Green news dal prossimo futuro – Alla ricerca di materiali nuovi per utilizzi vecchi (7456)

Inchiesta di Martina Cavallaro, 20 anni, di Milano

Chi dice che dobbiamo tenerci il mondo così com’è? Sempre più segnali arrivano da un futuro ormai prossimo e che, se recepiti, potranno in breve tempo cambiare il nostro modo di concepire l’energia, la tecnologia, il nostro stesso modo di vivere e di rapportarci col mondo.

Uno dei grossi problemi che affliggono la nostra epoca è quello della plastica e del suo smaltimento: considerata un materiale rivoluzionario negli anni della sua nascita si è trasformata in pochi decenni in una preoccupazione costante di cui però non riusciamo più a fare a meno. Non si riesce a immaginare un’alternativa ad essa. Eppure fino a cinquanta anni fa la plastica non aveva ancora invaso la vita quotidiana e si viveva comunque tranquillamente: le sedie erano fatte di legno, i bicchieri di vetro, i cibi venivano comprati dalle zone vicino casa e conservati nella latta, nell’olio, nel sale… la fantasia non mancava insomma. Nel suo ultimo libropresentato lo scorso Novembre a Enersolar+, Roberto Cavallo presidente della cooperativa E.R.I.C.A, fa riflettere in generale sul tema dei rifiuti e del loro esponenziale aumento –di circa 400 kili a persona- in appena due generazioni; e non mancano anche le considerazioni sull’indiscriminato uso della plastica per i sovra-imballaggi e altri sprechi ingiustificati (Roberto Cavallo: Meno 100 chili. Ricette per la dieta della nostra pattumiera, 2011, Edizioni Ambiente). Nell stessa occasione sono intervenuti anche l’eco-architetto Beatrice Spirandelli e l’ingenere ambientale  Mario Grosso ad illustrare i nuovi fronti dell’edilizia sostenibile.

Edilizia sostenibile non vuol dire solo utilizzo di materiali ricavati senza arrecare danno all’ambiente, ma anche limitazione dell’energia grigia (ossia di quella usata per il loro trasporto) che si può ottenere utilizzando tegole, mattoni, rivestimenti prodotti vicino al luogo dove deve sorgere l’abitazione. Per essere veramente ecologico, inoltre, un edificio deve essere a impatto zero anche dopo la sua costruzione: climatizzazione delle stanze e consumo elettrico devono provenire dalla casa stessa e in questo possono aiutare semplici accorgimenti come l’isolamento termico delle pareti, l’uso di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica e sistemi di cosiddetto “raffreddamento passivo “,utilissimo durante i mesi caldi dell’estate.

Green news arrivano dalla Cina, dove la filosofia taoista (secondo la quale ogni elemento ritorna ciclicamente a far parte della natura) ha dato l’idea ad un ingegnere meccanico di Hong Kong per un nuovo materiale 100% naturale e biodegradabile capace di sostituire la plastica nelle sue forme più comuni. Un italiano, l’ingegner Marco Baudino, ha capito subito la portata di questa nuova scoperta e ha cominciato a proporla con la sua azienda, la Total Packaging, con il nome VIPOT fin dal 2008.

Utilizzando la lolla di riso (ovvero l’involucro del chicco, un materiale di scarto), triturata e pressata con un’amalgama vegetale, si ottiene questo materiale leggero e poroso, perfetto per la creazione di vasi, contenitori alimentari e mille altri oggetti. Può essere congelato o messo in frigorifero per conservare i cibi ed ha un ciclo di vita programmabile: da poche settimane a 5/6 anni.  Il pregio di un vaso di Vipot è che anche se qualcuno dopo aver finito di usarlo lo butta in un fiume, questo entro poco tempo si decomporrà senza inquinare l’acqua o arrecare danno alla fauna: <Prima ancora di cambiare la mentalità delle persone le si mette nelle condizioni di non poter inquinare> ci dice lo stesso Baudino. Inoltre per produrlo si consuma una quantità limitata di energia (“cuoce” ad appena 80°C) e le sue caratteristiche consentono, in un utilizzo agricolo, di limitare l’uso dei concimi chimici perché diventa esso stesso fonte di nutrimento per la pianta. Invece, se smaltito insieme all’umido e convogliato in un impianto di smaltimento anaerobico si ottiene biogas, e quindi una fonte di energia (elettrica e termica in cogenerazione) pulita e competitiva che come materiale “di scarto”, dopo un secondo processo questa volta aerobico, lascia solo del compost di altissima qualità. Proprio queste qualità gli hanno valso la menzione speciale del premio europeo C2C (Cradle to Cradle Network, “dalla culla alla culla”) che premia i migliori ritrovati in fatto di ecologia.

Non c’è però solo questa valida alternativa alla plastica. Nella sede di Beni Culturali dell’Università Statale di Milano i vecchi bicchieri di plastica dei distributori di caffè sono stati recentemente sostituiti da altri più colorati, più resistenti al calore e soprattutto più ecologici. Sono fatti da una particolare cellulosa laminata  ottenuta dalla lavorazione chimica del mais ed è completamente biodegradabile e compostabile grazie allo stesso processo anaerobico dell’impianto di biogas sopra citato.

Questi impianti altro non fanno che accelerare il normale processo di fermentazione comune a tutti i rifiuti “umidi”, favorendo la loro decomposizione entro macchinari che recuperano il calore e il gas che si ricavano permettendo la loro riconversione in energia che può così essere utilizzata per il riscaldamento delle abitazioni. In Svizzera si adotta da anni la “collaborazione” tra impianti anaerobici e di compostaggio, permettendo così di diminuire il consumo di suolo e l’inquinamento provocato dal trasporto dei materiali “trattati” da un impianto all’altro e di conseguenza il cattivo odore che si produce a seguito della sola fase aerobica. Inoltre questi allestimenti, producendo più energia di quanta ne consumano, hanno un bilancio economico attivo e quindi non pesano sulle spalle dei cittadini.

 

Buone notizie arrivano anche da altri campi dell’energia. Da quando si è capito che il petrolio e gli altri combustibili fossili non sono infiniti e che il nucleare crea più problemi di quanti ne risolva, negli ultimi anni sono stati fatti molti passi avanti nella sperimentazione e nel potenziamento di nuove forme di energia fotovoltaica. Una tra le recenti scoperte che forse avranno maggior successo in futuro è apparsa lo scorso Dicembre sulla rivista ACS Nano: si tratta della Sun Believable, la vernice solare “credibile” messa a punto da un team di biochimici della Notre Dame University dell’Indiana (USA) guidati da Prashant V. Kamat, professore di environmental chemistry (chimica ambientale, una disciplina che studia l’interazione delle sostanze chimiche con gli ecosistemi). Si tratta di nanoparticelle (quantum dot; in italiano “punti quantici”) di diossido di titanio ricoperte da solfuro di cadmio e inserite in una soluzione di acqua e alcool; in questo modo si crea una miscela spalmabile che, se applicata a una superficie di materiale conduttore ed esposta alla luce, produce energia anche senza nessuna preparazione preventiva. La quantità massima ottenuta è ancora limitata, appena dell’1% contro il 10-15% di un normale pannello di silicio; ma le porte che apre questa scoperta sono decisamente molte: innanzi tutto è possibile crearne grandi quantità con costi molto ridotti. Inoltre grazie al suo stato semi-liquido è possibile applicarla praticamente su qualunque superficie. Gli scienziati si ripromettono di continuare la ricerca per stabilizzare i risultati ed aumentarne le potenzialità confidando che in un futuro non troppo lontano possa rappresentare una vera a propria svolta per il fotovoltaico.

Una “scoperta” però ancora troppo sottovalutata è quella che gran parte delle cose che buttiamo si può riutilizzare. Non certo una trovata recente ma valida da sempre. Gli esempi sono molteplici, a partire dalla moda: giovani stilisti formatisi sotto l’impulso di una nuova mentalità ecologica creano modelli a partire da vecchi vestiti, o borse da stoffe inutilizzate di vecchi hotel di lusso come fa LaBolsina; che accostano a materiali di nuova invenzione come la leggerissima fibra di latte o il cotone biologico.

Da segnalare è il caso di Ariane Prin, giovane designer del Royal College of Art di Londra, che riutilizza i rifiuti di cancelleria del suo dipartimento per crearne articoli nuovi secondo il suo motto “from here for here” (da questo luogo per questo luogo); scarti di matite ormai inutilizzabili tornano così a nuova vita, diventando nuove risorse per gli studenti che in questo modo non devono continuare a comprarle.

Nel nostro futuro, dunque, parole d’ordine come riciclo, consumo consapevole e risparmio energetico non dovranno mancare; tuttavia i nuovi ritrovati tecnologici -e non solo- che si stanno affacciando in questi anni fanno ben sperare. Magari queste scoperte verranno dimenticate o se ne troveranno altre migliori, l’importante è che ci sia però un cambio di mentalità verso una prospettiva più ecologica in tutti gli aspetti della nostra vita.

Martina Cavallaro

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One Comment

  1. Comment by redazione:

    Grazie, Martina: i “segnali” che hai captato sono tanti e ben raccontati

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