Quando il consenso unanime degli scienziati non basta

di Manuela Tugliani, 16 anni, del liceo G. Alessi di Perugia

Molto spesso le persone, bambini, adolescenti o adulti che siano, non hanno tempo per approfondire tematiche che non sentono direttamente e irrimediabilmente vicine a loro, ed è questo il caso dei cambiamenti climatici.

Infatti, se le due tipiche reazioni alle situazioni di emergenza sono il negazionismo e l’allarmismo, per quello che riguarda i cambiamenti climatici viene prediletta sicuramente la prima. 

Per capire meglio le dinamiche psicologiche che riguardano le persone quando sono esposte a questo argomento, ho deciso di intervistare Belinda Xie, una giovane australiana che sta studiando per il PhD (Philosofiae Doctor), ovvero un dottorato di ricerca, nel suo caso in Psicologia Cognitiva, all’Università del New South Wales (UNSW) a Sydney. Lo scopo del suo PhD quindi è quello di condurre delle ricerche su come le persone prendono determinate decisioni. Inoltre ha preso parte a due progetti riguardanti le credenze sui cambiamenti climatici: uno indagava come le persone vedono il “carbon dioxide system”, l’altro sui fattori psicologici degli Australiani dietro alla volontà di agire per i cambiamenti climatici. Proprio grazie a quest’ultimo progetto, chiamato “Predicting climate change perception and willingness to act”, e grazie ad un articolo che ne parlava, questa ricercatrice ha attirato la mia attenzione. Quindi ho scelto di trovare il suo contatto e scriverle.

Le persone apprendono nozioni sui cambiamenti climatici in diversi modi, e nonostante la loro esistenza sia confermata da dati scientifici che sono stati pubblicati e sono disponibili a tutti, qualcuno ancora solleva dubbi al riguardo.

Secondo lei cosa influenza maggiormente l’opinione della gente?

Le cose che influenzano le persone sono varie: innanzitutto, è molto difficile cambiare la primissima idea che si fa una persona dopo aver ricevuto una certa informazione . Quindi, se qualcuno è stato esposto ad un’informazione sbagliata, può diventare molto difficile correggerla con dati scientifici.

Un altro aspetto che influisce è il fattore sociale. Ad esempio, se gli amici e la famiglia di una persona non pensano che i cambiamenti climatici siano un problema, allora probabilmente non lo penserà neanche lei. Questo è dovuto al fatto che ci fidiamo della loro opinione ed è comune usare amici e famiglia come una risorsa di informazioni attendibile, e al fatto che vogliamo essere accettati da loro.

Inoltre, conta l’esperienza personale avuta con le ripercussioni ambientali causate dai cambiamenti climatici. Persone che hanno assistito in prima persona a episodi metereologici estremi (come incendi boschivi o alluvioni) tendono a preoccuparsi più per essi.

Infine, incidono anche i valori culturali. Abbiamo tutti valori diversi, e il modo in cui diamo priorità ad alcuni o ad altri può influenzare le nostre idee. Per esempio, qualcuno che ritiene importante l’ambiente naturale capirà il rischio dei cambiamenti climatici con più probabilità. Al contrario qualcuno che ritiene importante un’economia di mercato libero e in cui il governo ha un coinvolgimento minimo, difficilmente si attiverà per combattere questo problema.

Quale ruolo hanno i film nell’influenzare la concezione dei cambiamenti climatici delle persone ?

I film possono avere un’influenza perché sono un’opportunità per parlare dei cambiamenti climatici dettagliatamente. Come con la maggior parte delle notizie, sui cambiamenti climatici di solito riceviamo piccole parti di informazioni. Questo può essere pericoloso, perché i negazionisti climatici creano  frasi ad effetto, “accattivanti”, che sono facili da capire e ricordare.

Inoltre i film sono coinvolgenti. Per un pubblico diffuso sono più interessanti e più facili da capire rispetto a una relazione scientifica.

Secondo lei, ci sono film che hanno diffuso false credenze sui cambiamenti climatici tra la gente ? In caso affermativo, potrebbe nominarne alcuni?

Sono sicura che ci siano, ma non li conosco. Cerco di evitare questo tipo di cose! Ci sono grandi, ricche organizzazioni il cui unico obiettivo pare di diffondere false credenze sui cambiamenti climatici (ad esempio The Heartland Institute sul sito ufficiale paragona ad assassini e folli coloro che credono al climate change), quindi sono sicura che hanno fatto dei film.

Paragonandoli con film che, al contrario, hanno lo scopo di aumentare la consapevolezza dei cambiamenti climatici, quale tra le due influenze pensa che prevalga sull’altra?

Questa è una domanda difficile. Penso che dipenda dalla persona che guarda i film. Se, a priori dal film, una persona già la pensava in un certo modo (cioè o concordava con il consenso scientifico, o con notizie contenenti disinformazione), allora il film confermerà quel pensiero. Ad esempio, se io andassi a guardare un film con cattiva informazione sui cambiamenti climatici, probabilmente crederei ancora meno a queste false credenze dopo aver guardato il film, rispetto a prima di guardarlo. Questo è chiamato un ‘effetto backfire’.

Recentemente l’Australia ha provato sul proprio terreno il forte impatto dei cambiamenti climatici. Come stanno reagendo le persone là?

Non penso che la gente stia reagendo quanto dovrebbe. Io vivo a Sydney, e faccio quindi parte di coloro che sono stati vittime dei fumi dell’incendio per molte settimane. Ma, dopo i primi giorni, sembrava come se le persone avessero smesso di preoccuparsi — tutti si sono semplicemente abituati alla “pericolosa” qualità dell’aria. Penso che le persone fossero tristi e preoccupate per la perdita della natura, ma, allo stesso tempo, erano troppo impegnate a provare a tornare al loro lavoro, nutrire la famiglia, e così via. Penso che molte persone ancora non capiscano come i cambiamenti climatici abbiano peggiorato e reso più probabile l’incendio, quindi ancora non ne sono interessati  quanto dovrebbero.

Ora che gli incendi si sono finalmente spenti, e che il coronavirus sta dominando le news, le persone sono ancora meno interessate.

Ci sono alcuni Australiani che ancora rifiutano di credere ai cambiamenti climatici? In caso affermativo, come giustificano quello che è successo nel loro paese? 

Sì. All’incirca il 10 % degli Australiani rifiutano di crederci. Tuttavia, una proporzione di Australiani molto più grande ci crede, ma non hanno intenzione di compiere azioni appropriate. Lo scorso anno c’è stata un’elezione e abbiamo votato per un Primo Ministro che una volta ha portato in parlamento un pezzo di carbone e ci ha detto: “Non abbiate paura, non vi farà male”.

Un altro grande problema è che molti Australiani non pensano che gli incendi siano collegati ai cambiamenti climatici. E le due spiegazioni alternative che danno sono: 1) che è stato incendio doloso, quindi commesso da piromani, e 2) che gli ambientalisti hanno impedito la totale attuazione dell’ “hazard reduction burns”, cioè dei piani di riduzione del pericolo di incendi (spesso, i pompieri creano incendi più piccoli e controllati, in modo tale da ridurre o rallentare la diffusione di incendi naturali quando capitano. Tuttavia non è stato possibile applicarne nella quantità usuale perché la vegetazione era già troppo secca, dato che c’era stata una lunga siccità. Quest’estate, il clima è stato anche troppo caldo, ventoso, e arido, quindi anche quel poco “hazard reduction” non ha funzionato bene. Nessuno di questi due problemi è dovuto agli ambientalisti). 

Ieri ho parlato con un politico, e ha detto che ha incontrato un uomo la cui casa era stata incendiata ma quest’ultimo incolpava gli ambientalisti.

Credo che queste convinzioni inesatte siano causate da due fattori. Innanzitutto, la maggior parte dei media appartengono a Rupert Murdoch, e i suoi giornali, le sue riviste, e le stazione televisive diffondono cattiva informazione sui cambiamenti climatici. Inoltre le compagnie di combustibili fossili influenzano molto gli organi politici dell’Australia. Esse spesso donano molti soldi ad entrambi i partiti politici, e il risultato è che i politici aiutano nella diffusione di disinformazione.

Fotografie di Belinda Xie

Blue Mountains – Australia
Zona Maunobra Beach-Australia
Fumo degli incendi

Come pensa che la disinformazione possa essere combattuta dagli psicologi?

Gli psicologi hanno condotto ricerche sulla cattiva informazione per combatterla. Una strategia è di rimpiazzare la spiegazione sbagliata con quella giusta, invece che affermare solamente la sua incorrettezza. Ad esempio, non si può dire solo che “gli incendi boschivi non sono stati dolosi”. Si deve anche dire “gli incendi boschivi non sono stati dolosi – in realtà sono stati causati da condizioni meteorologiche insolitamente aride”.

Oggi tutti conoscono Greta Thunberg, l’icona della battaglia contro i comportamenti dell’uomo che hanno causato e continuano a favorire i cambiamenti climatici . In contrapposizione, un nuovo personaggio sta emergendo: Naomi Seibt.

Cosa direbbe di lei? Come pensa che influenzerà l’opinione delle persone?

Penso che la situazione che la riguarda sia molto preoccupante. Parte del motivo per cui Greta Thunberg è così potente è perché è una ragazza giovane  – è una voce inaspettata in questo campo, che di solito è dominato da politici/economisti/scienziati, i quali possono risultare noiosi e anziani!  Ma Naomi Seibt potenzialmente potrebbe essere ancora più potente di Greta perché ha soldi alle sue spalle – questo potrebbe aiutarla a essere più “rumorosa” e ad arrivare a più persone.

In termini di come influenzerà le persone – credo che sia ricollegabile alla domanda riguardo all’influenza che hanno i film – la gente che non riconosce la veridicità dei cambiamenti climatici ascolterà Naomi Seibt, invece chi ci crede non lo farà.  Penso che sia importante che le persone ragionevoli la ignorino – non dovremmo guardare i suoi video o aprire siti che parlano di lei, perché questo aumenterebbe la sua influenza.

Sia i cambiamenti climatici che il coronavirus sono grandi minacce per la salute delle persone. Tutti ora sono scioccati e spaventati da questo nuovo virus, inoltre le autorità hanno preso decisioni molto forti al riguardo e quasi tutti, se non proprio tutti, condividono queste scelte. Dall’altro lato i cambiamenti climatici, nonostante abbiano causato addirittura più morti del coronavirus, incutono pochissimo o nessun timore alle persone; nessuno imporrebbe e nessuno accetterebbe restrizioni come quelle attuate per il virus per risolvere questo altrettanto grave problema.

Come spiegherebbe perché le persone sono così spaventate e focalizzate sul coronavirus, un problema che è nato all’incirca un mese fa, mentre non si sono mai preoccupate molto per i cambiamenti climatici, che vanno avanti da così tanti anni? 

Le persone sono  così spaventate e focalizzate sul coronavirus perché il ponte tra coronavirus e morte è diretto e facile da comunicare. Invece i cambiamenti climatici spesso causano morti meno direttamente – quindi fanno meno paura.

Inoltre il coronavirus non è una questione che coinvolge la politica, mentre i cambiamenti climatici sono diventati politicamente controversi. Perciò è più facile avere un supporto esteso per  decisioni forti per il coronavirus, quando sembra quasi impossibile per i cambiamenti climatici.

Per concludere, i cambiamenti climatici sono più “distanti” psicologicamente. Spesso ne parliamo come se potessero avvenire solo in futuro, e magari in altri paesi. Questo crea un’ampia distanza psicologica tra noi e la minaccia dei cambiamenti climatici. D’altro canto, il coronavirus è un problema che sta avvenendo ora, e nel nostro stesso paese. Questo lo rende più preoccupante e di conseguenza le persone sono più disposte ad agire.

Qual è la sua posizione al riguardo?

Io sono convinta che i cambiamenti climatici siano un’enorme sfida, e che dovremmo agire più di quanto stiamo facendo attualmente. In particolar modo è vero per l’Australia – penso che in Europa stiate facendo un lavoro migliore. Per me è molto frustrante vedere tutti i giorni disinformazione e inerzia, persino dopo che il nostro paese è stato inaridito dalla siccità, bruciato dagli incendi, e poi inondato dalle tempeste. La natura che c’è qua è una delle più belle al mondo, ma non ce ne stiamo prendendo abbastanza cura.                                                                                                             

Penso anche che ogni individuo dovrebbe chiedere che venga fatto di più per questo problema. Questo è il motivo per cui, oltre alla ricerca accademica, frequento regolarmente manifestazioni di protesta, dono soldi alle organizzazioni ambientali, e incontro i politici.

In conclusione è fondamentale che psicologi, mas media, e scienziati collaborino nel diminuire questa “distanza” psicologica di cui ci ha parlato Belinda Xie, perché, come ha scritto in un articolo il divulgatore scientifico Mario Tozzi, 

“Non fa poi così caldo – deve aver pensato la rana un momento prima che l’acqua della pentola in cui era stata gettata arrivasse a bollire.”

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