Gomma o rotaia, chi inquina di più? Unilever ha trovato la sua risposta(12180)

sabato, aprile 5th, 2014 (12180)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Matteo Isidori, 23 anni, Roma

Il trasporto dei prodotti è altamente inquinante. Essere “green” significa guardare all’intera produzione

L’inquinamento che produce un prodotto, nella cultura collettiva, è dato dal suo consumo e dal suo conseguente processo di smaltimento. Niente di più sbagliato. Il danno che un prodotto reca all’ambiente va ricercato in tutto il suo ciclo vitale, “dalla culla alla tomba”. La ricerca delle materie prime, la fase di produzione del prodotto, il trasporto e solo in fine l’utilizzo e l’eventuale riciclo, sono tutte implicate in un processo di inquinamento “nascosto” del quale il consumatore non è a conoscenza. Il trasporto ad esempio è molto inquinante: se si considerano le tonnellate di prodotti che vengono trasportate su gomma nelle autostrade, enorme è la quantità di CO2 emessa dai camion. Una soluzione a ciò sarebbe la trasformazione del trasporto “su gomma” in trasporto “su rotaia”, attraverso la rete ferroviaria e l’utilizzo di treni al posto dei camion. Secondo quanto appreso da uno studio condotto da FerCargo  (l’Associazione di imprese ferroviarie private che rappresentano il 30% del traffico ferroviario delle merci), il trasporto su rotaia è lo spostamento più ecologico. Per ogni tonnellata di carico e per ogni chilometro percorso con un treno merci europeo, nell’atmosfera vanno mediamente 29 grammi di CO2. (altro…)


Quando un tè può salvare il pianeta: la “Rainforest Alliance Certified”(12164)

sabato, aprile 5th, 2014 (12164)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Luca Crosti23 anni, Roma

Alberi centenari, animali e migliaia di altre forme di vita. Ogni pezzo si incastra in quel puzzle perfetto che è il polmone verde del nostro pianeta. Un polmone sottoposto a uno sfruttamento indiscriminato che rischia lasciarci senza più aria, la deforestazione. Causata da meri interessi commerciali, questa pratica è un male che ci affligge da anni e nei confronti del quale è ora di correre ai ripari. Proprio in questa direzione va l’impegno assunto da importanti aziende e multinazionali, tra cui spicca il nome di Unilever.

L’azienda, leader nel settore dei beni di largo consumo, dopo gli anni dei boicottaggi promossi da colossi dell’ambientalismo mondiale. negli ultimi tempi si sta fortemente impegnando ad attuare politiche che possano salvaguardare l’ecosistema in cui operano. Come previsto dall’Unilever Sustainable Living Plan (presentato nel 2010) alla fine del 2012, il 36% delle materie prime agricole è stato acquisito da fonti sostenibili.

Nel caso del tè Lipton la sostenibilità è “Rainforest Alliance Certified”, ossia certificata dalla “Rainforest Alliance”,organizzazione non governativa (ONG) che lavora con lo scopo di conservare la biodiversità e garantire condizioni di vita sostenibili. Ottenuta da Unilever nel 2012, certifica che i prodotti utilizzati provengono da piantagioni che non danneggiano l’ecosistema.  (altro…)


“Svelto” sgrassa di più con il green packaging(12162)

sabato, aprile 5th, 2014 (12162)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Pietro Ielpo, 24 anni, Roma

 

L’impegno ecosostenibile

In un mondo di trasporti, in cui tutto è movimentato da imballaggi, uno degli obiettivi del XXI secolo è quello di ridurre l’impatto ambientale causato dagli scarti e dal packaging. Il problema principale è lo smaltimento di questi imballaggi che hanno un forte impatto ambientale.

Durante un workshop “Può una multinazionale essere Green?” di gNe (vedi box) si sono analizzati alcuni degli obiettivi di riduzione dell’impatto ambientale delle multinazionali. La capacità di crescita e di sviluppo di un’azienda è sempre di più influenzata dalla capacità di adeguarsi alle richieste di una maggiore eco-sostenibilità e rispetto per l’ambiente.

Un caso interessante riguarda Unilever, immensa multinazionale anglo-olandese proprietaria dei marchi più diffusi nel campo dell’alimentazione, bevande, prodotti per l’igiene e per la casa. Nel 2011 lancia l’USLP (Unilever Sustainable Living Plan) con una visione di tre grandi obiettivi da conseguire entro il 2020:  migliorare la salute e il benessere, ridurre l’impatto ambientale, acquisire il 100% delle materie prime agricole in modo sostenibile. E, non da trascurare, raddoppiare il volume di affari. (altro…)


Workshop di giornalismo per tutti per imparare come funziona il green(12135)

sabato, aprile 5th, 2014 (12135)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Filippo Maria Mazara, 27 anni, Roma

Nel febbraio scorso, si è svolta a Milano la seconda edizione del WiGreen, un Forum sulla Sostenibilità ambientale, promosso dalla Srpim Italia (azienda di consulenza strategica nel campo della Salute dell’Uomo e dell’Ambiente. Il leit motiv dell’evento è stata la salvaguardia dell’ambiente e lo spreco alimentare, ambientale ed economico. Ad aggiudicarsi il premio quest’anno è stata la Curtiriso, che ha introdotto un sistema ed un processo moderno di tecnologia industriale. In pratica, l’azienda, sfrutta una centrale termica a biomassa che genera e rigenera energia, riducendo a zero l’emissione di anidride carbonica. (altro…)


Essere GREEN-minded(12129)

sabato, aprile 5th, 2014 (12129)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Pietro Ielpo, 24 anni, Roma

“Green: a wishfulthinking?” così esordisce a inizio workshop Sergio Ferraris (Direttore QualEnergia) che dà il via al discorso su come misurare la “greenicità”, termine coniato per questa avventura di giornalismo ambientale e scientifico. Questo “pensiero desideroso” ha legami ben radicati in ambito di produzione, finanza e mercato, per il nostro esperto. Ci spiega che l’Italia è stata una delle prime nazioni nel riciclo degli olii usati (per necessità, a dire il vero, e povertà, che a volte risulta essere una virtù).
Dai dati Coou, il Consorzio obbligatorio degli oli usati, si scopre che nel 2011 l’Italia ha rigenerato l’ 88 per cento degli olii divenendo così il leader contro quest’altissimo impatto ambientale. Il Green ha contribuito inoltre a nuove assunzioni (green-job) nel Belpaese e con l’avvento dell’IT (Information Technology) si sono abbattute anche le obsolescenze in ambito di produzione (il ché non è detto che sia un bene), contribuendo perà così ad una maggiore greenicità dei prodotti (ad esempio gli elettrodomestici più efficienti energeticamente). Raccoglie il testimone un giurista, esperto di Diritto ambientale, Tullio Berlenghi, che ci mostra il lato Green dell’ambito giuridico in Italia. Un nuovo termine suscita l’interesse del pubblico dell’Università di Tor Vergata: “Greenwashing”. L’esperto ci spiega essere la pubblicità della presunta greenicità di un prodotto, un termine negativo a tutti gli effetti, che significa “pittata di verde”, un vestitino ad hoc messo su senza sostanza. Una “pittata” che ha valore di operazione di marketing e che ammicca ad una produzione di un bene che può essere “naturale”, “verde”, “riciclabile”, insomma apparentemente non dannoso per l’ambiente, ma tacendone i reali percorsi e dettagli di sostenibilità.
Sia Berlenghi che Diego Scipioni, il linguista che ha definito green e greenwashing, e anche Sergio Ferraris ci invitano a tener sempre d’occhio le certificazioni green dei prodotti, capendone il significato. Esistono molte associazioni, fondazioni e metodologie che si occupano del rilascio di tali “bollini”, primo dei quali quello di Life CycleAssestment (LCA) che, come ci spiega in seguito Fabio Iraldo (Professore di Management ambientale all’Istituto di Management della Scuola Superiore San’Anna di Pisa) è una metodologia che valuta un insieme di interazioni che un prodotto o un servizio ha con l’ambiente, considerando il suo intero ciclo di vita, includendo le fasi di preproduzione, produzione, distribuzione, uso, riciclaggio e dismissione finale. (altro…)

Quanto e come siamo green?(12125)

sabato, aprile 5th, 2014 (12125)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Marco Harmina, 22 anni, Roma

Per rispondere a tale domanda sarebbe ottimale per il lettore spiegare cosa si intenda per green. Questo è il modo in cui ultimamente viene indicato tutto ciò che ha a che fare con il rispetto per l’ambiente. Questo cambiamento di etichetta, in realtà non riguarda solamente la terminologia della titolazione, ma più un’espansione del settore stesso, volto ad abbracciare più argomenti riconducibili tutti alla stessa “matrice”: la greenicità. Il termine “green” ha debuttato anche nel dizionario statistico, sorgendo in una piccola infografica all’interno della pubblicazione annuale “Italia in cifre”, elaborata dall’Istat. Tale operazione ha fatto sì che si concedesse il giusto valore, la stessa importanza che si addice a qualsiasi svolta o cambiamento. Molte sono infatti le innovazioni nell’ambito della coscienza ambientale, novità che hanno portato a rilevare dati e indicatori su energia verde, aree protette e consumo di suolo: hanno dato il via ad un nuovo movimento, quasi uno stile di vita. (altro…)


Grey o Green? Questione di scelte(12120)

sabato, aprile 5th, 2014 (12120)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Helodie Fazzalari, 19 anni, Roma

 

E se fosse Bloch a possedere quella che Heidegger chiamava “essenza della verità”, quel concetto tanto meditato da Kant, quel tassello mancante, quell’ultimo numero, quella chiave che apre la mente umana e rivela ciò che l’apparenza nasconde e ciò chela bocca omette? Bloch comprende quanto sia grande l’insoddisfazione umana, tanto da portare l’uomo stesso a stancarsi del bene che la natura gli ha offerto, tanto da cercare qualcosa di meglio con la conseguenza di distruggere ciò che di bello aveva, tanto da doversi infine accontentare della distruzione che le sue stesse mani insoddisfatte hanno generato.

Analogia azzardata la mia, ma a mio avviso completa. Racchiude perfettamente quel ciclo umano che finisce per concludersi con il degrado, con l’amaro in bocca, e con l’annichilimento più totale di anima, corpo e in questo caso ambiente! Un annichilimento che da anni ormai si cerca di superare, e che in parte si cerca di nascondere, vuoi per comodità, per la fretta, o per scarse risorse economiche.

È questo l’esempio di Fabio Iraldo al workshop “Come si misura la greenicità” (per il ciclo “Si fa presto a dire green”) organizzato da Giornalisti Nell’Erba all’università di Roma Tor Vergata. ”Oggi come oggi, di fronte a due prodotti identici ma di prezzo differente si è portati a scegliere quello con il costo inferiore”. Iraldo ha quindi sottolineato come prima cosa il problema economico, e ha continuato: “Oggi come oggi” (e forse neanche un tempo, aggiungo io) “nessuno di noi si sofferma a leggere le etichette dei prodotti sugli scaffali del supermercato, tanto meno si presta particolare attenzione a quelli che possono essere prodotti più o meno GREEN, e quando lo si fa, c’è il rischio di incorrere nell’errore”. Perché? Dove sta l’errore? La risposta è la cattiva informazione. Spesso infatti capita che un prodotto,che ad esempio limita le emissioni di CO2, possa inquinare più di un altro, che nonostante non sia etichettato GREEN, è stato realizzato con materiali di gran lunga meno inquinanti del primo prodotto. Come fare allora? Come distinguere il GREY dal GREEN, in una società dove riesce quasi impossibile la messa a fuoco dei colori? (altro…)


Quanto costa all’ambiente ciò che produciamo? Da oggi il modo per saperlo c’è(12117)

sabato, aprile 5th, 2014 (12117)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Luca Crosti, 23 anni, Roma

Al giorno d’oggi viviamo circondati da un numero infinitamente grande di oggetti, più o meno utili alla nostra vita. Ci siamo mai chiesti, però, qual è il loro impatto sull’ambiente? Se questo si possa misurare e cosa comporti produrli? Ebbene, la risposta è sì, un metodo c’è e può essere utilizzato da tutti quegli enti o imprese che vogliono dedicarsi allo sviluppo sostenibile.

Proprio di questo abbiamo parlato con Fabio Iraldo, professore associato di Management ambientaleall’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e direttore della Ricerca IEFE (Centro di ricerca Politiche economiche energetiche e ambientali presso l’Università Bocconi),durante il workshop “Come si misura la greenicità?”, tenutosi il 20 marzo scorso presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.

Ma come è strutturato questo metodo? Il nome stesso può già dire qualcosa. «Viene definito dell’analisi del ciclo di vita dei prodotti o dei servizi poiché l’impatto ambientale viene valutato dall’estrazione delle materie prime dalla terra fino alla restituzione del prodotto inutile all’ecosistema.  –spiega il Prof. Iraldo – Ogni singola fase viene analizzata». (altro…)


Norme sulla qualità ambientale dei prodotto e sull’efficienza ambientale delle imprese: in Italia a che punto siamo?(12114)

sabato, aprile 5th, 2014 (12114)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Anna Carosi, 19 anni, Roma

La sensibilità ambientale è una conquista recente: fino al secolo scorso si è pensato in termini di crescita e produzione, e solo recentemente si è fatta strada la consapevolezza dell’impatto ambientale dei prodotti e delle azioni necessarie per produrli.

Fra le prime tappe “ufficiali” di questa consapevolezza Tullio Berlenghi – giurista ambientale, relatore al workshop di Giornalisti Nell’erba sul tema “Come si misura la greenicità” – indica la data del 1972, quando il Club di Roma, un’associazione non governativa di scienziati, commissionò al Massachusetts Institute of Technology di Boston il rapporto (ormai famoso)  I limiti dello sviluppo, “per valutare le conseguenze della crescita di alcune variabili fondamentali: popolazione mondiale, industrializzazione, inquinamento, produzione alimentare e consumo di risorse”. (altro…)


La certificazione energetica degli edifici, cosa misura?(12112)

sabato, aprile 5th, 2014 (12112)

WORKSHOP – Si fa presto a dire green

di Andrea Giannetti, 21 anni, Roma

Risparmio energetico ed energia pulita sono valori chiave per una formula vincente contro l’inquinamento ambientale. Da dove cominciare? Non possiamo pensare la quotidianità senza tener conto dell’edificio in cui viviamo. E’ proprio a questo proposito che vogliamo analizzare cos’è e come funziona la “Certificazione energetica degli edifici”.

L’ Attestato di certificazione energetica (ACE), tramite un meccanismo analogo a quello utilizzato per la classificazione degli elettrodomestici o dei veicoli, permette di stimare il livello dei consumi energetici primari di un immobile e di conseguenza ci offre un quadro indicativo dei loro costi.
Il certificato viene rilasciato da un professionista abilitato, che sulla base di dati tecnici e calcoli mirati, definisce la classe energetica di appartenenza dell’edificio (A +, A, B, C, D, E, F e G)che ne evidenzia le prestazioni e le caratteristiche.

Gli scopi della Certificazione Energetica possono essere molteplici. Primo tra questi la sensibilizzazione sulle problematiche energetiche ed ambientali mirata tanto ai professionisti quanto ai cittadini. Inoltre il certificato energetico di un edificio si propone come guida per orientare proprietari di immobili, costruttori o semplici inquilini a prediligere gli edifici con elevati standard energetici, grazie anche alla ormai nota convenienza in termini economici di un’abitazione “green”.

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