“Sul clima nessuno ha la verità in tasca…”

di Sofia Stopponi, 17 anni, del liceo scientifico G. Alessi di Perugia

 Da un anno a questa parte un numero non irrilevante di scienziati e accademici (quasi 500) si sono uniti in un “global network” per sostenere la loro tesi: il riscaldamento climatico oggi in atto non è causato dall’azione dell’uomo ma è un fatto naturale. 

Il 23 settembre 2019 quattordici ambasciatori dell’European Climate Declaration hanno inviato una lettera intitolata “There is no climate emergency” ad António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite. Questi uomini, tra i quali l’italiano Alberto Prestininzi, professore universitario presso La Sapienza di Roma e Guus Berkhout, co-fondatore dell’ organizzazione scettica sul clima “Climate Intelligence Foundation” (CLINTEL), sostengono sei tesi che sintetizzano le opinioni di quella parte della comunità scientifica internazionale che nega l’urgenza climatica : 

1) Il riscaldamento è causato sia da fattori naturali che antropogenici. 

2) Il riscaldamento è meno rapido di quanto previsto. 

3) La politica del cambiamento climatico si basa su modelli inadeguati. 

4) CO2 è il cibo delle piante, la base della vita sulla terra. 

5) Il riscaldamento Globale non ha aumentato i disastri naturali. 

6) La politica climatica deve rispettare la realtà scientifica ed economica. 

Approfittando della sua disponibilità, abbiamo chiesto al dottor Lombroso, meteorologo e divulgatore ambientale italiano ,famoso per la partecipazione alla trasmissione TV “Che tempo che fa” e autore di diverse pubblicazioni tra cui “Apocalypse Now?”, di commentare queste sei tesi affermate dai Negazionisti. 

Riporto qui di seguito il testo originale preso dalla lettera inviata il 29 settembre 2019 con una mia sintetica traduzione e le relative risposte del dottor Lombroso:

 Il riscaldamento climatico a cui siamo sottoposti attualmente è da considerarsi come un semplice aumento naturale di temperatura dovuto solo in parte all’attività dell’uomo, come sostengono i Negazionisti ? 

Lombroso: “Le attività umane hanno causato un aumento di temperatura di circa 1°C negli ultimi 100 anni”. Questa è la frase chiave dello Special Report IPCC Global Warming 1.5°C, ma ormai sappiamo da molto tempo che l’uso di combustibili fossili, deforestazione, agricoltura intensiva e allevamenti intensivi influenzano il clima. Seguo questo problema da ormai trent’anni e purtroppo, sottolineo, purtroppo, ho visto che si è verificato quanto ci si aspettava e anche peggio. Le cause naturali, come variazioni di attività solare, cambi di orbita del pianeta, vulcani e altro influenzano il clima da sempre, ma con tempi lunghi rispetto alla scala umana e non riescono a giustificare i cambiamenti in corso oggi”. 

Il surriscaldamento globale procede in maniera più veloce del previsto? 

Lombroso: “La risposta è che sì, sta avvenendo tutto come noi avevamo previsto! Per alcuni impatti come il ritiro dei ghiacci artici marini, ondate di calore ed eventi estremi anche peggio. L’emergenza coronavirus è una cosa seria e ora pensiamo a questa, ma al termine dovremo agire per i cambiamenti climatici con la stessa forza, coraggio e urgenza”. 

Si può affermare che alcuni climatologi abbiano esagerato sugli effetti negativi dei gas serra e CO2? 

Lombroso: “Drasticamente, dico di no. I climatologi non hanno sbagliato. Purtroppo, di clima tutti si sentono legittimati a parlare, altrettanto di meteorologia”. 

La CO2 può essere veramente considerato un fattore positivo per l’ambiente come sostengono i firmatari del manifesto? 

Lombroso: “No, questa è una bufala gigante, antiscientifica. Potremmo fare il paragone con lo zucchero: in giusta dose è vita, ad alte dosi causa il diabete. Purtroppo, il potere delle lobbies dei combustibili fossili è forte e ricorda le campagne a suo tempo orchestrate dalle multinazionali del tabacco, che comprarono perfino i medici. 

Può essere considerata corretta l’affermazione che il Global Warming non ha causato l’intensificarsi dell’andamento delle catastrofi naturali? 

Lombroso: “Dunque, qui il tema è complesso; sugli eventi estremi fino a pochi anni fa c’erano molti dubbi, ma ora si vedono sempre più gli effetti del cambiamento climatico, soprattutto sulle ondate di calore, e iniziano a emergere evidenze anche sui temporali forti e sulle grandinate. Perfino le nevicate, pur nel complesso di un quadro di inverni più miti e meno nevosi, vedono un aumento di casi intensi causa del complesso fenomeno della amplificazione artica. 

Le preoccupazioni politiche rivolte ad azzerare le emissioni di CO2 le sembrano giustificate, essendo anche di origine naturale? 

Lombroso: “Il futuro deve vedere una decarbonizzazione spinta, con una riduzione drastica e urgente delle emissioni di tutti i gas serra e con l’abbandono rapido dei combustibili fossili. La sfida è immane, si parla di riduzioni del 7% all’anno fino ad azzerare le emissioni o addirittura farle diventare negative. I combustibili fossili devono essere visti e affrontati come una droga, da cui dobbiamo disintossicarci. Il problema va affrontato con le 5 fasi tipiche della cura di disintossicazione, il modello trans teorico del cambiamento: precontemplazione, contemplazione, prefazione, azione e mantenimento, lungo da spiegare, ma questo richiede un cambiamento anche di abitudini. 

In conclusione, secondo lei esiste o no un’emergenza climatica dovuta a fattori antropogenici? 

Lombroso: “Si, siamo in emergenza climatica. 

Come per il coronavirus, servono scelte politiche forti, urgenti e coraggiose che la popolazione deve con consapevolezza accettare e anzi chiedere a gran voce, per questo sostengo il movimento Fridays for Future, da quando ancora non era nota ed era semisconosciuta sono fan di Greta Thunberg e con orgoglio accetto di essere chiamato dai miei denigratori “gretino”. 

Come ci ha permesso di capire il dottor Lombroso grazie alle sue risposte, le tesi sostenute dai negazionisti climatici sono molto lontane dall’essere degli assiomi indiscutibili. Utilizzando le parole di Luca Mercalli “Sul clima nessuno ha la verità in tasca” ma è doveroso, almeno secondo noi ragazzi, che si faccia “piazza pulita” delle bugie. 

Il pangolino untore?

di Gabriele Ripandelli, 20 anni, di Perugia

Il PANGOLINO UNTORE: L’ALLARME DELLA BIODIVERSITÀ

Il pangolino, forte quanto tenero, è una buona occasione per riflettere sulla biodiversità

In origine furono i serpenti. Poi si passò ai pipistrelli. Ora sono i pangolini ad essere additati come nuovi untori per il Sar-CoV-2. L’unica certezza sembra essere il luogo d’origine del nuovo coronavirus: un mercato alimentare in cui si scambiavano animali selvatici e si vendeva la loro carne. Tra questi, c’era il pangolino. Il “formichiere corazzato” raccoglie quindi l’eredita di portatore di epidemia, dal cane procione e dalla civetta delle palme, portatori nel 2003 della SARS. Il comunicato stampa del 7 febbraio dei ricercatori della South China Agricultural University di Guangzhou, che affermava il 99% di compatibilità tra il CoronaVirus dei pangolini e quello degli umani, è però stato seguito da una rettifica. Il 20 febbraio la cifra risulta essere riferita non all’intero genoma (il quale ha solo il 90,3% della compatibilità), ma alla sequenza del dominio di legame dei recettori (Rbd) che serve al virus per legarsi alle cellule e penetrarle. L’errore di comunicazione porta a ripensare i pangolini non come origine, ma come passaggio intermedio. Il tutto fa comunque riflettere sul contatto tra l’uomo e le specie selvatiche. Il passaggio è solo una delle conseguenze della rottura della biodiversità, e dello stretto contatto con i selvatici.

IL COMMERCIO ILLEGALE DI ANIMALI

Il commercio di animali ha numeri e dimensioni enormi.  Da quanto emerge da uno studio pubblicato nell’ottobre 2019 dalla rivista “Scienze”, una specie su cinque, considerando i vertebrati, è oggetto di commercio. La percentuale sale al 65% se si considerano quelli terrestri. Ampliando il discorso, la maggior parte delle specie commercializzate sono mammiferi ed uccelli, con i rettili al secondo posto. I motivi per cui avviene questo commercio sono quattro e sono specifici per la parte di animale che si commercia. Si passa dal collezionismo, che comprende soprattutto corna e pelli, all’impiego alimentare, dove si utilizza soprattutto la carne, i rimedi per la medicina tradizionale, dove abbondano squame e scaglie, e l’utilizzo come animali di compagnia, l’unica motivazione per cui vengono lasciati in vita. Nella loro compravendita influisce molto la presenza degli animali nei media, pensiamo alla grande richiesta di gufi dopo il successo della saga di Harry Potter o dei pesci pagliaccio e dei pesci chirurgo blu, le star di “Alla ricerca di Nemo”. Le specie coinvolte nei traffici, più o meno legali, sono sempre appartenenti alle categorie di rischio elevato di estinzione o vulnerabili. Più un animale sarà raro, più sarà alto il suo valore di mercato e più sarà cercato per venderlo. Per quanto riguarda gli animali da compagnia, le tratte di mercato partono dalla fascia tropicale, mentre i prodotti provengono dall’Africa e dal Sud-est Asiatico. I numeri relativi al commercio illegale sono spaventosi: dal 2008 al 2019 sono stati sequestrati 225 mila kg di avorio derivante da zanne di elefante e più di 4500 corni di rinoceronte, negli ultimi vent’anni c’è stato un commercio di 895 mila pangolini. I dati comprendono anche tigri, orsi, uccelli, tartarughe e tanti altri animali commerciate anche legalmente, come le oltre 180 milioni di rane vendute dall’indonesia all’Europa e gli Stati Uniti.

QUANDO LE SPECIE DIVENTANO ALIENE

Trasportando le specie selvatiche al di fuori del loro areale, si può andare incontro al rischio che esse diventino specie aliene invasive. Qualora arrivate nel nuovo ambiente riuscissero a sopravvivere, le specie alloctone potrebbero entrare in competizione con una o più specie autoctone e modificare l’equilibrio dell’habitat. Questo potrebbe portare anche all’estinzione delle specie indigene, considerando che le specie aliene non hanno nei nuovi territori parassiti e predatori che possono fermare la loro crescita. Piero Genovesi, responsabile dell’ufficio fauna dell’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ha affermato a Scienze in Rete che “A scala mondiale, il vettore principale di ingresso di piante ed animai è il commercio di piante ornamentali. Mentre le piante, per la vivaistica, e i vertebrati, come animali d’affezione, sono importazioni volontarie, gli invertebrati spesso sono trasportati accidentalmente, come contaminanti di altre merci”

L’EFFETTO SULL’UOMO

Uno degli effetti più preoccupanti per l’uomo è che il commercio di fauna e flora può trasmettere patogeni. Un esempio molto noto sono le zanzare, che portano la malaria. Il giacinto d’acqua, una pianta ornamentale capace di formare enormi distese di piante galleggianti, creando un bell’effetto visivo, creano un ambiente idoneo per le larve di zanzara, aumentando il rischio di malaria. La Panace di Mantegazza, originaria del Caucaso ed importante anche in Italia, è un esempio di specie tossica: il lattice, che fuoriesce dalle foglie e dalle specie danneggiate, può provocare ustioni sulla pelle se esposto al sole.

L’EFFETTO SULL’ECONOMIA

L’invasione di insetti e di organismi alieni in Italia ha portato oltre un miliardo di euro di danni nel 2019 e gravissime conseguenze sul piano ambientale, paesaggistico ed economico. I cambiamenti climatici e la globalizzazione degli scambi, secondo quanto emerso dal rapporto Coldiretti “Clima: la strage provocata dalle specie aliena nelle campagne”, sono i principali motivi di queste conseguenze. Sono numerosissimi gli insetti arrivati nella penisola negli ultimi anni e per i quali le piante nostrane non avevano sistemi di difesa efficaci. Esempi validi possono essere: il moscerino Killer che ha attaccato ciliegie, mirtilli ed uva dal Veneto alla Puglia; il cinipide galligeno che ha fatto strage di castagni; il punteruolo rosso che ha decimato le palme; la cimice marmorata asiatica che attacca mais, fagioli, albicocche, girasoli ed altri tipi di coltivazioni.

L’EFFETTO SULLE ALTRE SPECIE

“Ci sono specie che nell’areale di origine sono minacciate, ma che introdotte in altri ambienti diventano invasivi”. Con le parole di Piero Genovesi a Scienze in rete si può riassumere un terzo aspetto fondamentale da prendere in considerazione. È proprio la concorrenza tra specie autoctone ed alloctone, ribadiamo, ad essere il principale problema delle specie aliene. A volte, si può arrivare anche all’estinzione delle specie indigene. Rischia molto lo scoiattolo rosso, originario europeo e quasi scomparso nelle isole britanniche, di essere sostituto dallo scoiattolo grigio americano. Molte specie alloctone sono state introdotte nei fiumi italiani, come il pesce gatto ed il siluro, che hanno portato all’estinzione di specie autoctone. In Australia molto particolare fu l’impatto dei conigli, che in 100 anni, dal 1859 agli anni ’50 del XX secolo, passarono da 13 esemplari a un miliardo di capi, non trovando predatori competitivi. La volpe, portata in Australia per ridurre il numero dei conigli, si concentrò su prede più facili dei conigli. Tutto ciò portò all’estinzione di specie autoctone. 

L’uso non sostenibile delle risorse naturali, l’espansione antropica in ambienti un tempo selvaggi, il commercio e lo sfruttamento dei selvatici creano condizioni perché i patogeni possano fare salti di specie. La tutela delle popolazioni umane stesse è sempre stata collegata con la protezione della natura. Bisogna per questo agire direttamente sui comportamenti dei consumatori, per ridurre alla base la richiesta ed il traffico illegale di specie aliene.

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Resilienza: la miglior arma per affrontare i cambiamenti climatici e ambientali

di Valentina Diani, Alessandra Orza e Greta Brigati, 17 anni, del Liceo G.M Colombini di Piacenza

Ancora a parlare di ambiente? Ebbene sì … ma perché è così importante insistere su questo argomento?

Siamo nel 2020 e ancora in molti continuano a negare l’evidenza dei feedback che il nostro pianeta ci sta mandando, mostrandoci giorno dopo giorno quali conseguenze dovremo subire a causa dei maltrattamenti e degli abusi che gli abbiamo inflitto negli ultimi secoli.

Davvero crediamo che la fine del mondo non dipenda dalle nostre azioni? Ci sono veramente delle persone che credono che la situazione mondiale attuale sia sotto controllo nonostante tutte le catastrofi avvenute solamente agli albori di questo nuovo decennio come i devastanti incendi che in Australia ed Amazzonia continuano a distruggere degli ecosistemi?

Come possiamo fare noi giovani, con un futuro all’orizzonte e un pianeta da preservare, a far sì che la situazione non peggiori, che sempre più specie animali non continuino ad estinguersi, che i nostri meravigliosi paesaggi smettano di incendiarsi e che i due poli terrestri non si sciolgano più?

Sicuramente se ognuno di noi, nel suo piccolo, decidesse di modificare le proprie abitudini e di intraprendere uno stile di vita più ecosostenibile, darebbe una grande mano al pianeta senza, però, risolvere alla radice i suoi problemi. Difatti, anche se tutti abbracciassimo uno stile di vita più ecologico, riducendo l’uso di plastica, facendo sempre correttamente la raccolta differenziata, muovendoci a piedi o in bicicletta ed intraprendendo un’alimentazione vegetariana o vegana, risolveremmo solo una parte dei problemi ambientali a cui siamo soggetti in questo momento. Affinché avvenga un vero cambiamento nel mondo, è necessario che tutti gli Stati adottino politiche che impediscano che i governi continuino ad attuare manovre meramente sulla base dei loro interessi economici, fregandosene degli impatti che codeste azioni possano avere sulla salute e sul futuro della nostra terra.

Sulla base di ciò, nel settembre 2015 è stata sottoscritta dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU “l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile”, un programma d’azione di 169 “target” (ovvero traguardi) per il nostro pianeta, per la sua prosperità e le persone che vi abitano. Essa ingloba i 17 obbiettivi per lo sviluppo sostenibile che gli Stati si sono impegnati a raggiungere entro il 2030, come la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame ed il contrasto al cambiamento climatico.

Su quest’ultimo aspetto negli ultimi tempi se ne è sentito parlare parecchio. La storia, però, è sempre la stessa: da un lato un numero crescente di giovani continua a protestare nelle città per smuovere le coscienze comuni e fare in modo che i governi si applichino in maniera più concreta a riguardo, dall’altro i negazionisti (come il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump) continuano a negare l’esistenza del Global Warming.

Dunque, che cosa è giusto o meno fare dinanzi a queste problematiche? La risposta è: essere resilienti! 

In psicologia per resilienza si intende la capacità di un individuo di affrontare o superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. Dobbiamo essere come una palma che oscilla col vento ma non si spezza, piuttosto che essere delle rigide querce che “fanno da muro” e resistono alle intemperie, ma poi si rompono. Di fronte alle perturbazioni occorre essere equipaggiati non per resistere, ma per seguire l’urto e resiliere.

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La bufala del cambiamento climatico

di Elisa Pompili, 14 anni, di Perugia

Sempre più spesso e con toni crescenti di allarmismo si sente parlare di riscaldamento globale, soprattutto in riferimento all’imminente pericolo che molte specie animali, tra cui l’uomo, vivono. Ma siamo proprio sicuri che tutto ciò che sentiamo o leggiamo sia vero? Molti tra i più importanti giornali, in accordo con gli uomini di governo più potenti, cercano di tenerci nascosta la presenza di almeno 500 scienziati, provenienti da tutto il mondo, che si schierano contro la bufala del cambiamento climatico. Le loro parole sono riportate in molti quotidiani, tra cui “Giornale Energetico”, “Il quotidiano oggi” e “Smartmagnetico”. Il documento, con le loro argomentazioni e firmato da 14 ambasciatori dell’European Climate Declaration, inizia così: “There is no climate emergency”, cioè “Non c’è nessuna emergenza climatica”.

Essi definiscono inutili e dannose le politiche internazionali per la salvaguardia del clima, in quanto non sono basate sulla solida scienza e non tengono conto della perdita economica che molti Paesi potrebbero subire vedendosi negato l’accesso all’elettricità a basso costo. Queste politiche diffondono solo allarmismo, perché la diffusione di gas serra, come ad esempio la CO2 (anidride carbonica), hanno un effetto benefico per le piante: hanno infatti portato all’aumento della biomassa vegetale globale e agevolano anche l’agricoltura, aumentando i raccolti in tutto il mondo.

Nella lettera riportano una documentazione geologica che prova una variazione climatica in atto da quando esiste il pianeta Terra, essa spiega che si sono sempre alternate fasi naturali calde e fredde. Da poco, nel 1850, si è conclusa una piccola era glaciale seguita da un periodo di riscaldamento che non deve sorprendere o preoccupare, ed è proprio il periodo che stiamo vivendo noi ora. Questa ignoranza parte dal fatto che a scuola non si parla abbastanza di ambiente; se si collegasse questo argomento alla storia scopriremmo che la situazione che stiamo vivendo non è affatto un evento isolato e che è destinato a ripetersi. Sul sito “Campanialive.it” sono presenti degli esempi concreti, provati da fonti scientifiche attendibili: tra il 500 e il 700 dopo Cristo le temperature erano fredde e umide, poi però, tra il 1000 e il 1270, si sono verificati dei cambiamenti che hanno reso l’atmosfera più calda; in questo caso non possiamo parlare di cause umane, proprio come sta accadendo a noi oggi.

“I 500” si mostrano collaborativi al dialogo, infatti invitano tutti gli scienziati e specialisti con idee discordanti dalle loro ad incontrarsi all’inizio di quest’anno, il 2020, per discutere e decidere insieme le corrette politiche da applicare in favore del clima, ammesso che davvero ce ne sia bisogno.

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FFF, foto e fake

di Sofia Cesaroni, 17 anni, del liceo G. Alessi di Perugia

La foto incriminata, ritraente Via Toledo (Napoli)
La foto incriminata, ritraente Via Toledo (Napoli)

“Ecco cosa lasciano per terra i manifestanti per un mondo migliore”. Questo è il commento alla foto che ha girato tutto il web il giorno dopo il terzo Global Strike For Future. Venerdì 27 settembre sono stati oltre un milione gli studenti che hanno preso parte alla manifestazione in tutta Italia. Un milione di studenti che sono scesi in piazza per dimostrare che l’unione fa la forza e forse insieme si può veramente costruire un futuro. Un milione di giovani che si è sentito insultare il giorno seguente sui social per aver almeno creduto di poter cambiare le cose. L’immagine è, ovviamente, un falso: raffigura un cestino di via Toledo, a Napoli, in un sabato pomeriggio qualsiasi. Il 27 settembre il movimento dei Fridays For Future partenopeo si è presentato numerosissimo all’iniziativa ma nell’itinerario la via incriminata non era nemmeno presente.

Questa fake news ha contribuito a dare un’idea di maleducazione e inciviltà al movimento delle tre F. Il trambusto mediatico è stato causato dalle numerose polemiche che i Fridays For Future portano sin dalla loro nascita che non sono solo diffuse tra profili “comuni” ma anche tra personaggi di spicco. Purtroppo anche queste persone che influenzano il pensiero comune hanno contribuito alla diffusione delle fake news sulle manifestazioni e, in particolare, alla sua creatrice: Greta Thunberg. Numerose testate giornalistiche, infatti, hanno riportato la notizia della fotografia come vera e hanno additato la colpa proprio alla diciassettenne svedese, accusandola di far emergere il lato peggiore dei giovani. Ma se la nuova generazione si sta ribellando è proprio perché la vecchia non ha provveduto ad accorgersi dei pericoli dei cambiamenti climatici e, ora che sono più che evidenti, cerca in tutti i modi di affondare questa voglia di cambiamento.

Fridays For Future è un movimento reale e concreto ma scomodo; apre gli occhi a tutti coloro che in questi anni si sono finti ciechi. Per questo quando la fotografia è uscita le potenze hanno preso la palla al balzo e cercato subito l’attacco, anche a costo di confezionare la solita bufala mediatica. Il Global Strike non è un motivo per saltare la scuola o l’apoteosi di una maleducazione, etichetta che le generazioni vecchie vogliono per forza appiccicarci, ma un movimento necessario fatto da ragazzi che credono e sperano nell’avvenire e che solo con i poteri degli adulti si può realizzare. Noi ci mettiamo la faccia e l’intenzione, voi cosa fate?

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Giornale della resilienza

giornale di Giacomo Fadda, 17 anni, IV liceo scientifico G. Galilei di Macomer (NU), coordinamento M.Antonietta Galizia

Le quattro pagine di un ipotetico giornale, in cui consiste l’elaborato che presento, è il risultato di un lungo lavoro di ricerca delle informazioni, progettazione della struttura dei singoli articoli, creazione e modifica di fotografie e aspetti grafici; in poche parole: è un prodotto realizzato interamente da me.

L’articolo “Scoprire la storia in maniera innovativa: come fare?”, come evidente, non è basato su fatti reali, e forse non potrebbe essere definito neppure “realistico”, ma sviluppato su una cornice narrativa, il presunto cambio di rotta del Friday for future, che mi ha permesso di trattare l’argomento storico col taglio di una notizia, che ha conferito maggiore dinamicità a contenuti tanto densi.

Il secondo articolo, “Le parole di Madre Natura”, è anch’esso impostato secondo una cornice narrativa. Grazie a questo ho potuto riportare all’attualità un antico culto della natura, che nella mia Sardegna si esprime attraverso le immagini della Venere sarda, protagonista di un dialogo fra antichi nuragici. Un tributo alla mia terra e alla cultura che la contraddistingue, nell’incontro fra antico e contemporaneo.

Il terzo e ultimo articolo è invece frutto di una ricerca ed approfondimento di una tematica a me cara: lo sfruttamento dei territori ricchi di petrolio e delle popolazioni che li abitano. Ho deciso di dedicare spazio a tale argomento per l’importanza che esso a mio avviso riveste, data la sua attualità e la brutale rivelazione di un mondo, ahimé, spesso ingiusto.

Realtà, informazione, ma anche sguardo personale verso il mondo, quello in cui vivo e quello che nei secoli ne ha posto le basi: spero che possiate apprezzare l’impegno sotteso ad un lavoro che ha cercato di condensare questi aspetti.

GIORNALE

Coronavirus e le sue fake

di Valerio Bucciaglia, 16 anni, di Pomezia

In questi ultimi mesi la diffusione del Covid19 è stato uno degli argomenti più trattati da tutti i giornali, ma non sono mancate le fake news che hanno creato scompiglio e allarmismo fino ad arrivare ad una vera è propria fobia.

I rimedi “casalinghi”

Tra i metodi piú bizzarri per evitare il contagio troviamo la “Miracle Mineral Solution” una soluzione a base di candeggina allungata con acqua, una invenzione che nulla ha di scientifico.I danni provocati dall’assunzione di questa soluzione sono molto seri l’EPA ““agenzia per la protezione ambientale degli Stati uniti” ha affermato che l’assunzione può provocare danni neurologici e alla fertilitá. L’origine di questa fake news è prettamente americana infatti la Miracle Mineral Solution fu inventata nel 2006 e pubblicizzata come cura contro HIV,malaria,cancro e molte altre malattie.In questo momento i promotori di questo metodo hanno colto la palla al balzo usando il Coronavirus come fonte di guadagno visto che l’inventore del metodo Jim Humble ha messo in vendita anche dei flaconi del suo prodotto tutt’ora acquistabili su internet ed ha scritto anche un libro in cui spiega come prepararsi in casa questo rimedio. Il Panzironi americano? Da diversi anni FDA ed EPA combattono una lotta all’insegna della corretta informazione per salvaguardare la salute pubblica.

La guerra batteriologica

Il giornale Washington Times in primis ha riportato le dichiarazioni poi smentite di Dany Shoham, biologo ed ex ufficiale dell’intelligence israeliana che aveva sostenuto la tesi che il Coronavirus fosse sfuggito da un laboratorio  di Wuhan in cui si creano armi per una futura guerra batteriologica.I presupposti per lo scandalo ci sono tutti ma lo stesso Dany Shoham a Poynter ha smentito la sua tesi poco dopo affermando che la sua è solo una supposizione e che tuttora non ci sono prove che dimostrino la veridicità di tale affermazione.In poche ore dal falso allarme dato da Shoham la notizia è arrivata in tutto il mondo infatti tuttora molti credono che questa sia l’origine del virus nonostante Massimo Galli, esperto di malattie infettive primario dell’ospedale sacco di Milano, abbia più volte smentito la tesi che il virus sia stato creato dall’uomo per una possibile guerra batteriologica.

I pacchi Made in China “pericolosi”

Bufala che ha girato su tutti i social scatenando una psicosi che ha fatto calare moltissimo gli incassi dei negozi gestiti da cinesi.Infatti diversi quotidiani hanno riportato la notizia secondo cui il Coronavirus sopravviverebbe fino a nove giorni sulla superficie degli oggetti.A sostegno di questa tesi c’è uno studio pubblicato ad inizio febbraio sul The Journal of Hospital Infection che non riguarda il Coronavirus attuale ossia il Covid19 ma altri Coronavirus simili.L’organizzazione mondiale della sanità e il Ministero della Salute hanno ribadito più volte che i pacchi spediti dalla Cina ed i prodotti Made in China non sono pericolosi visto che il virus non sopravvive a lungo su oggetti ,rimane comunque buona norma sempre lavarsi le mani con acqua e sapone e nel caso non sia possibile usando gel a base alcolica.

La corsa alle mascherine

Tra i prodotti più acquistati negli ultimi mesi troviamo le mascherine infatti questo articolo è a andato a ruba ,basti pensare che alcuni produttori hanno quasi finito le scorte!Ma le mascherine saranno davvero un mezzo adeguato per evitare il contagio? Walter Ricciardi dell’Oms durante la conferenza stampa il 25 febbraio 2020 ha specificato che solo le mascherine con particolari filtri proteggono dal virus, infatti vengono usate dagli operatori sanitari come protezione.Gli altri tipi di mascherina  più comuni con una protezione più blanda servono a chi ha contratto il virus per evitare di contagiare altre persone.Come anche espresso dal Ministero della Salute la mascherina anche se senza filtri può arginare il contagio in particolari situazioni, per esempio nei comuni della zona rossa, ma serve a ben poco nel caso di una popolazione che non ha contratto il virus.È inutile quindi in preda alla psicosi assaltare i negozi acquistando pacchi su pacchi di questi prodotti, agendo in questo modo si privano le persone realmente bisognose di questa indispensabile protezione venendo a mancare del tutto il senso civico!

Alle prossime fake news

Fonti

-https://www.focus.it/scienza/salute/coronavirus-virus-cina-mascherinbloccano-la-trasmissione

-https://www.corriere.it/salute/malattie_infettive/20_febbraio_25/coronavirus-punto-mascherine-chi-servono-quali-sono-come-indossarle-57e03d7e-57c3-11ea-a2d7-f1bec9902bd3.shtml

-https://www.fda.gov/consumers/consumer-updates/danger-dont-drink-miracle-mineral-solution-or-similar-products

-https://www.epa.gov/iris

-https://www.ilsole24ore.com/art/da-big-pharma-guerra-batteriologica-cinese-8-bufale-coronavirus-ACHSswJB

-https://www.journalofhospitalinfection.com/article/S0195-6701(20)30046-3/fulltext

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Wi-fi, il silenzioso “boia” del pianeta

di Simone Fezzuoglio e Emanuele Santoro, 16 anni, del liceo G. Alessi di Perugia

Oggi il cambiamento climatico è uno dei problemi che più preoccupa la comunità scientifica ed  essendo stati posti esame da relativamente poco tempo, sono poche le certezze e molti i dubbi. Oltre a questo sul web sono comparsi centinaia di articoli “scientifici” che imputano la colpa del cambiamento climatico alle più svariate cause, : delle vere e proprie “bufale” scritte con il solo scopo di insidiare il dubbio e creare un’impenetrabile barriera di incertezza intorno al questo tema.

Sono pochi gli studi veramente affidabili, e fra questi occupano un posto di rilievo i rapporti dell’IPCC: il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change-IPCC). Quest’organo redige a intervalli regolari  valutazioni esaustive e aggiornate delle informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche riguardanti i cambiamenti climatici. Queste informazioni sono rilevanti per la comprensione dei mutamenti climatici indotti dall’uomo, degli impatti potenziali dei mutamenti climatici e delle alternative di mitigazione e adattamento disponibili per le politiche pubbliche.

Sono stati proprio questi rapporti ad evidenziare, nel tempo, le cause dei cambiamenti climatici ormai note alla maggioranza della popolazione. Ad esempio l’identificazione del ruolo dei gas serra che, esattamente come il vetro della struttura che dà loro il nome, catturano il calore del sole, impedendogli di tornare nello spazio. Ma l’IPCC punta il dito anche contro una delle principali scoperte tecnologiche di questo secolo: il Wi-Fi e le reti cellulari. In un recente rapporto è scritto: Le onde radio emesse dalle varie attività umane, soprattutto nell’ambito delle telecomunicazioni influiscono per il 74,8% all’aumento delle temperature medie oceaniche (tradotto dall’inglese).

Le radioonde vanno quindi a riscaldare gli oceani e i mari di 1,3 gradi Farenight all’anno. Per capire come sia possibile questo fenomeno basta pensare al funzionamento dei forni a microonde, che vengono usati per la cottura rapida dei cibi. In essi viene sfruttata l’azione del calore che si genera all’interno degli alimenti in seguito all’assorbimento dell’energia elettromagnetica di frequenze opportune. L’azione delle microonde si esercita sulle molecole d’acqua presenti negli alimenti: le molecole d’acqua si comportano come dipoli elettrici e tendono ad allinearsi lungo il campo elettrico oscillante generato dalle microonde. Di conseguenza entrano in rapida oscillazione e, urtandosi le une con le altre, producono calore all’interno della sostanza da riscaldare o da cuocere, in un tempo assai inferiore a quello normalmente necessario.

Mettere in relazione un microonde con il Wi-Fi può sembrare una follia, ma non lo è: il Wi-fi e il microonde sono più simili di quanto pensiamo, tanto che questi due strumenti funzionano oltre che con lo stesso tipo di onde le emettono anche sulla stessa frequenza. Infatti entrambi lavorano su una banda da 2,4 gigahertz che venne assegnata ai forni a microonde dall’International Telecommunication Union nel 1947 e venne poi “rubata” dalla Wi-Fi Alliance che la utilizzò per lanciare la sua rivoluzione su scala mondiale: le reti wireless che sono oggi in ogni casa. Ovviamente delle differenze ci sono: questi due strumenti lavorano con lunghezze d’onda completamente diverse. Le microonde, come dice il nome, hanno lunghezze d’onda che vanno da 1 mm a 30 cm, mentre le radioonde utilizzate da Wi-Fi e reti cellulari occupano la fascia dello spettro delle lunghezze d’onda maggiori, comprese tra 10 cm e 1 km. Un’altra differenza è che il microonde è progettato per essere una gabbia di Faraday quasi perfetta, cioè per tenere al suo interno le onde emesse, il Wi-Fi per emetterle all’esterno con la massima potenza possibile.

Ecco quindi spiegata la preoccupazione dell’IPCC; il Wi-Fi e le reti cellulari, pur emettendo radiazioni meno potenti (in quanto meno “concentrate”) di un microonde hanno un raggio d’azione che si estende per tutto il pianeta senza perdere quasi mai potenza, visto che il segnale è potenziato costantemente da migliaia di ripetitori.

Si può quindi affermare che grazie al Wi-Fi e alle reti cellulari abbiamo trasformato il nostro pianeta in un gigantesco “forno” a radioonde e gli effetti di questo surriscaldamento degli oceani saranno catastrofici. Oltre alle conseguenze per la biodiversità marina, è evidente che se si aumenta la temperatura dell’acqua di pari passo ne aumenta il volume. Ora, l’aumento di volume sarà irrisorio se scaldiamo l’acqua per cuocere la pasta a casa nostra, ma se a scaldarsi gli oceani l’aumento di volume sarà enorme, sempre l’IPCC ipotizza un aumento di livello dei mari fino a 2 metri entro il 2100. Se questa previsione dovesse avverarsi l’Europa apparirà come nell’immagine sotto.

Da qui possiamo facilmente comprendere la portata catastrofica di questo fenomeno, che è già in corso. Non possiamo fermarlo, perché è ormai troppo tardi, ma possiamo rallentarlo e cercare un rimedio a questo disastro che ci siamo creati. Alcuni attivisti moderni affermano che l’eccesso di tecnologie che ci circonda ci ha portato a questo punto, la sproporzionata avidità umana ci sta spingendo verso la fine: è a causa della ricerca scientifica che siamo arrivati a questo punto? Secondo noi no, come la scienza è in parte causa di questo problema essa potrà diventare una soluzione. La critica che viene giustamente mossa ai movimenti ambientalisti è che lo slogan “Salviamo il pianeta” è errato: la Terra continuerà tranquillamente a esistere senza di noi, si dovrebbe quindi dire “Salviamo l’umanità”. Non fare nulla, non parlarne e anche semplicemente non conoscere rende complici a questo gigantesco attentato all’umanità. Dobbiamo unirci consapevolmente a combattere la venuta di quello che sembra essere uno scenario da film apocalittico, ma che potrà diventare una terribile realtà.

ATTENZIONE!

Questo articolo è una bufala: la relazione tra il Wi-Fi, le reti cellulari e il cambiamento climatico è totalmente inventato, così come lo è la citazione al rapporto dell’IPCC. Non esiste nessuna prova scientifica a riguardo e probabilmente un fisico sufficientemente preparato potrebbe smentirci con facilità. Sono invece reali i dati sull’innalzamento dei mari. Abbiamo voluto mischiare dati reali con altri falsi per aumentare la credibilità della bufala.

cod. 1582032554770