Equipaggio gNe nelle acque del green (12574)

Articolo di Martina Cavallaro, 21 anni, di Tradate

 

Chi siamo, come abbiamo cominciato, dove siamo arrivati. Il viaggio della ciurma dei giornalisti nell’erba è cominciato otto anni fa con bambini, ragazzi e adulti provenienti da tutta Italia uniti da un unico obiettivo: quello di diffondere le tematiche ambientali e promuovere mentalità e comportamenti sostenibili.

In un equipaggio green, come in quello di una barca, di un’astronave, o anche di un’ambulanza, ci si divide i compiti a seconda delle proprie propensioni e capacità ma ogni membro ha la sua importanza: c’è chi scrive (tanti in realtà), chi disegna, chi crea racconti, chi registra spot e filmati, e chi dirige il team dall’alto della sua esperienza. Come una vera ciurma, ci si aiuta a vicenda e si insegna il mestiere ai “mozzi”, come fanno i sempre più numerosi tutor e giudici di gNe che perdono i loro sabati sera a leggere gli elaborati dei partecipanti e a rispondere alle loro mail. La nostra barca è stata spinta avanti con parole (quelle scritte negli articoli, ma anche quelle pronunciate nelle interviste e nelle domande che continuiamo a fare e a farci nel corso di tutto l’anno), ma anche con gesti: come i tentativi di Claudia di ridare vita al polmone verde abbandonato del suo quartiere; o quelli dei tanti bambini delle scuole di Roma che seminando piantine insegnano anche agli adulti la bellezza di veder crescere un fiore grazie al lavoro delle proprie mani.

E’ da otto anni che solchiamo le acque del green; ma cosa è cambiato in questo periodo?

Da quando abbiamo cominciato, i passi avanti verso uno stile di vita più consapevole e sostenibile sono stati tanti. Innanzi tutto i consumatori hanno spinto anche le grandi aziende e le multinazionali a fare dell’attenzione all’ambiente non una seccatura ma un vanto: sono stati loro che hanno chiesto – e ottenuto – tramite le loro scelte fatte con il carrello della spesa, che i prodotti che arrivano sulle nostre tavole siano non solo controllati dal punto di vista igienico e con pochi zuccheri per stare attenti alla linea; ma che rispettino le popolazioni che li producono e abbiano un impatto minimo sugli equilibri e sugli ecosistemi dei territori da cui provengono. Si sono poi moltiplicate le campagne sul risparmio energetico e gli incentivi alle energie e alla mobilità sostenibili, frutto dei quali sono i sempre più diffusi pannelli solari sui tetti delle case o l’utilizzo del bike o car-sharing; ma anche la tecnologia è andata avanti sposando pienamente i valori del rispetto ambientale (le macchine ibride o a consumo ridotto, le lampadine al led, i vasi in lolla di riso che decomponendosi non creano rifiuti, persino i pannelli solari ai frutti di bosco).

Contemporaneamente si è cominciato a chiedere nuove certificazioni che attestassero l’eco-compatibilità della filiera produttiva. Si è partiti dal semplice marchio CE per poi arrivare all’LCA, al PLM, EMAS, GPP, ECOLABEL, e al Bilancio Ecologico Certificato che il Ministero dell’Ambiente sta mettendo a punto in questi mesi; ma ormai anche i fazzoletti con cui ci soffiamo il naso e la carta dei nostri diari di scuola porta in bella vista il marchio FSC.

Nel frattempo è arrivata la decisione di portare in Italia Expo 2015 che, raccogliendo le istanze provenienti da tutto il mondo, ha deciso di puntare sul tema “nutrire la terra, energie per la vita”. Tutti i paesi che parteciperanno all’esposizione universale del prossimo maggio si stanno già da tempo mobilitando per creare progetti che abbiano come parole chiave sostenibilità, riuso, sfruttamento equo delle risorse. Ovunque si è pensato in maniera nuova all’agricoltura, imparando a guardarla con rinnovato rispetto; e si sono scoperte le grandi opportunità aperte dal turismo legato alla terra. Anche in questo caso un’importanza sempre maggiore è stata rivestita dagli studenti delle scuole, come i ragazzi della scuola media Paolo VI di Tradate (VA) che per partecipare a un bando della Regione Lombardia hanno coltivato nella serra del loro istituto, in maniera del tutto biologica, gli ingredienti necessari a produrre quattro piatti tipici della loro regione (con attenzione alla stagionalità delle colture) che presenteranno poi al mondo tramite delle video-ricette raccontate da loro stessi nelle quattro lingue che studiano a scuola.

In tutto questo tempo i giornalisti nell’erba sono stati osservatori attivi e talvolta anche complici di questi cambiamenti: a poco a poco gNe e il giornalismo ambientale sono entrati non solo nelle scuole, ma anche all’interno dell’università attraverso workshop, laboratori e conferenze. La sensibilità dei più piccoli ha contribuito a prendere importanti decisioni, come quella che ha impedito che venisse costruita una discarica nel sito archeologico della Domus Adriana di Tivoli; ma ha fatto in modo che anche i giornalisti più esperti si mettessero in discussione e imparassero a dare sempre più spazio all’ambiente, non soltanto in occasione di grandi calamità naturali.

All’inizio del nostro viaggio parole che iniziassero per eco, green e bio erano viste come qualcosa di bizzarro e un po’ naif, una moda passeggera e inconsistente che mai avrebbe potuto resistere all’avanzare dei tempi e alle necessità sempre più energivore e consumistiche della società del nuovo millennio: adesso invece lo stesso mare in cui navighiamo sta cambiando, perché cambia il modo di pensare delle persone. Progresso ed ecologia non sono più visti come due cose in contrasto.

Intanto il nostro equipaggio si accresce, giorno dopo giorno, edizione dopo edizione, sapendo che non siamo soli in questo viaggio: assieme a noi ci sono sempre più giornalisti, cittadini e lettori accorti che continuano a informarsi, consapevoli delle ripercussioni che i nostri comportamenti possono avere sull’intero pianeta. La cosa sempre più certa è che la comunicazione, soprattutto quella giornalistica, avranno un ruolo sempre più importante nel far conoscere le novità e a stimolare il dialogo sulle tematiche verdi, nel riportare le grandi innovazioni nell’ambito delle tecnologie sostenibili, e anche nel smentire le bufale ambientali e i tentativi di greenwashing di aziende non così virtuose come vogliono far credere.


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