#GNE2013 Panel “Si fa presto a dire green”, Carlsberg si mette in gioco

  Il green va. La green economy è la parola d’ordine. Ma cos’è davvero green? E come può un’azienda davvero green distinguersi e comunicare le sue autentiche buone pratiche distinguendosi da quelle che fanno solo greenwashing? Se n’è discusso al panel “Si fa presto a dire green” nell’ambito di #GNE2013, giornata nazionale di Giornalisti Nell’Erba del 31 maggio.

La discussione sui rapporti tra aziende, consumatori, vari altri soggetti e filiera comunicativa era condotta dal giornalista scientifico Sergio Ferraris. Al tavolo, appunto, l’intera “filiera” comunicativa: la giornalista ambientale (Simona Falasca, direttore di GreenMe), la comunicatrice ambientale (Francesca Biffi, di Silverback Greening the Communication), l’azienda che mette in atto buone pratiche (Carlsberg Italia, rappresentata da Laura Marchini, Communication manager dell’azienda), il pubblicitario (Paolo Di Maio), il docente universitario e ricercatore per l’approfondimento tecnico scientifico (Fabio Iraldo, Istituto di Economia e Politica dell’Energia e dell’Ambiente, Pisa).

“Da uno studio della fondazione Symbola emerge che gran parte delle cosiddette aziende green, lo sono grazie ad una attenzione all’efficienza energetica”, esigenza più economica che ambientalmente virtuosa, come introduce Sergio Ferraris.  “Tutto il settore della comunicazione green sconta il fatto che in Italia si parla poco di ambiente, soprattutto nei media tradizionali”, continua Francesca Biffi della Silverback Greening the Communication: “è difficile distinguere tra vera attenzione all’ambiente e il cosiddetto greenwashing”. “Le aziende dovrebbero parlar chiaro al consumatore e dire: sono una multinazionale, non Madre Teresa di Calcutta, il mio obiettivo è il profitto e non la beneficienza, ma non per questo devo dimenticare di dare il mio contributo alla tutela dell’ambiente e della salute”, dice Paolo Di Maio. Simona Falasca racconta le difficoltà delle redazioni dei giornali quando l’informazione arriva dalle aziende: difficile distinguere di primo acchitto. E difficile anche decidere di dare una notizia proveniente dalle aziende, perché il lettore è facilmente portato a credere che si tratti di pubblicità. Il professor Iraldo, a cui Carlsberg ha commissionato l’analisti dell’intero ciclo di vista (Life Cycle Assessment, LCA) dei fusti della birra, dalla pre-produzione alla produzione, distribuzione, uso e riuso, manutenzione, riciclo e dismissione finale, in vista del passaggio ai fusti in PET, sfodera tabelle che lasciano pensare. “Molto spesso vincono i luoghi comuni. Nel confronto tra l’LCA di un vasetto di yogurt con confezione, quindi con cartone, alluminio e tanto altro e l’LCA di una pesca fuori stagione, che quindi arriva per esempio dal Cile, il vasetto di yogurt vince in ecologia. Eppure se domandi ad una mamma, come pure ad un giornalista, ad un comunicatore, ad un ambientalista cosa sia più ecologico, ti risponde quasi certamente la pesca”, spiega Iraldo. La tabella dell’LCA è stata la base per una discussione da parte di tutti gli attori della filiera comunicativa su come trasferire e tradurre al pubblico i contenuti autenticamente green.  Sotto la lente d’ingrandimento, Carlsberg Italia e le sue scelte ecologiche. E’ lo stesso Iraldo che avverte: “L’anello debole è la dismissione. L’impatto dei fusti Calsberg in termini di LCA può variare se il Pet non viene differenziato”.

All’esame del consumatore attento, ma anche dell’esperto cavilloso, con un LCA fatto bene, vince.  Marchini, infatti, nel dibattito, mette a segno i suoi punti, e convince, anche e forse soprattutto quando i giornalisti provano a metterla in difficoltà sull’impronta idrica: “Questa è la soluzione ecologicamente migliore, al momento. Quando ne arriveranno di nuove, le valuteremo” .  E Ferraris:  “Se l’azienda prende in considerazione tutto l’LCA, nell’esame c’è anche l’impronta idrica”.

Brava Carlsberg a investire in reputazione green e mettersi in gioco di fronte a giornalisti esperti in un contesto come #GNE2013.

Qui il panel nel programma di GNE2013.

 

la redazione (ha collaborato Eleonora Cerulli)

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