Migranti per clima, facciamo un’inchiesta

ore 15 – sala 3 Mura del Valadier

Workshop di giornalismo.

250 milioni di persone potrebbero essere i rifugiati climatici nel medio periodo.

Ma i “rifiugiati climatici” di fatto non esistono. O meglio, non ne esiste una definizione ufficiale né tantomeno un riconoscimento dello status, quindi ogni stima resta vaga. Tante invece le proposte di definizione: migranti forzati dall’ambiente (forced environmental migrant o environmentally motivate migrant), rifugiati climatici (climate refugee), rifugiati a causa del cambiamento climatico (climate change refugee), persone dislocate a causa delle condizioni ambientali (environmentally displaced person), rifugiati a causa dei disastri (disaster refugee) fino ad arrivare a “eco-rifugiati” (eco-refugee).

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Per l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (International Organization for Migration – IOM) “i migranti ambientali sono persone o gruppi di persone che, per motivi imperativi di cambiamenti improvvisi o progressivi per l’ambiente che influenzano negativamente la loro vita o le condizioni di vita, sono obbligati a lasciare le loro case abituali o scelgono di farlo, in maniera temporanea o definitiva, e che si spostano sia all’interno del loro paese sia uscendo dai confini del proprio paese”. Non è un esercizio linguistico fine a sé stesso. E’ una necessità giuridica globale, quella di definire i rifugiati climatici, perché saranno sempre, sempre di più. Il climate change accelera molti dei fenomeni che determinano la decisione di migrare, dal cibo all’economia, dalle risorse idriche ai rischi idrogeologici, i disastri naturali, la povertà, la violenza. Molte delle guerre del mondo sono dovute agli effetti dei cambiamenti climatici. Molte delle crisi, molta della poverta, molto di ciò che accade nelle comunità e nelle vite dei singoli.

Alfredo Macchi, inviato Mediaset
Alfredo Macchi, inviato Mediaset

Workshop di giornalismo sulle migrazioni climatiche.

Alfredo Macchi, inviato reti mediaset e grande narratore anche tramite le sue bellissime fotografie, di storie di cibo, di povertà, di guerre, di migranti, conduce, con l’aiuto di 2 giovani tutor della nostra redazione centrale, un gruppo di giovani aspiranti reporter nella realizzazione di una mini inchiesta sulle migrazioni climatiche “usando” WFP, ENEA, IFAD e Cristiano Draghi, giornalista e laureato in psicologia clinica su temi legati alle migrazioni, come fonti.

Il workshop sarà una “scusa” per affrontare il tema e per sperimentare tecniche giornalistiche anche smart, ma avrà comunque come risultato qualche prodotto giornalistico da divulgare su una questione che, come sappiamo, non è spesso ben centrata.

IFAD, come sapete, ha appena reso noti  i risultati di uno studio su come viene trattato il tema dai media europei: le migrazioni, purtroppo, non sono praticamente mai messe in relazione con i cambiamenti climatici.

con Alfredo Macchi e

Emanuela Cutelli, Communications Associate al World Food Programme. Laureata in Lingue e Letteratura, traduttrice di diversi libri per ragazzi, ha iniziato a lavorare al World Food Programme nel 2001 e, dal 2004, nella divisione di Comunicazione. Social media and web editor per il sito e i social accounts italiani del WFP, segue e cura le attività dell’agenzia nei vari ambiti della comunicazione in Italia.

Vichi De Marchi, giornalista, scrittrice e communications officer per l’Italia del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite

Gaia Righini, ENEA, geologa, già alla FAO per la sperimentazione di una tecnologia innovativa di analisi di aree inondate in Africa da dati satellitari, coautrice nel gennaio 2016 della “Relazione tra lussi migratori e cambiamenti climatici”. Dal 2010 in ENEA lavora nel progetto MINNI per lo sviluppo di metodiche di integrazione tra misure satellitari e modelli di inquinamento atmosferico con particolare attenzione alle emissioni da incendi ad attività vulcanica. Partecipa inoltre a campagne sperimentali di raccolta dati.

Cristiano Draghi, laureato in Pedagogia, in Scienze e Tecniche Psicologiche, e in Psicologia clinico-dinamica con una tesi di laurea sui vissuti dei rifugiati richiedenti asilo, è giornalista professionista dal 1984. E’ stato direttore di quotidiani locali a Firenze, Livorno, Cremona e Rovigo, autore di “Manuale per difendersi dai giornalisti” (Stampa Alternativa), consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. Oggi si dedica allo studio del counseling psicosintetico e alla scrittura.

Sara Leone studia Scienze della Comunicazione all’Università di Roma Tor Vergata, è stata inviata ad Expo2015 per Giornalisti Nell’Erba, collabora con la redazione centrale di gNe.

Gabriele Vallarino è un biologo e divulgatore scientifico; è stato inviato ad Expo2015 per Giornalisti Nell’Erba, collabora con la redazione centrale di gNe.

 

Un pensiero riguardo “Migranti per clima, facciamo un’inchiesta”

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