Carlsberg, prima azienda birraia al mondo EPD (12107)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Antonio Ferretti, 23 anni, di Latina

“E’ la prima azienda birraia al mondo ad essere certificata EPD”, dice con orgoglio Laura Marchini, capo della comunicazione di Carlsberg Italia. Ha ben 5 marchi con il bollino Environmental Product Declaration, tra cui le bottiglie dell’italiana Poretti.  Ma come c’è arrivata, la Carsberg, a decidere di iniziare il suo percorso di greenicità? Marchini si rifà alla storia delle due famiglie (Jacobsen di Copenhagen, data di inizio 1847, e Poretti di Induno Olona, che parte nel 1876 investendo tutti i suoi guadagni nella creazione del birrificio) e alla mission dell’azienda che rappresenta: “Sviluppare l’arte di produrre birra al massimo grado di perfezione a prescindere dall’immediato profitto in modo da far riconoscere i prodotti e le birrerie come modelli di qualità”.
Oggi è il 4° produttore di birra a livello mondiale e il primo in Europa orientale e del nord, ha più di 500 marchi di birra, 41 mila dipendenti in tre continenti e 36 milioni di bottiglie vendute nel 2012. Con questi numeri, il suo impatto, anche ambientale, dovrebbe essere notevole. Al suo 130° compleanno,  innovazione “esistenziale”, evoluzione sono le parole d’ordine, tutte declinate secondo criteri di sostebibilità. Partiamo dall’innovazione tecnologica: il nuovo sistema di spillatura, “basato su un fusto in Pet riciclabile che elimina per sempre il ricorso alla CO2“, un sistema di cui è stato calcolato in ogni passaggio l’impatto ambientale (salvo, forse, il tener conto del sistema di raccolta differenziata nel nostro Paese), e su sistemi modulari (DM Modular 20, DM Flex 20, DM Select 10) che eleminando la CO2 offrono anche più qualità nella birra, danno vantaggi economici grazie alla durata del fusto (31 giorni), facilitano la gestione perché si lavano automaticamente e in autonomia e sono sostenibili, appunto, perché il fusto è in materiale totalmente riciclabile.
Ma il fusto in Pet è solo una delle innovazioni sostenibili di Carlsberg, continua Laura Marchini. “L’intero ciclo produttivo della birra, infatti, è stato analizzato e ottimizzato dal punto di vista ambientale: dai consumi di acqua a quelli energetici, dalle emissioni di gas serra alla produzione di rifiuti di produzione”. Carlsberg ha chiesto alla Bocconi di realizzare uno studio LCA (Life Cycle Assessment), ha fatto valutare la documentazione (con tanto di sopralluogo e approvazione del comitao tecnico ambiente di RIMA, società accreditata per la convalida delle EPD) ed ha ottenuto così la certificazione ufficiale.
Andiamo un po’ a fondo ad esaminare i dati. Per quanto riguarda i consumi idrici, i contenitori Carlsberg (fusti in acciuaio, bottiviglie in vetro, lattine in alluminio), secondo le tabelle, sono stati mediamenti ridotti del 26%. Sui rifiuti, la riduzione è stata dal – 18,9% dei fusti in acciaio all’87% delle lattine in alluminio.  Consumi energetici: – 19,9% per il fusti in acciaio, – 41& per le bottiglie in vetro, – 33,2 per le lattine. Infine, sulle emissioni di CO2: -28,6% dai fusti in acciaio, – 49,1% dalle bottigle, – 25,8% dalle lattine.  Carlsberg ha stimato che 60 litri di birra spillati dai nuovi fusti in PET contribuiscono alla riduzione dell’effetto serra quanto un albero in un anno di vita.
cod. conc. 0505130422

Leave a Reply


>