Cose che non sapevi (7419)

Fantafiction di Giorgia Darmanin, 20 anni, di Milano (copyright ambientazione: J. K. Rowling)

Magda Jenkins sedeva sulla panchina in pietra, messa in disparte in un angolo riparato del chiostro, lontana da sguardi indiscreti e dalle voci fastidiosamente acute delle ragazze Tassorosso. Era una bella giornata di primavera, calda abbastanza per non indossare il cappotto, ma fresca a sufficienza da farti mettere comunque la sciarpa. Magda teneva saldamente nella mano destra la bacchetta magica, con la quale cercava di lanciare un incantesimo ad un formicaio, nel tentativo di dargli fuoco. Nei suoi occhi a fessura s’intravedeva un’espressione azzurrina e concentrata e le labbra, sottili e rosee, erano serrate e quasi invisibili.
«Forza, accidenti. Incendio!» sbraitava, agitando la sottile asta di legno e puntandola istericamente verso la tana brulicante di formiche, ma l’unico effetto che riusciva a sortire era un debole fumo nero, niente di più.
Proseguì con la disdicevole missione fino a che non le fece male il braccio, momento in cui decise di lasciar perdere e di dedicarsi ad un altro genere di hobby.
La ragazzina faceva parte della casata dei Serpeverde e un grosso stemma figurava sulla cartella che proprio in quel momento aveva aperto per poterne estrarre una penna d’oca, un boccetto d’inchiostro nero e diversi rotoli di pergamena. Posò il flaconcino di china sulla superficie pietrosa della panca e il foglio sulle proprie gambe; così, dopo aver intinto la punta della penna con poca cura, iniziò a disegnare degli scarabocchi incomprensibili; tracciò soltanto tre linee, prima di accartocciare in malo modo la pergamena e di gettarla a terra, per poi estrarne un’altra dalla cartella e compiere lo stesso rituale per almeno tre volte.
«Lo sai che la pergamena è fatta di pelle bovina?» domandò una voce alle sue spalle.
Magda si voltò, con un’espressione di totale menefreghismo sul visetto arcigno e dall’aria antipatica.
«E allora?»
Dietro di lei una giovane Corvonero la osservava da diverso tempo, appoggiata ad una delle colonne del porticato. Aveva corti capelli bruni e grandi occhi di un nocciola caldo, quasi sanguigno. Indossava la divisa e se ne stava lì, a braccia conserte, studiandola.
«E allora…» ribatté lei non troppo allibita «…la mucca dev’essere uccisa, per fare quei fogli di pergamena».
«E perché pensi che questa cosa dovrebbe interessarmi?» Magda aveva un tono di voce ruvido e nasale, più fastidioso che mai.
La giovane non le rispose subito ma si limitò, per qualche attimo, a studiarla con lo sguardo nocciola, apparentemente curioso di sapere perché una persona decidesse di agire con così tanto disinteresse nei confronti di ciò che le stava attorno.
«Perché le mucche, così come le formiche che stavi tentando di sterminare poco fa, sono abitanti della terra proprio come lo sei tu. E se anche usassi dei fogli di carta o di papiro per scriverci tre righe e poi buttarli a terra, sarebbe comunque sbagliato, un’offesa nei confronti della natura»
«Risparmiati la morale da ambientalista, cara. A me non interessa affatto!» abbaiò Magda con un ghigno, prima di riporre le sue cose e di andare via con passo pigro e slandronato, lasciando i fogli accartocciati là dov’erano.
Scuotendo la testa con disappunto, la giovane Corvonero si chinò a raccogliere i rotoli di pergamena, che più tardi avrebbe ripulito e dato a qualcuno di meno sprecone, per poterli riutilizzare.

Una volta arrivata la sera Magda si recò, con le sue compagne di dormitorio Julia Bedstone e Ilonda Zerovsky, in sala grande per la cena. Con il solito atteggiamento borioso e supponente si avvicinò al tavolo della ragazza incontrata poche ore prima, apostrofandola in malo modo:
«Senti un po’, mangia-broccoli»
«Preferirei Gea Green, se non ti dispiace» ribatté lei pacatamente.
«Per noi tu sei mangia-broccoli. E se per caso ti tornasse la cattiva idea di venirmi a dire come comportarmi, troverai guai tra i Serpeverde»
«Ah, non ti facevo così combattiva oggi pomeriggio, quando sei praticamente scappata via per non affrontare il discorso» Gea pronunciava ogni parola con tranquillità e cura, senza farsi spaventare dalla prepotenza di Magda e dalle sue due amichette, che si limitavano a stare in silenzio dietro di lei.
«Noi ti abbiamo avvertita!» concluse quindi, avviandosi ridacchiante assieme a Julia e Ilonda.

Nei giorni successivi, Gea parve seguire il suggerimento della Serpeverde: non si fece viva, né tentò di contattarla o di darle consigli. Magda era convinta di averla spaventata con la propria sbruffonaggine, ma dopo un intero mese passato senza sue notizie, si rese conto che stava semplicemente architettando qualcosa.
Infatti una mattina, tornando da quella che a suo parere era una “noiosissima, barbosa ed inutile” lezione di erbologia, trovò una grossa scatola sul proprio letto.
«Uh, guarda Julia! Ilo, guarda anche tu! Io ve l’avevo detto che prima o poi si sarebbe fatto vivo! Ohh, quanto adoro quel ragazzo!».
Magda saltò sul letto, gli occhietti celesti spalancati e le labbra scarne distese in un sorriso a trentadue denti. Aprì con le mani ossute la scatola in attesa di qualcosa di sorprendente, ma non fu così.
«Cos’è?! E’ di Gabriel?!» trillò Ilonda, esaltata.
«No, non è di Gabriel» soffiò Magda a denti stretti, con il viso contratto in una smorfia furente.
«E di chi è?! E’ di Bob Bubbalown? Quel Grifondoro con le narici strane?! O di Edwick Raganel, quello basso e cicciotto dei Corvonero! Sì dev’essere suo, lo leggo nei tuoi occhi!!!»
«LEVATEVI DI TORNO!» abbaiò la Serpeverde, facendo scappar via le due amiche a gambe levate.
Si stese quindi sul letto, prendendo in mano la busta che stava nella scatola, sopra ad una pila di riviste. Su di essa un sigillo in ceralacca color corallo e le iniziali “G.G.”.

Magda non ci mise molto a capire di chi si trattasse, perché sebbene fosse una ragazza egoista, superba e arrogante, non era comunque priva di intelletto.

Sbuffò, sbraitò e fu sul punto di gettare l’intera scatola piena di riviste nel camino acceso in sala comune, ma la curiosità la spinse a cambiare idea, portandola a staccare il sigillo e a tirare fuori il foglio di pergamena (uno di quelli che lei stessa aveva buttato, ma ripulito a dovere col giusto incantesimo).

Si schiarì la voce, che tuttavia rimase nasale e un po’ gracchiante:

“Cara (più o meno) Magda,

ti scrivo pur trasgredendo ai severi ordini da te impartiti. Non posso fare a meno, ahimè, di insistere nella causa in cui ho tentato di coinvolgerti. E dovrò quindi persuaderti a dar retta ad una mangia-broccoli come me.

Credo tu sia una persona intelligente (sebbene io non possa esserne certa), dunque confido nel fatto di poterti convincere di alcune importanti cose. Cose che non sapevi!”

A quel punto della lettura, la ragazza fu nuovamente sul punto di prendere e bruciare tutto.

«COME SI PERMETTE DI DIRE CHE ESISTE QUALCOSA DI CUI IO NON SIA A CONOSCENZA?»

 

“Ho messo in questa scatola diverse riviste. Come sai, io sono una nata-babbana e ciò significa che la mia famiglia vive nella Londra non magica, in mezzo ad altri babbani. Questo mi ha permesso di conoscere molte cose di cui non avevo la più pallida idea. Cose riguardanti ciò che accomuna le persone dotate di poteri magici, da quelle che non lo sono: il mondo e la natura. Entrambi viviamo sullo stesso pianeta e questo è un importante punto d’incontro. Per questo mi piacerebbe che tu facessi qualche lettura in tal proposito, sono sicura che troverai tutto questo…illuminante.

Confido nel fatto che tu possa aprirti ad argomenti di tal genere, sebbene non siano per te interessanti quanto Gabriel Royce.

Saluti!

Gea Green”.

In fondo alla lettera, stampigliato in inchiostro blu, lo stemma della casata Corvonero.

Sbuffando con aria scocciata, Magda gettò il foglio di carta ed il suo involucro sul pavimento, avvicinandosi quindi alla scatola contenente una sostanziosa pila di riviste babbane.

«E io dovrei leggere questa robaccia? Robaccia babbana, per di più. Puah, vediamo» sbottò afferrando la prima a portata di mano.

Sulla copertina spiccava, su sfondo verde pisello, un titolone in grassetto:

“L’IMPORTANZA DEL RICICLAGGIO: come aiutare il pianeta riciclando”.

Magda tuttavia non vide il proprio interesse catturato da quel particolare titolo, dunque spulciò tutte le riviste alla ricerca di qualcosa di più interessante.

«Oh!» esclamò quindi, afferrandone una con esplosiva sorpresa. Non che fosse esaltata dal titolo, in effetti. In realtà aveva semplicemente avvistato un’enorme immagine di un paio di ballerine. La sua espressione, però, fece in fretta a cambiare.

«Scarpe…vegane?! Ma che accidenti vuol dire?».

Iniziò quindi a leggere, cercando di capire prima di tutto chi fossero i vegani e scoprendo, con suo profondo sconcerto, che i vegani sono persone che non consumano carne, pesce o altri alimenti derivanti dagli animali e che potrebbero procurarne la sofferenza.

«Come si fa a non mangiare carne, uova e formaggio!? Pazzoidi, sono dei veri pazzoidi. Uhm,  vediamo…».

 

“Beyond Skin e le sue scarpe vegane. Beyond Skin è un’etichetta di Brighton, basata sulla produzione etica di calzature fatte a mano, nel modo il più ecologico possibile. Il marchio nasce nel 2001 con la volontà di smentire la credenza che essere alla moda e al contempo eco-friendly fosse impossibile. Le calzature vegan prodotte dalla Beyond Skin sono fatte in raffinati tessuti riciclati. Inoltre si decide di  lavorare a stretto contatto con le fabbriche per essere sicuri di preservare l’impronta ecologica della produzione, evitando di danneggiare l’ambiente. Dispongono di ogni tipo di scarpe da donna di qualsiasi misura possibile! Siate il cambiamento che porterà il nostro pianeta a vivere meglio e camminate senza sensi di colpa nelle vostre scarpe vegane!”.

Con gli occhi sbarrati e l’aria attonita, sfogliò qualche pagina. Trovò dunque un altro articolo degno di ricevere uno sguardo:

“Sappiamo tutti bene quanto faccia male lo zucchero e quanto siano dannosi i dolcificanti artificiali che troviamo in supermercati e drogherie. Ma esiste un modo tutto naturale per rendere dolci le nostre pietanze senza dover ricorrere a sostanze prodotte in laboratorio o a peccaminose tentazioni che fanno male all’organismo. Si chiama Stevia Rebaudiana Bertoni ed è una piccola piantina arbustiva, la cui vendita è però vietata in Europa. La Stevia Rebaudiana è un dolcificante naturale, senza grassi, ottimo per i diabetici. Arriva dalle montagne fra Paraguay e Brasile ed è usata da sempre da queste popolazioni per dolcificare cibi e bevande. La polvere ottenuta dalle foglie essiccate è decine di volte più potente dello zucchero ed è il più potente dolcificante naturale conosciuto. Una sola foglia  fresca, sprigiona sul palato una forte sensazione dolce e lascia alla fine un retrogusto di liquirizia. Questa piantina viene coltivata da anni in America Latina, negli Stati Uniti e in Asia, in sostituzione ai dolcificanti di sintesi. La vendita e il commercio di questa piccola e innocua creatura vegetale però, è vietata in Europa perché, dicono, non è stata ancora comprovata la sua non-tossicità (sebbene sia usata da sempre dai popoli latino americani e orientali). C’è forse di mezzo una questione di guadagni? Chi lo sa, ma c’è pur sempre una buona notizia: la Stevia può essere coltivata senza problemi!”.

Magda fu sorpresa nel vedere che esistevano capi d’abbigliamento o accessori che potessero essere alla moda e allo stesso tempo innocui nei confronti del pianeta. Aveva sempre inquadrato gli ambientalisti come persone fuori moda, vestite di iuta e sacchi di patate, con ideali da poveri illusi che vivono per un’irrealizzabile utopia.

Trovava inoltre sconvolgente, il fatto di poter cucinare dei dolci senza doversi necessariamente imbottire di zucchero, minando così la propria salute.

Sospirò pensando a Gea e ad altre persone che aveva preso in giro per la loro volontà di fare del bene alla Terra e a sé stessi. Ma non si pentì, non sul momento almeno. Non bastava un articolo su una rivista di moda ecologica, a farle cambiare idea su tutta la linea, ma qualcosa da quel momento mutò, in lei.

Nelle settimane successive, Magda passò meno tempo con le amiche, le quali iniziarono a chiedersi cosa le stesse accadendo. Mentre era seduta su una panchina a leggere una delle riviste di Gea, Julia e Ilonda arrivarono a passo svelto, con espressioni eccessivamente preoccupate.

«Magda?! Magda, ma cosa fai?! Leggi? Cos’è che leggi Magda?! Perché non esci più con noi? Non sappiamo cosa fare da quando tu hai iniziato a preoccuparti di quella porcheria! Dai, lascia stare, perché perdere tempo con quella robaccia da mangia-broccoli?!»

«Puoi chiudere il becco, dannazione?!?!?» ringhiò la Serpeverde con voce stizzita.

Ilonda si zittì e si avvicinò rapidamente a Julia, stritolandole il braccio.

«NON SEI PIU’ LA STESSA!» urlò con gli occhietti acquosi inondati di lacrime, correndo via assieme alla sua ancor più desolata amica.

Magda sospirò, corrucciando appena le labbra, mentre la sua mente era il teatro di una battaglia interiore: le amiche o gli ideali? Perché non entrambe le cose? Perché dover scegliere? E perché Julia e Ilonda non potevano semplicemente accettare il fatto che nella sua testa ora ci fossero dei nuovi ed istruttivi interessi?

Sbuffò irritata dalla superficialità delle persone che la circondavano, chiedendosi come avesse fatto a sopportare ogni giorno tanta frivolezza. Cosa c’era di male ad interessarsi della natura?

Si limitò a scuotere la testa e a ricominciare l’avvincente lettura, che questa volta riguardava delle borsette ecochic ricavate dalla spazzatura:

 

“Negli Stati Uniti stanno spopolando le Basura Bags (da basura, borsa della spazzatura in spagnollo), ovvero delle borsette super trendy ricavate dalla spazzatura raccolta direttamente nelle strade dell’Honduras. La cosa ancor più sorprendente consiste nel fatto che i profitti ricavati, ritornano al paese di provenienza per aiutare le famiglie  del posto e assicurare ai più piccoli un’istruzione. Questi accessori sono interamente riciclabili e ce n’è per tutti i gusti, dalle borse grandi, alle pochette, alle clutch! Visitate il sito www.basurabags.org per poterle ordinare!”.

Sul viso di Magda si dipinse un’espressione insolitamente gioiosa e curiosa, felice di vedere quante innovazioni fossero state create per rendere il pianeta un po’ più pulito.

«Ma guardati. Non sembri nemmeno la stessa persona!»

Qualcuno alle sue spalle stava ridacchiando, ne riconobbe immediatamente la voce.

«Mh? Che vuoi?» sbottò la Serpeverde, voltandosi verso Gea con espressione perplessa, ma non più aggressiva come un tempo.

«Te ne stai lì a sorridere come un’ebete guardando una rivista, indossi scarpe evidentemente vegane e hai cambiato la camicetta super-lusso della tua divisa in una in…lino, giusto? Non mi si può nascondere nulla!».

In effetti Gea Green era parecchio contenta della sua opera di sensibilizzazione e sorrideva orgogliosa del visibile cambiamento di Magda.

«Sì insomma…beh apri le orecchie, perché non ricapiterà più. Avevi ragione, non sapevo molte cose, nemmeno immaginavo che bastasse qualche piccolo sforzo per aiutare la Terra. Ma adesso non voglio cadere nello sdolcinato e non voglio nemmeno darti soddisfazione, quindi levati di torno o ti ritroverai pietrificata in meno di cinque secondi»

«Indubbiamente, devi mantenere la tua reputazione» sussurrò Gea facendole l’occhiolino in segno di complicità.

Si avviò quindi verso i dormitori, ma prima di raggiungere l’edificio si voltò un’ultima volta verso la Serpeverde:

«Semmai imparassi ad usare un computer, visita il sito di YesLife. Ce ne sono a centinaia, di novità come quelle che hai letto nelle riviste. E almeno non si spreca carta!».

«Co-computer?»

«Co-come non detto!».

 

 

 


5 Comments

  1. Comment by Giorgia:

    C’è un piccolo errore di copiatura, è FANfiction, non fantafiction! Grazieee (:

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