le foreste urbane contribuiscono alla lotta ai cambiamenti climatici grazie alle loro proprietà ecologiche. Le piante sono in grado di assorbire l’anidride carbonica (CO₂), uno dei più importanti inquinanti responsabili dell’effetto serra, e fissare il carbonio nei propri tessuti. Inoltre, in città, gli alberi entrano in contatto con altre sostanze dannose per l’ambiente, come l’ozono (O₃), il biossido di azoto (NO₂), il monossido di carbonio (CO), l’anidride solforosa (SO₂) e il particolato (PM₁₀, ). L’azione degli organismi vegetali sull’abbattimento di alte concentrazioni di inquinanti atmosferici può avvenire secondo due grandi tipologie di azione: l’assorbimento attraverso gli stomi delle foglie e la deposizione secca sulle strutture vegetali. La prima si riferisce all’interazione che le piante hanno con l’anidride carbonica, che viene utilizzata per la formazione degli zuccheri e quindi per la sua crescita, ma anche con gli altri gas serra, che le piante assorbono indirettamente durante l’apertura degli stomi. La seconda tipologia, invece, fa riferimento all’azione che le piante svolgono nel ridurre il particolato prodotto nelle aree urbane. Il particolato viene classificato di norma come PM₁₀ e in base al diametro delle sue particelle. Tali particelle sono particolarmente pericolose per la salute umana in quanto possono facilmente essere inalate e andare quindi a disturbare l’attività respiratoria. La foresta urbana, dunque, tramite i flussi turbolenti creati attorno alle strutture vegetali e i processi di deposizione secca, presenta una concreta efficacia nell’abbattimento della concentrazione del particolato atmosferico. Un altro importante ruolo che svolgono le foreste urbane è la mitigazione degli effetti prodotti dal cambiamento climatico. Uno tra questi è l’aumento di temperatura che, soprattutto in città, è avvertibile in particolare durante l’estate e che può diventare pericoloso per la salute umana. Gli alberi, infatti, influenzano il microclima delle aree abitate attraverso l’evapotraspirazione e l’ombreggiamento, contribuendo alla diminuzione della temperatura e alla riduzione dell’effetto “isola di calore”. Ciò determina, indirettamente, un notevole risparmio energetico dovuto al minor utilizzo del condizionatore evitando, così, ulteriore emissione di CO₂ in atmosfera. Infine le piante, attraverso le proprie radici, riducono il ruscellamento delle acque superficiali dovuto alla grande percentuale di superficie in cemento presente in città. In un periodo storico in cui il clima è sempre più incerto, dove all’aumento dell’aridità estiva si associano periodi di piogge intense ma brevi, il ruolo svolto dagli alberi diventa molto importante per la riduzione del rischio idrogeologico”.

 Esempio di verde urbano  (foto di Laura Filippi) 1448960580962

Quali sono i criteri per la scelta delle piante da utilizzare in ambiente cittadino?

“La valutazione degli spazi verdi e delle loro potenzialità richiede competenze multidisciplinari che spaziano dalla selvicoltura urbana alla pianificazione urbana, all’ecologia e fisiologia delle piante, all’economia, alla sociologia, all’educazione e alla formazione. Volendo tener conto di quelli che sono i criteri, nella scelta delle piante, che massimizzano i servizi che queste svolgono per l’ambiente, occorre far riferimento al ruolo ecologico delle foreste urbane. Primo parametro fondamentale da tenere in considerazione è il clima in cui crescerà la pianta; è necessario soddisfare i requisiti ecologici che caratterizzano ciascuna specie. In secondo luogo è importante analizzare i servizi ambientali che possono svolgere gli alberi. Per massimizzare l’assorbimento della CO₂ bisogna prediligere specie che coniugano rapida crescita e longevità, in quanto le specie a rapido accrescimento inizialmente fissano maggiori quantità di anidride carbonica ma è anche importante valutare specie resistenti a stress che in ambiente urbano sono più rilevanti di aree naturali. Altro importante fattore da valutare sono i problemi relativi all’inquinamento della città. In aree sottoposte a livelli di particolato molto alti, i quali si registrano soprattutto in inverno, prima di tutto occorre scegliere specie sempreverdi e in secondo luogo che presentino una grande densità fogliare per favorire la deposizione secca sulle strutture vegetali. Altra situazione è invece il problema legato all’ozono. Le piante emettono, per la comunicazione e la difesa da parassiti, o in caso di stress, dei composti organici voltali (VOCs), come gli isoprenoidi e i monoterpeni, che hanno un ruolo nella formazione dello smog fotochimico nella troposfera, il quale porta alla formazione di O₃ ed altri inquinanti secondari. E’ quindi opportuno scegliere per l’ambiente urbano specie arboree che siano basse emettitrici di VOCs come l’acero ed il tiglio. Inoltre può essere importante, durante la stagione invernale, il ruolo che possono svolgere le piante opponendosi come barriera fisica alla velocità del vento e impedendo così un eccessivo raffreddamento dell’aria. A tal fine possono essere utilizzate le conifere e le sempreverdi in generale, che grazie alle loro chiome molto dense rispondono a tale obiettivo. Infine, dato il grande utilizzo in ambiente urbano di alberi all’interno di parchi ed aree verdi, le quali vengono utilizzate dai cittadini per attività sportive e ricreative, sarebbe auspicabile scegliere specie che siano a basso potere allergenico, come l’albero di giuda e il cedro”.

 

Quali sono gli altri benefici in campo ambientale, economico e sociale che scaturiscono dalla presenza di “foreste urbane”?

“L’importanza delle foreste urbane risiede nella loro capacità di offrire servizi e benefici per la città non solo in termini ambientali, ma anche in campo economico e sociale. Oltre alla lotta ai cambiamenti climatici, al miglioramento della qualità dell’aria, all’ombreggiamento estivo, alla riduzione della velocità del vento e del ruscellamento delle acque superficiali, sono connessi a questi servizi ecosistemici interessanti vantaggi economici. È stato visto come l’ombreggiamento offerto dalle chiome degli alberi in estate e la riduzione della velocità del vento in inverno permettono un notevole risparmio energetico, dovuto al minor utilizzo del riscaldamento e dei condizionatori, un risparmio economico ed un vantaggio in termini ambientali. Inoltre non è da trascurare il ruolo estetico offerto dalle piante, da cui dipendono vantaggi economici; in quartieri più verdi il valore delle case è più alto oppure la possibilità di un parcheggio ombreggiato dalle chiome degli alberi è un parametro che influenza la scelta di un supermercato rispetto ad un altro che ne è sprovvisto. Inoltre le foreste urbane rivestono un importante ruolo sociale, in quanto rappresentano lo spazio fisico all’interno del quale si concentrano le attività ricreative, ludiche e sportive della città. La presenza in queste aree delle piante migliora il benessere dei bambini, che entrano in contatto con la natura e ricevono nuovi stimoli utili alla loro crescita, degli adulti, che trovano un luogo in cui poter estraniarsi dallo stress cittadino e degli sportivi che beneficiano della migliore qualità dell’aria”.

 

I cittadini cosa possono fare per promuovere e incrementare le “foreste urbane”?

“La conoscenza dei servizi che possono svolgere le foreste urbane in campo ambientale, economico e sociale è il punto di partenza per i cittadini al fine di promuovere e sostenere la qualità degli spazi verdi all’interno della città. L’educazione ambientale e la conoscenza delle tematiche legate alle foreste urbane deve essere promossa nei Comuni, nelle scuole e nella società affinché si sviluppino azioni concrete, sia nelle scelte politiche e gestionali che nella pratica quotidiana attraverso iniziative volontarie. Un’azione concreta potrebbe essere il recupero ambientale di molti terreni presenti sia all’ interno delle città che nelle grandi aree periurbane, che spesso offrono grosse possibilità di accumulare carbonio attraverso programmi di forestazione. In tal modo si potrebbe non solo valorizzare, dal punto di vista estetico, aree degradate ma anche donare alla città un piccolo polmone verde. In questo senso il Million Trees New York City è un ottimo esempio”.

Foresta 1448960580962

Le interviste fatte al Dr. Andrea Scartazza e al Dr. Carlo Calfapietra ci hanno resi ancora più consapevoli di quanto il clima stia realmente modificando il modo di vivere sul nostro Pianeta e di quanto questo richiami l’attenzione dei più influenti uomini della Terra ( ne è un esempio l’enciclica di Papa Francesco).

Dalle risposte emerge quanto sia critica la situazione che stiamo vivendo, con i capi di Stato che, nonostante numerosi tentativi (tra cui il recente COP21 di Parigi), fanno fatica a limitare le emissioni di gas serra e, di conseguenza, anche l’innalzamento delle temperature, rischiando di avvicinarsi alla soglia critica dei 2°C.

Una delle soluzioni per la mitigazione del fenomeno potrebbe essere la formazione di nuove foreste urbane che, oltre a creare spazi esteticamente belli nelle città, dove poter passare giornate all’aperto e trovare zone d’ombra, limitano in modo molto significativo ed efficace le particelle sottili e la CO2 presenti nell’aria con evidenti vantaggi sulla salute e il benessere dei cittadini.

Un esempio in Italia di un intervento architettonico che tenga conto, oltre che di aspetti estetici, anche delle esigenze ambientali in città, è il “Bosco verticale” di Milano.

Per saperne di più abbiamo intervistato il suo ideatore, l’architetto Stefano Boeri.

 FOTO Bosco verticale (Credits by Paolo Rosselli) 1448960580962

Architetto Boeri, come le è venuta l’idea di creare il “Bosco verticale”?

L’idea non mi è venuta in modo lineare. Le idee accadono ad un certo punto e uno se le trova dentro. Non è che uno pensa: ora mi faccio venire un’idea; ci sono state diverse ispirazioni, molto diverse: una è venuta da un artista austriaco ( Hundertwasser), che a Vienna ha costruito delle case con gli alberi che escono dalle finestre, oppure un altro artista che si chiama Joseph Beuys che nel 1982 ha venduto 7.000 pietre di basalto e con quelle ha comprato 7.000 querce piantate in tutta la città, oppure ancora Celentano che nel 1972 ha scritto una canzone dal titolo “Un albero di trenta piani” oppure ancora Italo Calvino che nel 1957 ha scritto una fiaba “Barone rampante” dove un ragazzino di dodici anni decide di vivere solo sulle fronde degli alberi; oppure ancora mia madre che nel 1969, era un architetto, ha fatto una casa in un bosco vicino a Milano che io frequentavo da bambino; tutte cose di questo tipo; ad un certo punto ho avuto l’occasione di trasformare tutta questa ossessione per gli alberi, che ho sempre avuto, in un progetto vero e proprio e l’ho fatto”.

Quali materiali sono stati utilizzati per il grattacielo?

“Ceramica in facciata, che appunto, viene dalla terra e acciaio per la struttura, vetri, pavimenti in legno, o anch’essi in ceramica; l’edificio è un edificio tradizionale e ha una struttura di ferro e acciaio, cemento armato, quindi struttura molto semplice, sono materiali abbastanza comuni. Comunque è chiaro che essendoci più di due chilometri di vasi con un terreno predisposto, la presenza di così tanta terra lo rende un edificio particolare. La presenza di così tanta terra in un edificio è eccezionale”.

 Che tipo di piante sono state utilizzate per il “Bosco verticale”?

“Abbiamo scelto le piante in ragione dell’esposizione al sole, in ragione dell’umidità che cambia salendo e in ragione della ventosità, che nei piani alti è superiore, abbiamo scelto delle piante caducifoglie tendenzialmente nei lati nord dove la luce è molto poca, gli alberi impedirebbero il passaggio della luce solare. Delle piante come ulivi o limoni non caducifoglie nel lato sud dove invece c’è una condizione climatica più mediterranea., e non c’è problema di ombreggiamento.

Questo vale per tutto il resto; ci sono più di cento specie di piante, arbusti e alberi e queste sono state valutate dai botanici che hanno collaborato con noi, in particolar modo da Laura Gatti, che ha fatto un lavoro di selezione molto attenta”.

Quanti ettari di bosco ci sono in totale sul grattacielo?

“Ci sono circa 21.000 piante tra 800 alberi, più di 4.500 arbusti,15.000 piante di altro tipo equivalenti a circa due ettari di un bosco”.

 E’ più difficoltosa la manutenzione di un edificio di questo tipo rispetto ad un edificio tradizionale?

“E’ una manutenzione particolare sui balconi. Di edifici con balconi ce ne sono migliaia e hanno tutti una manutenzione per cui due/tre volte l’anno bisogna, come dire, prendersi cura che le foglie non intralcino i canalini dell’acqua, l’irrigazione sia funzionante, che non serva aggiungere il terreno, questa cosa viene fatta una volta con la manutenzione dall’esterno, ci sono degli arboricoltori che sono diventati anche dei climbers, si calano dal tetto. Abbiamo realizzato un filmato che li riprende all’opera e si chiama ”the flyngers gardeners”; ci sono poi interventi dall’interno delle abitazioni, più semplici, potature, controllo, ecc. ecc…

Non è poi comunque particolare la manutenzione se non fosse per il fatto che, essendo molte di più le superfici e gli spazi con la presenza di piante, questo aspetto diventa un aspetto importante”.

Ha un feedback degli abitanti del quartiere e del palazzo stesso?

“Dalla città c’è un feedback molto buono, è riconosciuto come uno dei simboli di Milano, perfino Renato Pozzetto, sabato scorso, alla trasmissione “Che tempo che fa” ha raccontato che alleva una mucca al 25° piano di “Bosco verticale”, molto divertente!

In poche parole, è diventato un pezzo dell’immaginario milanese. E anche di più, e questo mi fa molto contento. Gli abitanti mi sembrano molto contenti, per il momento non ci sono stati problemi; temevo problemi di conflitto magari per gli alberi del vicino che spesso invadono completamente le finestre; c’erano tanti potenziali punti di sovrapposizione, fastidio ecc… invece tutto sta andando molto bene, gli alberi vivono bene, gli abitanti mi sembra anche”.

Qualcosa si sta muovendo, tuttavia, come scritto nell’enciclica : “Molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati e non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri. Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di costruzione.…vanno dalla negazione del problema all’indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche. Abbiamo bisogno di nuova solidarietà universale”. (L.S 14)

Abbiamo capito che tutti siamo chiamati ad impegnarci per salvare la Terra e noi stessi.

Noi abbiamo cominciato a fare piccoli gesti e a sensibilizzare i nostri amici attraverso un volantino.

Scarica qui il Volantino Anche tu sei responsabile

 

Ringraziamenti

Ringraziamo di cuore l’architetto Boeri, il Dr. Carlo Calfapietra e il Dr. Andrea Scartazza per la loro disponibilità.

Ringraziamo la Dirigente Scolastica dell’IISS “E. Mattei” di Rosignano Solvay, Dott.ssa Tania Pascucci, per la collaborazione.

Riferimenti Bibliografici

IPCC 2014 (5° Rapporto del Comitato Intergovernativo per i Cambiamenti Climatici dell’ONU)

Papa Francesco, Laudato sì, Edizioni PIEMME 2015

Valentina Grasso (Ibimet) “Progetto DimagrisCO2, pubblicazione per le scuole col patrocinio della Regione Toscana, Stampa: Tipografia Mecocci

 

 

 

cod. conc. 1448960580962

Un pensiero riguardo “Il clima è un bene comune, di tutti e per tutti”

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *