Quanto costa all’ambiente ciò che produciamo? Da oggi il modo per saperlo c’è (12117)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Luca Crosti, 23 anni, Roma

Al giorno d’oggi viviamo circondati da un numero infinitamente grande di oggetti, più o meno utili alla nostra vita. Ci siamo mai chiesti, però, qual è il loro impatto sull’ambiente? Se questo si possa misurare e cosa comporti produrli? Ebbene, la risposta è sì, un metodo c’è e può essere utilizzato da tutti quegli enti o imprese che vogliono dedicarsi allo sviluppo sostenibile.

Proprio di questo abbiamo parlato con Fabio Iraldo, professore associato di Management ambientaleall’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e direttore della Ricerca IEFE (Centro di ricerca Politiche economiche energetiche e ambientali presso l’Università Bocconi),durante il workshop “Come si misura la greenicità?”, tenutosi il 20 marzo scorso presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.

Ma come è strutturato questo metodo? Il nome stesso può già dire qualcosa. «Viene definito dell’analisi del ciclo di vita dei prodotti o dei servizi poiché l’impatto ambientale viene valutato dall’estrazione delle materie prime dalla terra fino alla restituzione del prodotto inutile all’ecosistema.  –spiega il Prof. Iraldo – Ogni singola fase viene analizzata».

Due “macroconfini”, quindi, risorse naturali e restituzione del prodotto “esaurito” all’ambiente, all’interno dei quali, per valutare tutti i tipi di output inquinanti che vengono generati, «va collocato tutto ciò che accade in termini di trasformazioni della materia prima, compresi trasporto, utilizzo e fine vita».

 

Il metodo rappresenta una vera e propria svolta in termini di sostenibilità ambientale ma stenta a decollare e divenire norma, al pari dello stesso concetto di “green”.

«Purtroppo tali iniziative sono molto personali. – commenta il Professore–Se l’imprenditore o il politico sono persone sensibili, non legate al profitto o al consenso politico, è facile indirizzare la propria impresa o la propria amministrazione verso un miglior impegno ambientale. In caso contrario, rimane impossibile».

 

Alimenti a contatto con la plastica? Non sempre è un problema

Carlsberg è la prima azienda produttrice di birra in Italia ad aver ottenuto certificazione EPD. Prima, però, ha dovuto valutare e misurare ogni passaggio produttivo e misurare l’impatto ambientale dei sui processi. Nel piano di sostenibilità dell’azienda, rientra la sostituzone dei vecchi fusti in acciaio con un nuovo tipo in PET. Un metodo che funziona, al di là di ogni possibile dubbio, spiega il professor Iraldo che ha misurato il LCA.
A tal proposito, qualcuno ricorderà di come la plastica delle bottiglie, a contatto con l’acqua, possa trasferire le proprie sostanze rendendola non più sana. Chiediamo quindi spiegazioni. Niente paura, non è questo il caso, ci dice Iraldo. «Dipende dal tipo di polimero e da quanto entra in contatto con il prodotto. Quelli che compongono fusto e bottiglia di plastica sono molto diversi. In questo caso, rispetto all’alternativa, si hanno vantaggi ambientali».

cod. conc. 0505134626


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