Intervista a Cinzia Forni, docente di Botanica all’università di Tor Vergata (12073)

WORKSHOP – Si presto a dire green

di Michele Lo Cicero e Gabriele Ambrosetti della III E San Nilo, Grottaferrata

Perché ci dovrebbe interessare la trasformazione delle piante da materie prime a prodotti industriali? Perché le piante possono rivelarsi un grande potenziale economico: infatti potrebbero offrire fonti alternative di materie prime per energia, combustibile e prodotti di uso quotidiano. La nostra generazione dipende dal petrolio. Ma il petrolio è una risorsa limitata e bisogna trovare risorse alternative. Le piante però, se opportunamente “sfruttate”, possono fornirci tutto ciò che oggi viene prodotto impiegando il petrolio, aiutandoci a creare una società sostenibile per il futuro e ad affrontare i problemi attuali come l’aumento dei costi energetici e il nostro impatto sull’ambiente. Per capire come, abbiamo fatto qualche domanda a Cinzia Forni, docente di Botanica all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. 

Le piante sono una grande risorsa anche quali materie prime per alcune industrie. Ma vengono sempre usate in modo ecologico oppure nella lavorazione possono esserci passaggi che ne vanificano l’aspetto ecologico?

“Questo dipende dagli operatori. Nei vari laboratori stanno mettendo a punto diversi metodi per cercare di ottenere le materie prime dalle piante nel modo più ecologico possibile. Molte volte sono i processi di estrazione delle materie prime dalle piante quelli che possono risultare i più inquinanti. Ad esempio, l’ottenimento della carta dalla cellulosa (componente della parete della cellula vegetale) è un processo inquinante, ma adesso c’è un obiettivo biotecnologico finalizzato al miglioramento del processo industriale riguardante la preparazione della carta. Per ridurre l’impatto inquinante di questa lavorazione bisogna intervenire sulla lignina, che è il polimero (cioè una molecola costituita da tante unità; nelle piante svolge una funzione di sostegno) legato alla cellulosa. Staccare la lignina dalla cellulosa richiede dei processi altamente inquinanti che possono degradare parzialmente la cellulosa riducendo la qualità della polpa e la forza della carta. La principale sfida biotecnologica, a cui i ricercatori stanno lavorando, è quella di ottenere piante transgeniche con lignina modificata per migliorare la qualità del legno da cui si ottiene la carta, cioè minore quantità di lignina o una diversa composizione che la rende più facilmente separabile dalla cellulosa eliminando gli interventi inquinanti.

La creazione di nuove piante dall’incontro di più tipologie è considerata una prassi ecologicamente compatibile?

“Cosa intendete per più tipologie? Brevemente: ci sono gli incroci all’interno delle specie e tra le diverse specie, che creano nuove combinazioni di  geni. Questi incroci sono stati fatti dall’uomo da moltissimo tempo Pensate che molte delle piante che noi mangiamo (frumento, mais, fragola, banana ecc.) derivano da questi incroci. In natura nel corso dell’evoluzione questi incroci possono essere avvenuti anche spontaneamente. Ci sono poi le piante geneticamente modificate che prevedono interventi in laboratorio. In questo caso bisogna sempre considerare quali sono gli impatti di queste ultime sull’ambiente, tenendo anche presente che questo materiale non deve essere disperso nell’ambiente in modo incontrollato. In Europa la legislazione è molto severa nei confronti della coltivazione in campo di piante geneticamente modificate”.

L’utilizzo del legno come materia prima per tanti prodotti e usi non rischia di provocare desertificazioni?

“Se l’utilizzo del legno avviene in modo indiscriminato abbattendo le foreste, come avviene in Amazzonia, dove però c’è anche il problema di avere più aree coltivabili, l’impatto è enorme. Bisogna pensare sempre di utilizzare coltivazioni dedicate a questo scopo, utilizzando specie che non siano a rischio di estinzione”.

E’ vero che esistono piante che purificano l’ambiente domestico? Se sì, quali sono?

“Sì, è vero. Sono state studiate da alcuni ricercatori e sono in grado di diminuire la concentrazione delle sostanze volatili nocive che si formano negli ambienti chiusi come case, scuole, ambienti di lavoro. Sono Spathiphyllum floribundum, Dracaena, Ficus benjamin, Epipremnum aureum, insomma piante da appartamento che potete comprare nei vivai”.

In alcune metropoli (Tokyo, New York ecc) non ci sono molte piante. Quali conseguenze a lungo andare può portare agli abitanti?

“La presenza delle piante migliora la qualità dell’aria e pertanto la qualità della vita”.

Esistono delle piante che ci possono liberare dall’inquinamento liberando gli inquinanti dal sottosuolo, vero?

“Sì. Si parla in questo caso di fitodepurazione o fitorisanamento. Le piante sono in grado di estrarre molti inquinanti dal suolo e dalle acque”.

E perché ne sono a conoscenza poche persone?

“Perché manca in alcuni casi la diffusione delle notizie”.

Ci sono operazioni di bonifica in atto in questo momento in Italia grazie alle piante?

“Si sta lavorando in diverse zone. E’ da tenere presente ad esempio che esistono impianti di fitodepurazione delle acque inquinate. Stanno prendendo in considerazione queste tecniche anche per cercare di risolvere il problema della terra dei fuochi”.

Abbiamo letto che ci sono batteri “elettricisti” che producono energia da reflui e rifiuti. Può dirci qualcosa?

“Sì, si può ad esempio produrre idrogeno utilizzando batteri (Clostridium), cianobatteri ed alghe verdi cresciuti su acque reflue e rifiuti dell’industria alimentare (siero di latte del formaggio) e delle attività agricole (reflui dei frantoi eccetera)”.

 

cod. conc. 2804085434


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