Agricoltura biologica ed economia circolare per lo sviluppo del territorio

di Redazione di Castelluccio dei Sauri, Istituto Comprensivo di Bovino

Un solo Pianeta non ci basta. «L’esistenza di ogni uomo implica il consumo di una certa quantità di ambiente: i ricercatori la chiamano “impronta ecologica”. Dal 1966 al 1996 questo consumo è raddoppiato. E l’impronta ecologica di uno statunitense oggi è di 12 ettari; quella di un etiope mezzo ettaro. Per questo qualsiasi politica dei Paesi industrializzati non può non prevedere una riduzione del consumo di natura».

Queste le parole di Gianfranco Bologna, portavoce del Wwf e curatore dell’edizione italiana del rapporto sullo stato del pianeta del Worldwatch Institute del 2010 . L’eccesso del consumo di natura oggi è l’emergenza e per limitarlo bisognerebbe mantenere la popolazione mondiale intorno ai dieci miliardi di individui entro la fine del secolo e trovare modelli di sviluppo diversi, ridurre cioè il peso dell’impronta ecologica degli occidentali. E’ fondamentale cambiare radicalmente i modelli economici: il modo di produrre alimenti, evitando gli sprechi, il modo di produrre e usare l’energia, il modo di consumare le risorse come suolo e acqua. È difficile convincere le persone ad adottare uno stile di vita più sostenibile, se pochi hanno reale consapevolezza del problema. Temi come “cambiamenti climatici”, “rischio desertificazione”, “scarsità dell’acqua”, “perdita della biodiversità” da molti, fra cui anche Capi di Stato, vengono ritenute visioni catastrofiste oppure fake news. L’informazione e la cultura sono il punto da cui partire. La scuola e la società hanno un ruolo fondamentale.

Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile, fissando 17 Obiettivi (Sustainable Development Goals – SDGs nell’acronimo inglese), articolati in 169 target e oltre 240 indicatori da raggiungere entro il 2030. L’Agenda richiede un forte coinvolgimento di tutte le componenti della società, imprese, settore pubblico, istituzioni, operatori dell’informazione e della cultura.
Tutti i Paesi sono chiamati a contribuire allo sforzo di portare il mondo su un sentiero di sostenibilità, eliminando le distinzione tra Paesi sviluppati, emergenti e in via di sviluppo. L’Onu valuterà periodicamente i risultati.
A livello globale, il Material footprint, che indica i flussi di risorse minerali e organiche che sono state rimosse dall’ambiente per produrre un bene, è passato dai 48,5 miliardi di tonnellate nel 2000 a 69,3 miliardi di tonnellate nel 2010. In Italia si stanno affermando modelli di produzione e consumo più responsabili, ma occorre fare ancora molto: favorire le aziende che riducono l’impatto ambientale e sensibilizzare i cittadini sulla riduzione degli sprechi.
I dati emersi da recenti studi attestano che l’area agricola è il settore che subirà le conseguenze più gravi derivanti dai cambiamenti climatici. In realtà, l’agricoltura contribuisce al cambiamento climatico e, a sua volta, ne subisce gli effetti, seguendo un circolo poco virtuoso.
Nel Rapporto 2017 si esamina la situazione dell’Italia in relazione all’Obiettivo 12 “Garantire modelli sostenibili di produzione e consumo”. Il mondo produttivo si sta lentamente avvicinando all’economia circolare, che riduce i costi di produzione, assicura la sostenibilità dei processi e favorisce lo sviluppo di nuovi prodotti, maggiormente in linea con le esigenze ambientali. In particolare, l’agricoltura sta avviando nuovi percorsi di sostenibilità: produzione biologica, coltivazione di piante autoctone, rispetto delle biodiversità, uso più razionale della chimica. Anche gli ingegneri, usando le nuove tecnologie, stanno aprendo nuove possibilità di produzione agricola, si pensi alle serre idroponiche.
L’idroponica, dal greco antico hydor, acqua + pònos, lavoro, è la scienza delle piante che crescono senza terra. È conosciuta come coltura del suolo-less. La terra infatti è sostituita da un substrato inerte, come argilla e fibre di cocco. Permette di utilizzare 1/10 di acqua ed energia necessaria per le colture a terra con una resa 15 volte maggiore.
I vantaggi di questo sistema di coltivazione sono numerosi: consente di coltivare in qualsiasi luogo all’aperto o al chiuso, in orizzontale o in verticale; di contenere il rifornimento idrico e nutrizionale e l’uso di concimi; di creare naturalmente condizioni antiparassitarie.
Non mancano gli svantaggi. I costi d’impianto sono elevati e necessitano di personale tecnico specializzato, per controllare il corretto funzionamento dei sistemi. Inoltre, l’acqua deve essere di buona qualità e non contaminata.
Nel mondo questo tipo di coltivazione sta conoscendo un’ampia diffusione solo in Australia, Canada, Usa e Olanda. Dal 2016 questa tecnologia è arrivata anche in Italia, in Toscana e più precisamente in Toscana. L’idrocoltura è paragonata a quella biologica, data l’assenza di pesticidi. Gli operatori sono sensibili e interessati a soddisfare le richieste del consumatore, che oggi è sempre più informato e consapevole nella scelta dei prodotti.

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La Green Redaction della scuola secondaria di primo grado di Castelluccio dei Sauri ha voluto aprire le porte del proprio istituto ad un imprenditore del posto. Ha invitato Marco Longo, produttore di vino biologico, a raccontare la sua personale esperienza e i suoi progetti futuri, attraverso una lunga intervista.

Il signor Longo è arrivato puntualissimo a scuola, sorridente e con una cassettina in cartoncino, rigorosamente riciclato, contenente due bottiglie di vino prodotto dalla sua cantina “Masseria Duca D’Ascoli”. Abbiamo pensato che alla fine dell’intervista ne avremmo assaggiato un po’, ma purtroppo per noi non è stato possibile. Ci siamo accomodati tutti nell’aula informatica della scuola; come prima cosa ci siamo presentati e abbiamo spiegato al nostro ospite il motivo dell’invito e il nostro interesse per l’agricoltura biologica. Era visibilmente incuriosito, sorrideva. Forse interlocutori così giovani non gli capitano spesso. Infatti, ci ha detto di avere nipoti della nostra età. Dopo averci ascoltati, ha detto: “ora mi presento io. Sono l’unico produttore di vino biologico Nero di Troia del territorio. Poi, ha iniziato a parlarci della sua infanzia, trascorsa a Bovino, dove ha frequentato la scuola elementare, del periodo delle scuole superiore e del diploma a Foggia in ragioneria, perché suo padre voleva che diventasse un ragioniere o un impiegato statale, dei suoi ricordi legati a quei luoghi e alla sua famiglia. Molto giovane, ha cominciato la professione di assicuratore, lavoro che ha svolto per un lungo periodo della sua vita. Otto anni fa, però ha deciso di seguire la sua vera passione, creando un’azienda biologica e seguendo gli insegnamenti del padre: coltivare vigneti, utilizzando solo zolfo e rame, e produrre vino biologico.

Nel 2008 incomincia la sua nuova attività con 25 ettari di vigneto a coltivazione biologica, su cui impianta un vitigno autoctono pugliese “uva di Troia” o “Nero di Troia”. Con quest’uva produce diverse tipologie di vini biologici (bianco, rosato, nero) con diversi sistemi di vendemmia e di vinificazione. Quella privilegiata è la raccolta per scuotitura, in questo modo dal grappolo si staccano solo gli acini più maturi e quindi più adatti alla produzione. Poi vengono portati in cantina per la trasformazione.

Quando e perché ha cominciato a pensare ad un’azienda viti-vinicola innovativa e rivolta alla produzione biologica? “Da sempre. Io vedo solo verde. Nella mia azienda tutto è bio: dalle cassette utilizzate per la raccolta, fatte di materiale riciclabile, all’uso di bottiglie esclusivamente in vetro, tappi particolarissimi e biologici, cassette di confezionamento per la commercializzazione in legno riciclato. Questa però è solo la parte esteriore del processo”.

Ci spiega che per diventare biologico, un terreno necessita di tre anni di conversione, che occorre che ci sia una certa distanza dagli altri campi coltivati, utilizzando prodotti chimici.  L’agricoltura tradizionale cura le piante con l’uso di fitofarmaci, quella biologica può solo prevenire eventuali malattie ed usare esclusivamente rame, senza eccessi, e zolfo. La scelta di coltivare biologicamente quel vitigno rende doppiamente sostenibile la produzione, perché la pianta autoctona si adatta bene all’ambiente naturale pugliese e quindi richiede un numero minore di trattamenti.

Quale importanza ha l’agricoltura biologica per un territorio? Bisognerebbe preferirla a quella tradizionale? “Oggi l’agricoltura biologica segna un trend positivo. Tuttavia dobbiamo distinguere due diversi tipi di motivazioni imprenditoriali: ci sono coloro che si convertono al bio perché gli incentivi europei sono maggiori rispetto a quelli destinati all’agricoltura tradizionale; coloro che credono fermamente nella bontà di tale scelta”.

In effetti, a settembre 2017 al SANA, Salone internazionale del biologico e del naturale, di Bologna sono stati presentati i dati che riguardano l’andamento della produzione biologica in Italia per l’anno 2016. La crescita è significativa. I dati indicano un incremento del 20%. Il settore interessa quasi 1.800.000 ettari, corrispondenti al 14,5% della superficie destinata a uso agricolo. Le aziende sono oltre 70mila, il 4,4% delle aziende agricole italiane. La Puglia è la seconda regione in cui si trova la maggior estensione di superficie agricola biologica.

Fonte: http://www.ilfattoalimentare.it/biologico-italia-aumento-sana.html
Fonte: http://www.ilfattoalimentare.it/biologico-italia-aumento-sana.html

La scelta del biologico è quindi sempre un vantaggio, per una serie di motivazioni: l’imprenditore agricolo guadagna di più, il consumatore mangia cibi più sani. Ma chi ne trae vantaggi maggiori è soprattutto il territorio, perché diminuisce il livello di inquinamento e soprattutto perché la produzione biologica ha una “impronta ecologica” più leggera sul pianeta.

Nel 2012, in occasione della manifestazione, svoltasi a Roma, “Berebio”, ha rilasciato un’intervista, nella quale annunciava la realizzazione di una nuova Cantina. È terminata la struttura? Quali caratteristiche avrà? “La cantina non è terminata, è ancora in fase di costruzione, ma le sue caratteristiche sono già ben definite, ci sarà un teatro, dove organizzare eventi, e probabilmente anche una scuola per sommelier, per i giovani.”

Pensa che la nuova Cantina potrà aprirsi al territorio? Cioè, pensa di accogliere scolaresche oppure di promuovere un turismo legato alla produzione agricola biologica? Il prossimo anno, molti di noi frequenteranno la scuola superiore. Sarebbe interessante per uno studente ad esempio dell’istituto agrario svolgere presso di voi un percorso di alternanza scuola lavoro. Sarebbe disponibile a formare giovani studenti? “Imprese e scuole dovrebbero vivere in stretto contatto e collaborare di più”.

Longo ritiene che il mondo del lavoro non ha bisogno solo di liceali e laureati. Il nostro territorio in particolare ha una vocazione prevalentemente agricola e bisognerebbe formare i giovani soprattutto in questo settore economico. Intorno ad una azienda vitivinicola gravitano numerose figure professionali come agronomi, enologi, tecnici del settore. Tuttavia, in un’impresa agricola moderna con tecnologica d’avanguardia occorrono anche tecnici informatici, grafici, interpreti di lingue straniere, per il settore della commercializzazione.

Nella sua carriera imprenditoriale ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. Ricordiamo la medaglia d’oro a Cannes ricevuta nel 2017 per il vino rosato “Nero di troia”. Quali obiettivi si propone per il futuro? “La produzione di vino vegano ovvero di un vino prodotto senza uso di farine animali, che in genere servono a conferire particolari caratteristiche. Per i produttori Bio è più semplice creare alimenti vegani, perché sono molto vicini a questa cultura”.

Longo fa riferimento all’importanza delle etichette presenti sulle confezioni, che devono essere trasparenti e devono dare al consumatore tutte le reali informazioni riguardo la composizione del prodotto alimentare.

Quali sono i mercati dei suoi prodotti? “Il mercato interno e soprattutto i Paesi stranieri”. Ci spiega che quello nazionale è meno sviluppato di quello estero. Potrebbe fare scelte di vendita più facili, come imbottigliare il prodotto in taniche di plastica e quindi abbassarne i prezzi, ma preferisce rispettare la sua politica bio al 100%. Al contrario, i mercati esteri sono molto più sviluppati, soprattutto quello francese, dove i vini italiani, e quelli pugliesi in particolare, vengono molto apprezzati. Mentre, gli importatori statunitensi sono problematici, soprattutto ora, a causa dei dazi doganali imposti da Trump.

Un sogno: domani la produzione sul nostro territorio è tutta da agricoltura biologica. Quali sarebbero i vantaggi? “Se la produzione sul nostro territorio si convertisse tutta al biologico, il primo vantaggio che ne avremmo, sarebbe un tasso di incidenza tumorale minore, una diminuzione delle allergie, grazie ad un minore inquinamento”.

Al nostro imprenditore, al momento, questa possibilità appare come pura utopia. Tocca alle future generazioni modificare l’attuale mentalità, che è troppo radicata. Però un ripensamento dello sfruttamento delle risorse è necessario ed urgente.

Istituto Comprensivo di Bovino

Gruppo Redazione di Castelluccio dei Sauri

Codice  di partecipazione 1518804467756

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